L’Ufficio parlamentare di bilancio ha rilevato un notevole incremento della spesa e criteri meno severi per l’ammissione alle clausole di salvaguardia dei lavoratori lasciati nel limbo dalla riforma Fornero.
All’inizio c’erano gli esodati veri. Erano persone drammaticamente rimaste senza stipendio e senza pensione dopo la riforma Fornero delle pensioni, adottata in tutta fretta dal governo Monti. Poi, in mandate successive, sotto quell’etichetta si sono fatti rientrare tanti che non erano altrettanto nei guai.
La conseguenza è che il 13% dei risparmi di spesa previsti dalla legge Fornero sono stati cancellati, creando nel contempo disuguaglianze nuove tra chi è stato soccorso e chi no. Lo documenta uno studio dell’Ufficio parlamentare di bilancio, l’organismo che dal 2014 verifica il rispetto delle regole di finanza pubblica.
Secondo l’Upb, presieduto dall’economista Giuseppe Pisauro, «i primi interventi di salvaguardia potevano apparire come necessari perfezionamenti di una riforma adottata in via d’urgenza per fronteggiare una situazione di emergenza economica». Poi «le successive salvaguardie, che non solo hanno reso più laschi i requisiti richiesti per accedere agli esoneri per le categorie inizialmente previste ma hanno progressivamente incluso categorie di esodati del tutto nuove, hanno invece rivelato incertezza nel definire chi considerare meritevole di tutela e difficoltà nel reperire dati affidabili per perimetrare le platee dei possibili beneficiari».
Gli interventi successivi sono stati sette, l’ultimo nella legge di stabilità per il 2016. Il concetto di «esodati» è stato stiracchiato al massimo, sotto la spinta dei sindacati, delle imprese con dipendenti in eccesso, di gruppi di pressione vari. La spesa aggiuntiva ammonterà nel complesso a 11,4 miliardi di euro in 10 anni. Alla fine, si legge nel documento dell’Upb, si sono incluse persone «che avevano preso decisioni molti anni prima della riforma Fornero e che attendevano la decorrenza della pensione anche in tempi di molto successivi». Si sono impiegate risorse che forse sarebbero state più utili a migliorare la riforma dell’indennità di disoccupazione.
In totale sono rientrate nelle successive misure 196.000 persone, di cui 65.000 con il primo e più motivato provvedimento, 26.000 con le norme del dicembre scorso. I requisiti per ottenere il beneficio si sono fatti sempre più complicati. Ciò che sembra essersi perso per strada è un criterio omogeneo di equità su chi aiutare e per quali motivi. Si sono ammesse persone che all’entrata in vigore della Fornero un lavoro lo avevano, seppur precario; che lo avevano e poi erano state messe in cassa integrazione; o ancora dipendenti pubblici che avevano fatto domanda di esonero sempre in data successiva.
di Stefano Lepri
Questo articolo è stato originariamente pubblicato da La Stampa