Brexit, la Corte Suprema UK dà torto al governo May: per lasciare la Ue, voti Parlamento

La Corte Suprema di Londra ha disposto oggi in via definitiva che la notifica dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona per l’avvio dei negoziati con l’Ue per la …

La Corte Suprema di Londra ha disposto oggi in via definitiva che la notifica dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona per l’avvio dei negoziati con l’Ue per la Brexit dovrà essere autorizzato da un voto del Parlamento britannico. Il verdetto conferma quello di primo grado dell’Alta Corte e dà torto al governo May che aveva presentato ricorso invocando il diritto ad attivare l’articolo 50 d’autorità, nel rispetto della volontà popolare del referendum del 23 giugno.

L’indice Ftse 250 azzera il calo e si porta in rialzo al +0,2% dopo la decisione della Corte Suprema sulla Brexit. Lo Borse europee reagiscono tiepidamente alla decisione della Corte Suprema britannica. Milano viaggia al +1%, Parigi è poco mossa a +0,16%. A Londra il Ftse 100 è a +0,07%.

La Corte ha escluso qualunque potere di veto da parte delle assemblee di Scozia, Galles e Irlanda del Nord sulla Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Lo ha annunciato il presidente della Corte, affrontando il secondo punto del suo verdetto odierno e respingendo il tentativo di far valere in questo caso il potere della devolution.

Il governo britannico di Theresa May e’ “deluso” dell’esito della controversia legale che impone un voto del Parlamento per l’attivazione dei negoziati sulla Brexit, ma lo rispetta e attuerà quanto richiesto dal verdetto. Lo ha detto l’attorney general Jeremy Wright, notando peraltro che questo verdetto non mette in discussione il referendum e annunciando per oggi la presentazione alle Camere di una legge ad hoc per l’avvio alle procedure di divorzio dall’Ue.

“Solo il Parlamento e’ sovrano”: così Gina Miller, la donna d’affari e attivista che aveva sfidato sul piano legale il governo di Theresa May, ha esultato per il verdetto della Corte Suprema che ha dato ragione a lei e torto all’esecutivo sulla necessità di un voto preliminare delle Camere britanniche per l’avvio dei negoziati sulla Brexit. Questo verdetto darà “una base legale alla notifica dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona”, ha insistito Miller, ribadendo di non aver voluto sabotare il risultato pro Brexit del referendum di giugno, ma solo imporre lo scrutinio del Parlamento sulla procedura di uscita. La businesswoman ha quindi ricordato che “la Gran Bretagna è un Paese libero” e si è detta “scioccata del livello di abusi personali” e minacce subite negli ultimi mesi “solo per aver posto una questione legittima” dinanzi ai giudici. Ha infine auspicato che in futuro le testimonianze di condanna di questi abusi siano più unanimi e tempestive. (Ansa)

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E ora che succede?

La sentenza della Corte suprema britannica sulla Brexit era attesa, ma comunque è un colpo per Theresa May, che si ritrova obbligata ad ottenere l’ok delle camere del Parlamento prima di far scattare l’articolo 50, ovvero prima di lanciare il processo vero e proprio di divorzio dall’Unione europea.

La Corte suprema presieduta da Lord Neuberger ha infatti bocciato la posizione del governo, secondo cui l’esecutivo ha i poteri sufficienti a lanciare i negoziati per la Brexit senza il nulla osta preventivo del parlamento. Per otto degli 11 giudici che compongono la Corte, la cosiddetta “prerogativa reale” dell’esecutivo non basta ad autorizzare Theresa May a concretizzare senza un passaggio parlamentare l’esito del referendum dello scorso giugno. Questo, essenzialmente, perchè evitare il parlamento equivarrebbe alla violazione del diritto della sovranità parlamentare esercitata nel 1972 con gli atti legislativi che all’epoca aprirono la via all’ingresso britannico nella Comunità Economica Europea.

IL GOVERNO DELUSO MA HA GIÀ PREPARATO UNA NORMA

Il ministro della Giustizia Jeremy Wright ha espresso la “delusione del governo” per il verdetto odierno, ma ha messo in chiaro che l’esecutivo “si atterrà alla sentenza della corte e farà tutto il necessario per metterla in pratica”. Secondo varie indiscrezioni di stampa, il governo – che si aspettava la bocciatura della Corte Suprema – ha già stilato un decreto legge che sarà presentato probabilmente entro la fine della settimana.

COSA VOTERA’ IL PARLAMENTO?

In sostanza, sia la Camera dei Comuni che la Camera dei Lords dovranno votare a favore dell’avvio dei negoziati per la Brexit. Non è al momento chiaro se il parlamento sarà chiamato a varare una legge ad hoc o se si tratterà di una sorta di mozione ‘esecutiva’. Secondo i rumors, la legge in questione potrebbe essere composta da un singolo comma ed otterrà priorità nel calendario di Westminster. Ma su questo punto i Tories (che vogliono tempi brevissimi) si stanno scontrando con molti deputati laburisti e Liberal-democratici, che invece puntano ad un ampio dibattito, che possa sfociare in possibili emendamenti e correzioni al processo. Secondo la Bbc, la norma in questione dovrebbe essere approvata ai Comuni entro la metà di febbraio e passare alla Camera dei Lord per diventare legge entro la fine di marzo, quindi in tempo per far scattare l’articolo 50 nei tempi prospettati da Theresa May.

PUÒ ESSERE BLOCCATA LA BREXIT?

In teoria, i parlamentari che ora saranno chiamati ad esprimersi sull’articolo 50, potrebbero bloccare il processo di uscita dall’Ue, ma è molto improbabile che questo avvenga. Il partito dei Tories ha una maggioranza di 15 deputati ai Comuni e solo un eletto, l’ex cancelliere dello Scacchiere Ken Clarke, ha annunciato che voterà contro la Brexit. Inoltre, la maggioranza dei deputati laburisti ha detto che non si opporrà. Più probabile, invece, che la compagine pro-Ue – un’alleanza trasversale tra partiti – lavori per influenzare il processo e ottenere delle concessioni in termini di supervisione parlamentare della Brexit.

Alla Camera dei Lords il quadro è meno chiaro: il governo non detiene una maggioranza e 178 pari sono senza dichiarata affiliazione politica. Così si vocifera di piani per bloccare l’articolo 50 o comunque creare scompiglio tra i ‘brexiteers’. Tuttavia, una vera insurrezione sembra esclusa, perchè i tentativi di stoppare l’articolo 50 porterebbero quasi certamente ad elezioni anticipate, che vedrebbero il ruolo dei Lord sul piatto dei temi della campagna. (Askanews)

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