Un nuovo sondaggio lancia con numeri eloquenti l’allarme Brexit a tre settimane dal referendum con cui i britannici decideranno se il loro Paese deve restare in Ue o uscirne. La campagna per il voto “Leave” (Uscire) continua a strappare potenziali elettori al fronte del “Stay” (Restare), emerge da un ultimo rilevamento Observer/Opinium, secondo cui il no all’Unione raccoglie ora il 43% dei voti a fronte di un 40% di opinioni favorevole a restare nella casa europea. Allargando l’analisi alle ultime due settimane, commenta The Guardian, significa che i pro-Ue hanno perso quattro punti percentuali in questo periodo. E non è difficile individuare la causa dell’emorragia nella campagna a tamburo battente condotta dai due leader del campo Brexit, l’ex sindaco di Londra Boris Johnson (foto) e il segretario alla Giustizia Michael Gove, incentrata sul problema dell’immigrazione. Il 41% degli intervistati ha citato l’immigrazione come uno dei due fattori più importanti nel decidere come votare. Segue un 35% che rivendica l’indipendenza legislativa britannica e il 29% che definisce dirimenti le questioni economiche. La metà dei 2007 consultati per il nouvo sondaggio ritiene che il problema dell’immigrazione sarebbe gestito meglio dalla Gran Bretagna fuori dall’Ue.
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Uno dopo l’altro i sondaggi sulla Brexit vedono in vantaggio gli anti-Ue che hanno trovato nell’allarme immigrazione il punto di forza per riconquistare consensi. Dall’altra parte il fronte europeista, nonostante gli endorsement eccellenti in patria e all’estero, è in difficoltà. In questo clima la Bank of England si prepara a lanciare un fondo di emergenza per mettere a disposizione delle banche britanniche miliardi di sterline in liquidità e tutelarsi da un eventuale caos finanziario in caso di divorzio da Bruxelles. Secondo il Guardian, la prima di tre operazioni di finanziamento sarà lanciata il 14 giugno da Threadneedle Street per permettere agli istituti di affrontare l’incertezza alla vigilia del referendum fissato per il 23 giugno. Ci si prepara quindi al peggio mentre in soccorso della campagna ‘Remain’ sono arrivate le ‘vecchie glorie’ della politica nazionale, conservatori e laburisti, come gli ex primi ministri degli ultimi decenni, da John Major, a Tony Blair, fino a Gordon Brown, che diffondono il ‘verbo’ del restare in Europa per l’indispensabile impulso all’economia nazionale e la difesa dei diritti dei lavoratori.
Anti Ue sono al 43%
Secondo il sondaggio di Opinium per l’Observer gli anti Ue sono al 43% dei consensi, contro il 40% della campagna ‘Remain’. Il domenicale sottolinea come sia stato proprio l’acceso dibattito sugli ingressi degli stranieri a spostare molti consensi in favore dello schieramento che vede nel divorzio da Bruxelles la possibilità di controllare completamente le frontiere del Regno. Le possibilità di vittoria dei pro Brexit sono accentuate dal fatto che il 41% degli elettori considera l’immigrazione come uno dei fattori determinanti nella propria decisione sul voto. Nella media dei sondaggi sul sito del Financial Times, i pro Ue sono ancora in vantaggio ma di soli tre punti sugli euroscettici, con un 46 a 43 per cento in cui tutto è possibile. In questo clima non può che infuocarsi un dibattito politico sempre più al veleno, con accuse reciproche fra i due schieramenti di ingannare i britannici diffondendo falsi allarmismi e nuovi motivi di divisione fra i Tories al governo.
L’Europa rischia di spaccarsi
L’ex premier conservatore Major ha perso la pazienza e in una intervista alla Bbc si è detto “arrabbiato” contro le dichiarazioni “false” dei pro Brexit in una campagna che è diventata “squallida”, per poi definire, senza nominarlo, l’ex sindaco di Londra Boris Johnson come un “giullare di corte”. Prima di lui le vecchie glorie laburiste, gli ultimi sei ex leader (anche quelli ad interim) del partito da Neil Kinnock fino a Ed Miliband, avevano lanciato un appello ai loro elettori affermando che “se il Labour resta a casa, la Gran Bretagna esce” dall’Ue. Sono altrettanto forti i toni usati dagli euroscettici. Boris e il ministro della Giustizia Michael Gove, i due Tories protagonisti della campagna Leave, in una lettera pubblicata dal Daily Telegraph affermano che i britannici “non possono fidarsi” di Cameron sul dossier Europa, in particolare per il suo “infondato” allarmismo sulle conseguenze economiche disastrose in caso di divorzio da Bruxelles.
Lo scontro esce dalla politica
In uno scontro interno ormai totale, sulle pagine del Mail on Sunday campeggiava invece la frase del primo ministro intervistato dal domenicale: “Gliela farò pagare”, ha detto Cameron, riferendosi proprio al ‘tandem’ Johnson-Gove e alle loro promesse di un futuro economico radioso fuori dall’Ue, per poi chiarire che non intende estrometterli dalla sua squadra in caso di vittoria della campagna ‘Remain’. Nello scambio di colpi si inserisce il leader dell’Ukip Nigel Farage, che dà del “disonesto” al primo ministro per aver ignorato le preoccupazioni dei cittadini sull’immigrazione dai Paesi Ue. E afferma addirittura che restando in Europa c’è il rischio di casi di molestie sessuali compiute dagli immigrati che arrivano nel Regno Unito come accaduto in Germania nei mesi scorsi. Se il dibattito sull’immigrazione si infiamma e rischia anche di degenerare se si considera che secondo il Mail simpatizzanti neo-nazisti e dell’estrema destra avrebbero aderito alla campagna anti-Ue, non contribuisce certo a calmare gli animi la notizia che la Royal Navy si sta preparando per pattugliare il Canale della Manica contro i trafficanti di essere umani che trasportano migranti dal continente verso le coste inglesi.
ronin
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…hai già vinto la scommessa…
…
Cesare58
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