Ecco chi sta lavorando a nuovi prototipi e motori, che risolveranno il problema del «boom» sonico. Il 25 luglio del 2000, un Dc 10 della Continental Airlines appena partito dall’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi perse un piccolo pezzo di titanio dalla fusoliera. Quell’insignificante frammento di metallo sarebbe potuto cadere ovunque senza fare danni e senza passare tristemente alla storia. Cadde invece sulla pista e forò uno pneumatico del volo 4590 dell’Air France in fase di decollo, causando la conseguente rottura di alcuni fili elettrici, il danneggiamento di un serbatoio, un incendio che tutto il mondo vide sgomento in tv quella sera, la morte di 113 persone e l’inizio della fine dell’aereo di linea più bello e tecnologicamente avanzato che il XX secolo avesse prodotto: il Concorde.
Oggi alcuni gruppi privati e la stessa Nasa stanno lavorando a prototipi che nel giro di pochi anni consentiranno nuovamente di trasportare passeggeri a una velocità superiore a quella del suono e che rilanceranno uno dei progetti più ambiziosi mai concepiti e realizzati: portare persone dall’Europa all’America in tre ore e mezzo, facendole atterrare un’ora prima di essere partiti.
Il primo Concorde aveva volato il 2 marzo del 1969 ed era entrato in servizio, dopo otto anni di collaudi e di perfezionamenti, il 21 gennaio 1976. I costi del progetto di un aereo passeggeri supersonico erano così elevati che era stato necessario un trattato tra due Stati ambiziosi e visionari, Francia e Gran Bretagna, per realizzarlo. Ma quando i primi modelli uscirono dagli hangar sembrò a tutti che i soldi fossero stati ben spesi: non si era mai visto un aereo così elegante e armonioso, con la lunga e stretta fusoliera, le grandi ali a delta senza piani orizzontali di coda, gli alti carrelli che sembravano zampe, il muso che s’inclinava in basso al decollo e all’atterraggio, come quello di un grande uccello.
Poche persone potevano permettersi di volare sul Concorde – il biglietto costava tre volte quello della prima classe di un aereo normale – ma il suo sogno apparteneva a tutti. Sui giornali popolari di Londra comparivano le dichiarazioni della duchessa di York, Sarah Ferguson, che spiegava compiaciuta come ora, grazie al nuovo aereo, lei potesse accompagnare le figlie a scuola alle 8.30, partire da Heathrow alle 10.30 e arrivare a New York alle 9:30, in tempo per partecipare a una conferenza. In volo a 17 mila metri sull’oceano, l’aereo raggiungeva la velocità di Mach 2, circa 2.170 chilometri orari, e dai finestrini i passeggeri guardavano in basso gli altri aerei di linea, così lenti che parevano viaggiare all’indietro.
Il Concorde ha avuto molti nemici, e si è affermato con grande fatica. Negli Stati Uniti gli è stato negato a lungo il permesso di atterraggio a causa del rumore ed è stata necessaria una sentenza della Corte Suprema per permettergli di atterrare a New York: i giudici hanno rilevato che l’Air Force One, allora un Boeing Vc-137, faceva molto più chiasso. I costi di esercizio erano impressionanti: la manutenzione richiedeva 20 ore di lavoro per ogni ora di volo, nel solo rullaggio a terra si consumavano due tonnellate di combustibile e in viaggio se ne andavano 17 litri per passeggero ogni 100 chilometri, il triplo degli altri aerei.
L’incidente di Parigi non è stato la sola causa della fine del Concorde: vi hanno contribuito anche il senso di insicurezza seguito agli attentati dell’11 settembre 2001, il costo del petrolio, la percezione – del tutto sbagliata – che l’aereo non fosse sicuro. Ora una società privata, l’Aerion, ha annunciato l’imminente entrata in servizio dell’As2, il primo aereo passeggeri supersonico dopo il Concorde. Viaggerà a «soli» Mach 1,6, ma consumerà molto meno e costerà la metà. La Nasa sta a sua volta lavorando a nuovi motori, che risolveranno il problema del «boom» sonico che scuote le mura e i vetri delle case quando si supera la velocità del suono, riducendolo all’amichevole brontolio di un temporale lontano. Il sogno del Concorde potrebbe continuare.