Allarme del procuratore Antimafia Roberti: “La criminalità è uscita dai confini geografici, è sparsa un po’ ovunque, ma usa relazioni d’affari e riciclaggio”. E chiede più poteri per l’Agenzia dei beni confiscati.
“Dove c’è corruzione sistemica prima o poi arriva la mafia”. A dirlo non è il solito politico a caccia di facili consensi, ma il procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti, che in un’intervista su Radio Anch’io ha fatto un breve punto sulla lotta alla criminalità organizzata.
Senza tralasciare i moniti e gli appelli per una legislazione più severa e utile nel lavoro di un reparto così delicato come la Dda. “La riforma degli appalti è necessaria ed urgente, così come è necessaria una riforma dei beni una volta sequestrati. Quella sui beni – ha aggiunto Roberti – è una occasione che stiamo rischiando di perdere, anche se l’agenzia sta facendo miracoli con le forze che ha”. Il procuratore nazionale Antimafia ha poi lanciato l’allarme: “Nonostante gli sforzi, le mafie sono uscite dai confini geografici di loro competenza e si sono sparse un po’ ovunque, senza ricorrere, se non con estrema ratio ad atti di violenza, ricorrendo a relazioni d’affari, riciclaggio”. Poi sulla corruzione, Roberti ha sottolineato, rilanciando la proposta lanciata durante la presentazione della Relazione sullo stato delle mafie, a prevedere un’aggravante sulla corruzione: “Non sarebbe male”.
Ma il procuratore torna a battere con la lingua dove il dente duole. “Serve una gestione più efficace dei beni sottratti alle mafie: abbiamo a disposizione capitali di grandissimo valore e rischiamo di perdere una grandissima occasione. È difficile gestire questi beni – dice Roberti – perché l’Agenzia dei beni confiscati non ha ancora gli strumenti per lavorare bene anche se fa miracoli: ma mancano mezzi normativi e organizzativi”.
Bindi: i partiti facciano attenzione alla selezione della classe politica
Nella stessa trasmissione radiofonica è intervenuta anche la presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi, in odore di sostituzione per la sua appartenenza alla minoranza del Pd e per i suoi storici scontri con il premier-segretario, Matteo Renzi. “I voti delle mafie hanno un cattivo odore, puzzano. La politica deve reagire non accettando i voti, con nuovi strumenti normativi. Dobbiamo rafforzare tutta la normativa che riguarda il settore economico finanziario del Paese – ha spiegato Bindi -, poi c’è la selezione della classe politica: i partiti devono stare particolarmente attenti alla selezione della classe politica. Le mafie sono molto interessate al condizionamento del voto nelle tornate amministrative”.