Se ha ragione la Commissione Europea, l’Italia è completamente marcia. Secondo un sondaggio ufficiale “Eurobarometer”, condotto tra settembre e ottobre dell’autunno scorso, il 98% delle aziende italiane interpellate ritiene che le pratiche corruttive siano “widespread”—molto diffuse—nel Belpaese. Solo l’1% ha risposto che sono “rare”. Forse questi non hanno capito la domanda. È un record assoluto nei 28 paesi dell’Unione. Supera perfino i risultati—pur tragici—della Grecia (96%) e della Romania (95%). Il primato della virtù va invece alla Danimarca (11%).
Come se ciò non bastasse, le aziende italiane hanno anche le idee molto chiare sulla fonte di tanto malcostume. Alla domanda: “Nel vostro paese, a livello nazionale, quant’è comune l’uso delle bustarelle o l’abuso della posizione tra i politici, i funzionari dei partiti o gli alti burocrati?”, l’88% ha riposto che pure queste sono pratiche “molto diffuse”, mentre il 5% le ha ritenute “rare” e l’altro 7% ha detto “non so”. Va un po’ meglio, seppure non molto, a livello regionale o locale, dove la percezione degli abusi da parte di politici e funzionari—e anche di chi paga, ovviamente—è confermata dall’81% dei rispondenti.
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L’Italia recupera invece diverse posizioni quando si chiede del nepotismo e della semplice “raccomandazione” senza passaggio di buste. Solo per il 63% dei rispondenti sono “widespread”. Il risultato è forse ambiguo in quanto non è detto che chi risponde li identifichi come fenomeni “problematici”. Comunque sia, in questa categoria l’Italia figura solo al quarto posto nell’Unione, appena davanti alla Francia e dietro alla Romania, la Grecia e la Bulgaria.
Sono dati comunque sconfortanti. Ovviamente, è possibile che le aziende sbaglino, che la loro sia solo una convinzione infondata, basata—così, per sentito dire—sulla nozione che ci sia gente poco per bene in giro. Però, se non fosse così, allora la corruzione italiana è universale, non meramente “comune”. Non sarà una consolazione, ma occorre notare che l’intera Unione Europea, nel suo insieme, non figura tanto bene nella sorprendente ricerca della Commissione.
Oltre 7 aziende su 10 hanno confermato agli intervistatori che la corruzione sia diffusa nel proprio paese. Attraverso tutta l’Ue il 79% dei rispondenti conviene che la radice del problema stia nei rapporti troppo stretti tra affari e politica. Una difficoltà nell’interpretazione dei dati—e del verdetto estremo che suggeriscono—consiste nell’incertezza su cosa sia esattamente la corruzione. Il problema è particolarmente evidente quando i ricercatori Ue tentano di definire attraverso le loro domande esattamente a che punto un regalo di cortesia a un interlocutore diventi piuttosto un atto illecito.
Per il 9% degli interpellati, qualsiasi regalia—indipendentemente dal valore—a un pubblico ufficiale che “fa un favore” sarebbe da considerarsi una forma di corruzione. Altri, molto più numerosi, il 66%, fissano il “valore corruttivo” a oltre cento euro, mentre per il 14% la soglia è di €200. È rimarchevole che la risposta più frequente in Italia sia la stessa che danno gli inglesi. In entrambi i paesi, per il 48% delle aziende coinvolte nello studio, il valore inferiore ai cinquanta euro è un gesto di semplice amicizia; al di sopra sarebbe—forse—un crimine.
di James Hansen
Fonte: Real Geopolitics – Copyright 2016 Hansen Worldwide Srl
Cesare58
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Come da molto tempo vado sostenendo, l’evasione fiscale è l’ultimo baluardo di difesa del cittadino onesto, dopo c’è solo la rivoluzione civile.