La dodicenne che si è lanciata nel vuoto scuote il dibattito politico. Eppure in Italia non esiste ancora un reato di cyberbullismo, così come non ne esiste uno per il bullismo in generale, ma le proposte ci sono.
Chiuso a forza in un bidone, poi costretto a indossare un sacco dell’immondizia, denigrato e insultato al lavoro e in strada: atti di bullismo in un paese di circa 2mila abitanti, in provincia di Vercelli, su un 26enne che lo scorso settembre si è impiccato al secondo piano di casa sua dopo un lungo periodo di depressione. Al di là delle denunce e del fascicolo aperto dalla Procura, il problema è che di quei momenti sono state scattate foto e girati video, il materiale postato su Facebook.
Il 4 gennaio, in America, un 16enne si è tolto la vita dopo aver subito atti di bullismo sui social network: abusi, insulti, minacce online. “Oggi i bulli non ti spingono in un armadietto, non ti aspettano dietro un angolo fuori dalla scuola – ha scritto qualche giorno fa il fratello proprio su Facebook – ma si nascondono dietro profili anonimi e usano i social network per insultare e abusare delle persone più buone e innocenti”. Ancora prima, nel 2012, era diventato virale il video (oltre 11 milioni di visualizzazioni) in cui la 15enne Amanda Todd, prima di uccidersi, aveva raccontato con biglietti tutta la sua storia. Vittima di cyberbullismo, ricatti e ritorsioni, era stata costretta a cambiare città tre volte. Tutto era iniziato con la diffusione di una sua foto a seno nudo: a nulla erano serviti psicofarmaci e terapie.
Nel 2013, una 14enne in provincia di Novara si è uccisa buttandosi dal balcone di casa: sul web circolava un video che la ritraeva ubriaca a una festa. Ormai diventato virale, aveva iniziato a raccogliere offese, insulti e minacce anche da parte di persone che non la conoscevano. Prima di morire, Carolina aveva lasciato poco righe: “Le parole fanno più male delle botte. Ma a voi non fanno male? Siete così insensibili?”. L’ultimo caso invece è avvenuto a Pordenone dove una 12enne ha tentato il suicidio.
I numeri italiani dell’epidemia silenziosa
Gli americani definiscono il bullismo come “un’epidemia silenziosa”, che Internet ha reso ancora più nascosta. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istat sul bullismo (Il bullismo in Italia: comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi), pubblicato a dicembre, tra i ragazzi che usano cellulare e Internet, il 5,9 per cento ha denunciato di avere subìto ripetutamente azioni vessatorie tramite sms, mail, chat o social network. Vittime, più di tutti, sono le ragazze: il 7,1% contro il 4,6 dei ragazzi. Si parla di statistiche che riguardano soprattutto adolescenti di età tra i 14 e i 17 anni. Più di nove adolescenti su dieci usano un telefono cellulare, la metà usa un personal computer, sette su dieci usano Internet. Due ragazzi su tre, poi, ritengono che il cyberbullismo sia un fenomeno in crescita. Dati che non tengono conto di chi non denuncia.
In Italia non esiste un reato di cyberbullismo, così come non ne esiste uno per il bullismo in generale. “Un comportamento bullo – si legge sul sito dei Carabinieri – è un tipo di azione che mira deliberatamente a far del male o a danneggiare. Spesso è persistente, talvolta dura per settimane, mesi, persino anni ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare”. I reati, di solito, sono quelli che derivano da questo comportamento: stalking, diffamazione online, ingiurie, molestie, furto di identità digitale sui social network. E secondo i dati della Polizia Postale, in Italia nel 2015, ci sono state 6 denunce per stalking, 36 per diffamazione online, 18 per ingiurie, 16 per molestie e 59 per furto di identità digitale.
La normativa è ferma alla Camera
In Senato, a maggio del 2015, è stato approvato con voto unanime un disegno di legge che è attualmente in esame alla Camera, assegnato alle commissioni riunite di Giustizia e Affari Sociali. Mira a mettere dei paletti in una materia ancora troppo nebulosa ma senza assumere posizioni sanzionatorie: definisce il fenomeno di cyberbullismo, regola la rimozione dei contenuti offensivi dalla rete, stabilisce quando debba intervenire il Garante della privacy e, soprattutto, introduce una misura di ammonimento nel caso di reati commessi da minorenni ma con età superiore ai 14 anni (il questore convoca il ragazzo insieme ai genitori e lo ammonisce sulla sua condotta). Si potenzia poi l’educazione e la sensibilizzazione nelle scuole – in parte già recepita – e si costituisce un tavolo interministeriale permanente per il contrasto al fenomeno.
“Si tratta di una misura che ha per lo più carattere educativo – spiega al Fatto la senatrice Elena Ferrara (Pd) prima firmataria del disegno di legge – È una norma mite per quei minori a cui non è stata data l’opportunità di crescere come cittadini digitali, Non vogliamo che ci siano denunce: il compito è anche cercare di prevenire ed educare in una fascia d’età che è critica. Soprattutto attraverso le scuole e i docenti”. Purtroppo, però, dopo ormai quasi un anno e l’approvazione unanime, ancora non c’è il via libera. “Ci sono altre proposte alla Camera ed è un segnale positivo: stiamo lavorando per convogliare tutto in un unico testo”.
I social network: ecco come tutelarsi
“Per Facebook, il cyberbullismo è un tema prioritario. L’obiettivo è trovare un giusto equilibrio tra la necessità di garantire la possibilità di esprimersi liberamente e tutelare tutti gli utenti, in particolare i giovani”. A dirlo è, a dicembre, Laura Bononcini, Head of Public Policy di Facebook Italia, in audizione davanti alle commissioni. Per combattere il fenomeno l’azienda di Zuckerberg ha una procedura per la rimozione dei contenuti: l’utente può segnalare a Facebook qualsiasi tipo di contenuto, dai video alle foto, dai post ai commenti. Si può spiegare quale sia il motivo della segnalazione con maggiori o minori particolari. La segnalazione, infatti, è presa in carico, da una persona reale e non da un algoritmo ed è chi la analizza a decidere se procedere o meno con la rimozione sulla base della policy aziendale.
“Alla segnalazione è attribuito un diverso livello di priorità a seconda dell’oggetto indicato – spiega la Bononcini – La nostra policy è particolarmente aggressiva su tutela dei minori e cyberbullismo. E queste segnalazioni sono quindi prese in carico prima di altre”. L’utente segnalante riceve poi risposta sulla presa in carico della segnalazione e sulla rimozione o meno del contenuto. Anche Twitter, poche settimane fa, ha deciso di inasprire la propria policy sul cyberbullismo, in particolare per i tweet che ricadono sotto la definizione di “cattiva condotta”.
In pratica sono state aggiunte ulteriori specifiche sul genere di azioni che possono portare alla sospensione di un account, con più attenzione alle “condotte d’odio” su sui si concentra la nuova policy. “L’aggiornamento enfatizza il fatto che Twitter non tollererà comportamenti che intendono minacciare, intimidire o usare la paura per zittire altri utenti”, ha detto Megan Cristina di Twitter. La sfida sarà estendere il controllo nelle messaggistica istantanea come Whatsapp e Snapchat.
di Virginia Della Sala
Questo articolo è stato originariamente pubblicato dal Fatto Quotidiano