Sui contribuenti italiani fedeli al fisco, cioè in piena regola, grava una pressione fiscale ‘reale’ che nel 2016 arriva al 49% per cento: 6,4 punti in più rispetto a quella ufficiale. L’allarme giunge attraverso la stima realizzata dall’Ufficio studi della Cgia. “Chi fa impresa, ad esempio, e si trova a subire un aggravio fiscale che sfiora il 50 per cento – spiega il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – fa fatica a reggersi in piedi. Sebbene il governo Renzi abbia previsto nella nuova legge di Bilancio tutta una serie di misure che vanno nella direzione auspicata, il peso delle tasse rimane ancora eccessivo e del tutto ingiustificato rispetto alla qualità e alla quantità dei servizi pubblici erogati”.
La Cgia ha precisato che la pressione fiscale ufficiale calcolata dall’Istat (per l’anno in corso prevista al 42,6%) rispetta fedelmente le disposizioni metodologiche previste dall’Eurostat, ma spiega di essere arrivata a questa stima ricordando che il nostro Pil nazionale include anche l’economia non osservata ascrivibile alle attività irregolari che, non essendo conosciute al fisco, almeno in linea teorica non versano né tasse, né contributi. “Secondo l’Istat, infatti, nel 2014 l’economia non osservata”, ricorda la Cgia, “ammontava a 211,3 miliardi di euro (pari al 13 per cento del Pil): di questi, quasi 194,5 miliardi erano attribuibili al sommerso economico e gli altri 16,8 alle attivita’ illegali. In questa nuova metodologia di calcolo, comunque, non viene inclusa tutta l’economia criminale, ma solo quelle attività che si compiono attraverso uno scambio volontario tra soggetti economici (come il traffico di sostanze stupefacenti, la prostituzione e il contrabbando di sigarette)”.
Per gli anni 2015 e 2016 l’Ufficio studi della Cgia ha ipotizzato che il sommerso economico e le attività illegali incidano sul Pil nella stessa misura del 2014 (ultimo anno in cui il dato e’ disponibile). Ricordando che la pressione fiscale ufficiale è data dal rapporto tra le entrate fiscali/contributive ed il Pil prodotto in un anno, nel 2016, al lordo del bonus Renzi, è destinata a scendere al 42,6 per cento.
“Tuttavia, se ‘togliamo’ dalla ricchezza prodotta la quota addebitabile al sommerso economico e alle attività illegali che, almeno in linea teorica, non producono nessun gettito per l’Erario, il Pil – è il ragionamento della Cgia – diminuisce (quindi si ‘contrae’ il denominatore), facendo aumentare il risultato che emerge dal rapporto”. Quindi la pressione fiscale ‘reale’ che grava su lavoratori dipendenti, sugli autonomi, sui pensionati e sulle imprese che pagano correttamente le tasse è superiore a quella ufficiale di 6,4 punti: infatti, per l’anno in corso è destinata ad attestarsi al 49%, in calo rispetto agli anni precenti ma pur sempre un fardello “insopportabile”.
“E’ evidente che con un peso fiscale simile – conclude il segretario della Cgia, Renato Mason – sara’ difficile trovare lo slancio per ridare fiato all’economia del paese in una fase dove la crescita rimane ancora molto debole e incerta”. (AGI)