L’ex presidente del consiglio (non eletto) Enrico Letta parla male dell’attuale presidente del consiglio e compagno di partito Matteo Renzi, anche lui arrivato a Palazzo Chigi senza passare per il voto in Parlamento.
«Non mi sto togliendo sassolini dalla scarpa, penso che possa parlare un linguaggio che gli italiani capiscono»: così il deputato del Pd ed ex premier Enrico Letta, nel corso della registrazione della puntata di «Otto e mezzo», su La7, risponde a chi gli chiede come mai avesse paragonato il racconto del Paese di Matteo Renzi al metadone. Secondo Letta, bisogna separare «realtà percepita e realtà reale.Bisogna stare attenti a ricomporre realtà e percezione, altrimenti- spiega – succedono guai». Di questo, ha spiegato l’ex premier, «intendevo parlare quando ho usato il paragone del `metadone´: non è un’esagerazione ma penso che si possa parlare un linguaggio che gli italiani capiscono per dare un contributo di chiarezza».
Enrico Letta con Lilli Gruber (lapresse)
«Il mio governo? Sono stato un ingenuo»
Un esempio? «sulla scuola ci sono state grandi promesse che non si realizzano. La gente non capisce e ed ecco che il 5 maggio c’è lo sciopero». Letta ripercorre anche i giorni della caduta del suo governo, sottolineando: «L’errore più grande che ho fatto è stato quello di non rendermi conto del cambio di fase. Sono stato ingenuo». «Non sono in grado di dare un voto al governo Renzi» anche perché il suo avvento «l’ho vissuto sulla mia pelle», dice Letta, che però ammette: «La fortuna aiuta gli audaci e Renzi, che sicuramente è bravo ed audace, ha avuto fortuna». Ma un giudizio sul premier gli sfugge, quando viene interpellato sulla battuta di Renzi, che ha liquidato come «promozione per il libro in uscita» le sue esternazioni e le sue critiche al governo: «È una frase che qualifica chi la dice. Applica le sue categorie mentali», chiosa Letta.
Italicum, «sarò in aula ma non so come voterò»
Ma è soprattutto sulla legge elettorale che l’ex presidente del Consiglio si sbilancia: -«Penso che mettere la fiducia sia un errore, spero che non venga messa », premette Letta, aggiungendo che sull’ Italicum non servono «né apposizione della fiducia né voti segreti: non ci vogliono forzature. Il problema – aggiunge – è nelle mani del presidente del consiglio che dovrebbe avere una maggioranza larga ». Letta sarà in Aula, per votare l’Italicum, ma il suo voto dipenderà «dall’atteggiamento sulla fiducia e dal merito della riforma» perché, ha precisato, se il governo ha «l’obbligo di forzare» quando necessario sulle diverse «politiche», viceversa «lo stesso metodo non si può applicare alle regole del gioco.
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– Enrico Letta manda un nuovo avviso a Matteo Renzi: sull’Italicum, dice Letta ospite di Lilli Gruber a ‘Otto e mezzo’, il premier può anche ottenere il via libera della Camera, ma se ci arriverà con una forzatura, rischia di costruire la sua vittoria sulle “macerie”. Soprattutto quelle del Pd. E’ il rischio di una vittoria di Pirro quello che paventa l’ex premier che pure si dice colpito dagli argomenti “condivisibili e interessanti” usati oggi da Renzi nella sua ‘ultima chiamata’ al Pd sull’italicum. Il fatto, dice, è che non si possono mischiare come fossero la stessa cosa la riforma elettorale e le politiche del governo.
Sulle seconde, dice Letta, il richiamo di Renzi alla determinazione è comprensibile. Anzi, “il governo ha l’obbligo di andare dritto anche forzando”, ma “non può applicare lo stesso metodo quando si decidono le regole del gioco”. Letta invita quindi il premier a tornare sui suoi stessi passi: era Renzi, ricorda, che diceva che la riforma elettorale non può essere votata a maggioranza. Per questo lui in Aula ci sarà, ma per sapere come si comporterà bisognerà vedere quali saranno i passi di Renzi. “La fiducia è un errore” continua a ripetere Letta che precisa: il suo voto dipenderà da quale sarà “l’atteggiamento sulla fiducia e dal merito della legge elettorale”. Perché quello sull’italicum “è un passaggio molto delicato e importante in cui non si sa cosa succederà”.
Il rischio di ‘macerie’ rischia infatti di travolgere il partito che Letta precisa di non voler abbandonare. “Mi dimetterò solo dal Parlamento” e non, ci tiene a precisare, a settembre come qualche maligno ha voluto insinuare, ipotizzando calcoli per ottenere il vitalizio. “Smentisco categoricamente, la data di settembre è solo relativa all’inizio dell’anno accademico” in quell’università che costituirà il suo nuovo modo, afferma l’ex premier, di fare politica.
Enrico Letta è combattivo anche se assicura di non volersi togliere alcun sassolino dalle scarpe. Nel fuori onda prima dell’inizio della registrazione dell’intervista con Lilli Gruber a La7 promette che gli ascoltatori si troveranno “un nuovo ospite stasera”. Nessun passo indietro quindi sull’utilizzo del termine metadone usato per definire lo ‘storytelling’, il modo del governo Renzi di presentare le cose: “Ho usato la parola metadone perché penso si possa parlare un linguaggio che gli italiani capiscano e per dare un contributo di chiarezza”, dice Letta – per definire quella “distinzione tra realtà percepita e vissuta che abbiamo visto negli ultimi vent’anni”. “Il berlusconismo ha dato questo senso alla realtà e nel mio libro – aggiunge Letta – scrivo che bisogna creare una separazione tra la realtà reale e quella percepita. E’ un fatto – conclude – su cui bisogna stare attenti altrimenti succedono guai. Per esempio – aggiunge -, sulla scuola ci sono state grandi promesse che non si realizzano. La gente non capisce e ed ecco che il 5 maggio c’è lo sciopero”.
E piccata è anche la risposta al premier che aveva bollato le sue critiche e quelle di Prodi verso il governo come una trovata per vendere libri. “Una frase del genere qualifica chi la fa… Vuol dire che applica quelle che sono le sue categorie mentali”.