Una potenziale voragine di 42 miliardi di euro per investimenti sospetti. Fatti a spese degli italiani. Ma il Ministero dell’Economia continua a secretare i contratti. Denuncia anche alla Corte dei conti.
Un potenziale buco di 42 miliardi di euro. Accumulato in maniera poco chiara con i derivati finanziari. E sui quali il ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) guidato da Pier Carlo Padoan continua a non fornire spiegazioni. Nonostante le ripetute richieste dei parlamentari che vorrebbero leggere i contratti sottoscritti per capire come lo Stato ha investito i soldi degli italiani. È quanto sostiene il Movimento 5 Stelle, che ha chiesto il sequestro dei contratti del Ministero con un esposto presentato alla Procura della Repubblica di Roma e alla Corte dei Conti. Il documento, firmato da 90 parlamentari pentastellati e dal presidente Adusbef Elio Lannutti, chiede di “svolgere tutti gli accertamenti investigativi necessari ad appurare se nello svolgimento dei fatti, nonché in tutti quelli che emergeranno in fase istruttoria, dovessero essere stati commessi reati in danno dallo Stato Italiano”. E quindi di perseguire “eventualmente i responsabili ai sensi di legge”.
RISPOSTE VAGHE L’ultima risposta del Mef, datata 17 luglio, è stata fornita dal direttore generale del Debito pubblico, Maria Cannata con il “parere negativo alla divulgazione di dati contrattuali, ignorando gli obblighi di riservatezza che i parlamentari richiedenti dovrebbero comunque nel caso rispettare, dimenticando forse i rischi propri del libero mercato e quindi quelli connessi alla sottoscrizione di contratti con un Paese Sovrano e alle leggi in esso vigenti”, riporta l’esposto del M5S consegnato ai magistrati. Eppure il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, aveva annunciato “un meccanismo di rivoluzione nel rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione tale per cui il cittadino può verificare giorno dopo giorno ogni gesto che fa il proprio rappresentante”. Ma dall’esposto emerge un’altra storia: “Diversi parlamentari di differenti gruppi politici hanno presentato richieste di chiarimenti sui contratti derivati posti in essere dal ministero del Tesoro e oggetto della norma, tramite interpellanze, interrogazioni urgenti e scritte, alle quali a detta degli esponenti, sono state fornite solo risposte parziali, insufficienti, se non financo in taluni casi mai pervenute”. E cosa può nascondersi dietro questo comportamento? “Una situazione favorevole alle banche. Lo Stato potrebbe pagare 4-5 miliardi di euro all’anno proprio alle banche d’affari che beneficiano di regimi fiscali speciali. E come al solito ci rimettono i risparmiatori”, afferma Daniele Pesco, deputato del Movimento 5 Stelle.
SPRECO DERIVATO – Ma cosa sono i derivati? Si tratta di complessi strumenti finanziari con cui ogni contratto o titolo basa il valore di mercato su un altro strumento finanziario, definito sottostante, che può essere un bene come il petrolio o delle azioni di Borsa. La loro storia è ormai ultradecennale. “I derivati del Tesoro sono stati introdotti in Italia da Mario Draghi, quando era direttore generale al ministero negli anni Novanta. Sono prodotti che dovrebbero garantire le parti dagli andamenti dei mercati”, spiega Elio Lannutti. “Il Mef – prosegue – ha negato l’accesso agli atti. Ma dai dati dell’Eurostat abbiamo appreso di una perdita di 16,9 miliardi di euro dello Stato solo in riferimento al triennio 2012/2014. A nessuno in Europa è andata così male”. Per quale motivo queste informazioni vengono considerate “riservate” pur trattandosi dei soldi degli italiani? “Non c’è mica segreto di Stato”, incalza Daniele Pesco. Il sospetto del Movimento 5 Stelle è che ci siano stati errori di valutazione sugli investimenti: “Hanno cercato di rischiare sui derivati. Per questo dovremmo studiare nei minimi dettagli, con l’aiuto degli esperti, i contratti stipulati dallo Stato con le banche”, afferma il parlamentare pentastellato. Non è tenero nemmeno il giudizio di Lannutti: “Il comportamento del Mef è incomprensibile. Forse non vuole rivelare i contratti capestro sottoscritti. E devo dire che nessun governo, compreso quello di Renzi, si è mosso per affrontare la questione trasparenza sui derivati”.
CERCASI TRASPARENZA – Adesso la parola passa alla Corte dei Conti e alla Procura di Roma per valutare – come si legge nell’esposto del Movimento 5 Stelle – l’eventuale “mancanza di trasparenza sui contratti in questione: a differenza di ogni altra fornitura di beni e servizi nei confronti dello Stato Italiano, non esiste alcuna procedura pubblica, trasparente e garantista degli interessi dei cittadini italiani, nella selezione di questi contratti ‘assicurativi’, che possono diventare per l’appunto arbitrari, o, nella migliore delle ipotesi, non verificabili”. Lannutti sintetizza così l’obiettivo di questa battaglia: “Vogliamo sapere quanti sono i contratti, come paghiamo e quanto paghiamo”.
di Stefano Iannaccone
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato dal blog Palazzi & Potere su Il Fatto Quotidiano