Banche, il governo rischia: allargata platea dei rimborsi. E ricorre alla fiducia

Il governo ha bisogno del voto di fiducia per evitare brutte sorprese con il decreto Banche. Il provvedimento, ora al vaglio del Senato, dove la maggioranza ha retto …

Il governo ha bisogno del voto di fiducia per evitare brutte sorprese con il decreto Banche. Il provvedimento, ora al vaglio del Senato, dove la maggioranza ha retto respingendo le pregiudiziali di incostituzionalità, deve essere blindato: questo è l’ordine di scuderia. Perché un eventuale stop, o anche la semplice caduta del governo su un singolo emendamento, aprirebbe una crisi profonda. Profondissima. Insomma, sulle banche l’Esecutivo si gioca il futuro.

Ecco perché è stato deciso di allargare la platea dei risparmiatori che, travolti dal crac delle quattro banche, potranno accedere agli indennizzi automatici per gli investimenti andati in fumo con le obbligazioni subordinate di Banca Etruria, Banca Marche CariChieti, CariFerrara. Nell’iter di conversione del Dl banche, infatti, sono stati approvati alcuni emendamenti che di fatto, come ha precisato il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, amplia ulteriormente una platea già peraltro considerata “amplissima”. Al termine di una giornata intensa di lavori presso la commissione Finanze del Senato (mentre le cosiddette ‘vittime del salva-banche’ protestavano proprio davanti a Palazzo Madama e poi di fronte a Bankitalia e Consob), il testo della legge è stato mandato all’esame dell’aula. E con ogni probabilità il governo porrà la fiducia. Baretta ha ricordato che i due criteri già previsti per accedere all’indennizzo forfettario automatico dell’80% per gli obbligazionisti delle quattro banche – ovvero un reddito Irpef inferiore a 35.000 euro e un patrimonio entro i 100.000 – sono “indipendenti tra loro” e già questo determina di fatto che la platea interessata da tale misura sia “amplissima”.

Ma la pletora dei rimborsati è stata di allargata ulteriormente grazie all’introduzione di due emendamenti. Il primo dei due ha sostanzialmente l’intento di dirimere una questione interpretativa sulla definizione del reddito. Quello inferiore ai 35.000 euro, che per legge avrà diritto all’indennizzo automatico, non è il reddito lordo, bensì il “reddito complessivo” ovvero – come ha spiegato la senatrice Pd Cecilia Guerra, prima firmataria dell’emendamento – la “somma di tutti i redditi che entrano nella dichiarazione Irpef prima delle imposte”. Per reddito lordo si intende invece “un concetto più ampio” che racchiude la somma di tutti i redditi, anche di quelli non tassati con l’Irpef, dunque vi rientrano ad esempio i redditi finanziari, il Tfr o gli arretrati di stipendio. “Il reddito complessivo è più favorevole al contribuente” ha tenuto dunque a precisare Guerra. In ogni coloro che in Italia non superano la soglia dei 35.000 euro di reddito Irpef sono la stragrande maggioranza: i contribuenti italiani “che dichiarano un reddito complessivo sotto i 35.000 euro sono l’88,7%” ha detto infatti la senatrice. Il secondo emendamento, che come ha precisato Baretta “allarga ulteriormente la platea” di coloro che avranno accesso agli indennizzi, è quello che assume come anno di riferimento i redditi 2014 anziché quelli 2015.

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