Il Segretario di Stato americano John Kerry è stato chiaro: gli Stati Uniti non vogliono che la Gran Bretagna esca dall’Unione Europea. La pressione di Washington su Londra affinché eviti la Brexit si sta facendo sempre più forte, tanto che David Cameron si è dannato per cercare di trovare un accordo con Bruxelles che gli consenta di presentarsi davanti ai suoi cittadini, nel referendum del prossimo 23 Giugno, con gli argomenti giusti per convincerli a non votare l’uscita dall’Ue.
Ma perché gli Usa non vogliono che Gran Bretagna e Unione Europea si dividano? La questione riguarda la strategia di dominio globale di Washington. Lo spiega con chiarezza George Friedman, uno dei più influenti analisti dell’establishment americano, in un articolo su Geopolitical Futures.
Un’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Ue indebolirebbe la Nato e di conseguenza gli Usa, per i quali la Nato “è il fondamento concettuale della politica di difesa”.
Friedman ricorda come “L’Europa unita è stata da sempre il sogno di ogni atlantista”. Per questo gli americani l’hanno sostenuta ed il progetto di un’integrazione economica europea era già presente all’interno del Piano Marshall.
Ma se fino ad ora “i problemi dell’Europa erano visti come qualcosa che gli europei dovevano risolversi tra loro”, oggi “gli Stati Uniti stanno scoprendo che la frammentazione e i non prevedibili processi decisionali all’interno dell’UE rischiano di coinvolgere la NATO” con gravi ripercussioni sulla strategia americana.
MA OGGI A COSA SERVE LA NATO?
Per capire meglio la questione facciamo un salto indietro di un anno, quando ad un meeting del Chicago Council on Global Affairs, Friedman rivelò qualcosa di clamoroso.
Qual è la maggiore minaccia che temono gli Stati Uniti? L’integralismo islamico e il terrorismo? No, questi sono “un problema, ma non una minaccia”. Il pericolo reale, disse Friedman, “quello per cui abbiamo combattuto la Prima, la Seconda guerra mondiale e la Guerra Fredda”, è la possibile saldatura tra Germania e Russia, “perché se si uniscono, sono l’unica potenza che può minacciarci e dobbiamo fare in modo che ciò non avvenga”.
La creazione di uno spazio eurasiatico che unisca le nazioni europee e la loro forza economica con le risorse energetiche russe, creerebbe l’unica alternativa al potere americano nel mondo.
Per questo, anche dopo il crollo del comunismo, gli Stati Uniti hanno continuato a lavorare per tenere divise Europa e Russia. Dietro la favola di una impossibile aggressione russa all’Europa, Washington ha accerchiato Mosca, armato alcuni stati ai suoi confini (dal Baltico ai Balcani) e destabilizzato altri (Georgia, Ucraina). Oggi l’America sta spingendo affinché l’Europa entri in rotta di collisione con la Russia, anche a costo che il nostro continente divenga teatro di un conflitto devastante; e la Nato è lo strumento più importante per attuare questo disegno.
MA CHE C’ENTRA BREXIT?
Dal dopoguerra ad oggi, la Gran Bretagna ha svolto il ruolo di “cane da guardia” degli interessi atlantici in Europa.
Se Londra uscisse dall’UE limiterebbe la sua influenza nella politica estera delle cancellerie europee generando un rischio di eccessiva autonomia di alcuni paesi, soprattutto quelli che non hanno mai accettato supinamente la contrapposizione con Mosca (Germania in primis ma anche Italia).
Per la conservazione del potere globale americano, occorre che Londra rimanga nell’UE e l’Europa sia controllata a vista dentro la cornice dell’euro-atlantismo garantito dalla Nato.
Non è detto che questo scenario si mantenga immutabile, anche Friedman è pessimista. Ma, Brexit o non Brexit, l’Europa dovrebbe iniziare a pensare quale vuole essere il suo reale ruolo nel mondo.
di Giampaolo Rossi
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato dal blog l’Anarca su Il Giornale