La polizia prima si lascia scappare il terrorista della strage di Natale. Ma il giorno dopo scopre che – come tutti i terroristi islamici – ha lasciato nel vano porta-oggetti il suo documento di identità.
Aveva diverse identità Anis Amri, il 24enne tunisino nato nella città di Tataouine, circa 430 chilometri a sud di Tunisi, sospettato di essere l’attentatore di Berlino.
Con uno di questi nomi sarebbe arrivato in Italia nel 2012 per poi dirigersi verso la Germania. Un viaggio dell’orrore, tre anni da “jihadista silente” fino a quando due giorni fa ha deciso di mettersi alla guida di un tir e falciare 12 persone nel mercatino di Natale della capitale tedesca.
Il viaggio dall’Italia alla Germania
Dalle prime notizie emerse, i suoi legami con l’Italia e con il terrorismo sono evidenti. Nel 2012 infatti sarebbe sbarcato in Italia. Il suo ingresso in Germania viene invece registrato dallo Stato di Baden-Württemberg (una rotta meno frequentata rispetto a quella della Baviera) fra giugno e luglio del 2015, e lì presenta domanda di asilo politico presentandosi come Ahmed Amri. In questi quattro anni cosa ha fatto? A rivelarlo è suo padre: è stato in galera in Italia. Forse qui che si è radicalizzato, visto che – una volta arrivato in Germania – era stato segnalato come vicino ad alcune reti jihadiste tedesche. Il giovane era già stato arrestato per “reati gravi”, eppure non è mai comparso davanti al giudice in tribunale.
Fermato ma subito rilasciato
Amri avrebbe soggiornato nel centro accoglienza di Kleve, nel Nord Reno Westfalia. La domanda di asilo gli era stata negata, ma aveva ottenuto un permesso di soggiorno momentaneo. Fra i suoi documenti trovati sul camion, infatti, ci sarebbe proprio la cosiddetta “Duldung”, ovvero un atto emesso dalle autorità tedesche che permette di sospendere l’espulsione. Il tunisino era un immigrato “tollerato”, anche se la polizia lo aveva attenzionato da tempo definendolo “pericoloso”. Considerato vicino ad ambienti salafiti, dalle prime ricostruzioni dei media tedeschi si apprende che Anis era riuscito a contattare alcuni islamisti e predicatori radicali residenti in Germania. Tra questi Abu Walaa, un islamista iracheno arrestato a novembre nella città tedesca di Hildesheim (Bassa Sassonia) con l’accusa di reclutare soldati per il Jihad. I servizi segreti tedeschi consideravano Abu Walaa uno dei principali referenti dello Stato Islamico, cui forniva supporto logistico e finanziario. Forse anche per questo lo Stato Islamico ha rivendicato l’attacco a Berlino definendo Anis un suo “soldato”.
A confermare che il 24enne tunisino non era sconosciuto alle forze dell’ordine ci sono altri due fatti inquietanti e che dovranno essere chiariti con maggiore attenzione. Il primo riguarda l’annuncio del ministro dell’Interno edl NordReno Westfalia, Ralf Jaeger, il quale ha ammesso che Anis era stato indagato perché sospettato di preparare gravi attacchi sovversivo contro lo stato: “Le agenzie di sicurezza si erano scambiate conclusioni e informazioni su questa persona con il Centro congiunto anti terrorismo a novembre del 2016”. Ad agosto di quest’anno, invece, era stato fermato a Friedrichshafen con un documento d’identità italiano falso. Ma era stato subito liberato. Perché? “Sappiamo che è arrivato nel 2015 a Friburgo – ha spiegato Ralf Jaeger – che si spostava continuamente tra Nord-Reno-Westfalia, Berlino e altri posti. Da febbraio del 2016 era sopratutto a Berlino, ma ogni tanto tornava, brevemente, in Nord-Reno-Westfalia. Era sospettato di preparare un ‘grave attentato contro lo Stato’ da diverse amministrazioni locali, tra cui il nostro Land. A luglio 2016 gli era stata rifiutata la richiesta di asilo ma non poteva essere rimpatriato perché la Tunisia aveva sostenuto non si trattasse di un cittadino tunisino. Guarda caso, i documenti su di lui che avevamo chiesto alla Tunisia sono arrivati oggi”.
In carcere in Italia
L’ultima rivelazione, rilasciata dal padre alla radio tunisina Mosaique FM, riguarda ancora l’Italia: sette anni fa aveva lasciato la Tunisia come migrante illegale e ha scontato quattro anni di prigione in Italia perché accusato per un incendionel centro di Lampedusa. L’emittente riporta che il sospettato ha dei precedenti con la giustizia e che è ricercato dalla polizia di El Oueslatia, nonché che è stato condannato in contumacia a cinque anni di prigione per furto con l’aggravante della violenza.
I legami con la strage di Sousse
Sul capo delpresunto terrorista pende un mandato di cattura internazionale per tutta l’area Schengen e una taglia da 100mila euro. Queste le sue specifiche fisiche: “È alto 178 centimetri e di peso intorno ai 75 chilogrammi, con capelli neri e occhi castani”. Al momento è in fuga e il procuratore federale tedesco lo ha definito “armato e pericoloso”. Si teme fosse legato al gruppo che portò a termine la strage sulla spiaggia di Sousse in Tunisia il 26 giugno, attentato che costò la vita a 38 persone. Secondo il Mirror, su Facebook vi è un profilo che riporta la sua foto, e risulta essere la stessa persona che su un altro profilo inneggia al guppo terrorista di Ansar al Sharia, responsabile della strage sulla spiaggia.
Fonte: il Giornale
BERLINO: HA DIMENTICATO IL DOCUMENTO NEL CAMION…
di Maurizio Blondet
Vedete? Anche la polizia e i servizi tedeschi imparano presto. Prima si lasciano scappare il terrorista della strage di Natale; ma il giorno dopo, guardando meglio, scoprono che – come tutti i terroristi islamici – ha lasciato nel vano porta-oggetti il suo documento di prolungamento della permanenza in Germania (Duldungsbescheinigung) che è praticamente la prova della sua identità.
Lo ha fatto uno dei fratelli Kouachi dopo aver sparato a quelli di Charlie Hebdo; hanno cambiato auto, ma nella prima hanno dimenticato la carta d’identità di Said.
E lo stragista di Nizza, Lahouaiej-Bouhlel? Anche lui, prima di lanciarsi nella folle corsa omicida e suicida, pone in bella vista patente di guida, carta d’identità, telefonino, persino carte di credito.
I primi documenti recuperati sono stati quelli di un paio di terroristi dell’11 Settembre.
Da allora, è una certezza per gli investigatori: cercate bene sui sedili, sotto la cenere, nella guantiera, e smetterete di brancolare nel buio. Potrete diffondere ai media la vera e certa identità del mostro e, se è un fuggiasco, procedere alla sua cattura. In questi casi sempre conclusasi con l’uccisione del mostro, che invariabilmente risponde al fuoco gridando Allah Akhbar! Sicchè non ne vien preso vivo uno. Succederà, possiamo profetizzarlo, anche al “tunisino “ identificato dalla polizia tedesca.
Un amico mi chiede: ci prendono per scemi al tal punto da ripetere continuamente lo stanco trucchetto sapendo che la massa se la berrà comunque – o almeno i giornalisti ce la fanno bere – oppure magari, questo è “un messaggio” che i perpetratori lasciano a chi deve intendere?
Penso che, senza escludere la prima, sia giusta la seconda ipotesi. Le smagliature nella narrativa di cui sono sparsi i crimini della strategia della tensione, non sono goffaggini, non sono sfuggiti; sono voluti, e sono una sorta di “firma”. Il servizio sta dicendo “siamo stati noi”, ai servizi altri.
Per esempio, si è appreso che Daesh ha rivendicato la strage di Berlino – come di consueto, attraverso il SITE di Rita Katz. E’ appunto una “firma”.
Stato Islamico, AL Qaeda, Bin Laden ai suoi tempi, hanno sempre garantito al SITE l’esclusiva dei loro messaggi. Copio e incollo quel che ne scrive il sito Panamza.
“Generalmente presentata dalla stampa occidentale come un semplice “Centro di controllo dei siti islamici”, sito è più esattamente una farmacia di propaganda diretta da una ultra-SIONISTA ISRAELO-statunitense denominata Rita Katz.
Quest’ultima si è fatto conoscere sulla scena internazionale dal suo ottenimento “esclusiva” di documenti audiovisivi imputati ai leader di Al Qaeda.
Il giorno dopo gli attentati di Parigi, SITE è anche stata la prima organizzazione a diffondere la presunta richiesta ufficiale dello Stato islamico
{http://www.panamza.com/01122015-daesh-rita-katz}.
Site fu l’organismo che affermò di aver inoltre ” autenticato ” il precedente ” messaggio audio ” di Abu Bakr al-Baghdadi {http://www.panamza.com/omega-style}.
SITE aveva anche annunciato la pseudo-reiterazione del figlio di Osama Bin Laden nel 2016 {http://panamza.com/hamza-ben-laden}.
SITE venne finalmente la prima agenzia ad aver annunciato la messa online del video del jihadista larossi aballa, presunto autore del duplice omicidio di magnanville {http://panamza.com/abballa-katz}.
Dal 2001, “SITE” costituisce una sorta di servizio post-vendita della grande mistificazione israelo-statunitense del 11-Settembre: il gruppo trasmette immagini o messaggi destinati a mantenere e convalidare presso media-staffetta docili alla presunta ” Guerra al terrore ” progettata in origine da Benjamin Netanyahu (già nel 1979, tramite il suo ” Istituto Jonathan “), lanciata da George Bush nel 2001 e perpetuata oggi dal clan riunito attorno a François Hollande, Bernard Cazeneuve e Manuel Valls.
Da notare: decantati dalla stampa tradizionale francese, Wassim Nasr (Francia 24) e David Thomson (Rfi)-che si presentano come esperti indipendenti del jihadismo – hanno annunciato su Twitter la “pretesa” Dell’Isis a-rispettivamente-20 H29 e 20 h39, sia una quindicina di minuti dopo l’organizzazione di Rita Katz {http://panamza.com/cim; http://panamza.com/cin}.
Promemoria chiave: specialista dell’intelligence militare, vicino ai servizi segreti e consulente della nato, un israeliano decorato da shimon peres era al mercato di Natale di Berlino, “pochi minuti” prima la carneficina {http://panamza.com/18553}.
Fonte: maurizioblondet.it
ronin
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La profezia di Blondet: trovato il passaporto, lo uccideranno
http://www.libreidee.org/2016/12/la-profezia-di-blondet-trovato-il-passaporto-lo-uccideranno/
Due poliziotti in mondovisione (nomi e cognomi, persiono le foto), uno di loro è ferito. E a terra, nella notte, a Sesto San Giovanni, un giovane tunisino: Anis Amri. «Era lui il killer di Berlino?», si domanda Massimo Mazzucco su “Luogo Comune”. «Vedete? Anche la polizia e i servizi tedeschi imparano presto», scriveva giorni fa Maurizio Blondet. «Prima si lasciano scappare il terrorista della strage di Natale; ma il giorno dopo, guardando meglio, scoprono che – come tutti i terroristi islamici – ha lasciato nel vano porta-oggetti il suo documento di prolungamento della permanenza in Germania, che è praticamente la prova della sua identità». Lo ha fatto uno dei fratelli Kouachi dopo aver sparato a quelli di Charlie Hebdo. E lo stragista di Nizza, Lahouaiej-Bouhlel? «Anche lui, prima di lanciarsi nella folle corsa omicida e suicida, pone in bella vista patente di guida, carta d’identità, telefonino, persino carte di credito». Ricorda la storia, semre uguale, dei documenti dei “terroristi” emersi tra le macerie dell’11 Settembre, in mezzo all’apocalisse. «Da allora, è una certezza per gli investigatori: cercate bene sui sedili, sotto la cenere, nella guantiera, e smetterete di brancolare nel buio». Un copione: diffondere ai media l’identità del “mostro” da braccare. Se intercettato, «invariabilmente risponde al fuoco gridando “Allah Akhbar!”. Sicchè non ne vien preso vivo uno. Succederà, possiamo profetizzarlo, anche al “tunisino “ identificato dalla polizia tedesca».
Queste righe, Blondet le scriveva il 21 dicembre, cioè quasi due giorni prima l’evento sanguinoso di Milano, che ha fatto il giro del mondo. «Ma com’è che ora si pubblica, oltre al nome e cognome, anche la fotografia del poliziotto che ha appena ucciso un Anis Amriterrorista?», si domanda Francesco Santoianni. «Una ipotesi: Marco Minniti – da tempo immemorabile tutor dei servizi segreti e ora anche ministro dell’interno – si era reso conto che la morte di Anis Amri – identificato come il responsabile della strage con il Tir a Berlino grazie ad un…………….
…
…ecc…
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ronin
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Stragi islamiche. Per “marketing” israeliano
Maurizio Blondet
http://www.maurizioblondet.it/stragi-islamiche-marketing-israeliano/
Mentre i media sollevano il polverone utile ai mandanti, e sviluppano la “narrativa” conseguente , mi limito a sottolineare solo tre o quattro dati su Amri.
1-Il calibro ridicolo, un .22, della sua arma. Con la quale il terrorista ritiene opportuno sparare ai due agenti, dando così loro la motivazione legale per “rispondere al fuoco” (capirai, ne ha”ferito uno”) e freddarlo immediatamente. Nemmeno ferirlo, ma farlo secco subito.
2-Il piazzale Primo Maggio dove è stato fulminato è a 300 metri dal Centro Islamico di via Tasso, dove c’è movimento continuo giorno e notte. Ma soprattutto, dove probabilmente il tunisino ha bussato o provato a bussare ad alcune porte che conosceva e riteneva ‘sicure’ (non aveva nemmeno ricambi d’abito), e che può aver trovato “chiuse”.
3-Il TIR polacco – mi indica un amico – prima di andarsi a schiantare a Berlino aveva fatto……………..
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ecc…
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Consuelo
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Il terrorista ha cessato di vivere sul suolo milanese.
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/fermano-controllo-magrebino-spara-due-agenti-1345499.html
Consuelo
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False flag? Si direbbe.