I sondaggi sul referendum costituzionale di ottobre danno, al momento, in vantaggio il fronte del “no” e la politica comincia a chiedersi (e a prepararsi) a una eventuale caduta del governo. Il premier Matteo Renzi è convinto di riuscire a ribaltare l’attuale pronostico, e anche oggi ha ribadito, nella sua e-news, che “senza questa riforma, torneremmo all’ingovernabilità. Agli inciuci del giorno dopo”.
Ma se fino a qualche giorno fa ripeteva che “se perdo vado a casa”, oggi sembra aver cambiato strategia ed evita di mettere sul piatto le sue dimissioni. Anche perché nello stesso Pd cresce il fronte di coloro che chiedono al premier di mettere da parte la personalizzazione del voto sul referendum, accantonando l’ipotesi di rimettere il mandato in caso di vittoria del no. E comunque sono in tanti a ritenere difficile che, anche in caso di dimissioni di Renzi, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella potrebbe mandare dritti a votare già in autunno, per un motivo tecnico.
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IL REBUS DELLA LEGGE ELETTORALE – L’Italicum è valido solo per l’elezione della Camera, essendo stato pensato per lo schema monocamerale. Ma se invece, con la vittoria del “no”, il Senato dovesse rimanere in vita, l’elezione della Camera alta avverrebbe con il cosiddetto “Consultellum”, la legge iper-proporzionale nata dalle modifiche che le sentenze della Consulta hanno apportato al Porcellum. “Si aprirebbero scenari di ingovernabilità – sostiene il politologo Roberto D’Alimonte -. Se vincesse il no al referendum non ci sarebbe più il governo Renzi e allo stesso tempo non sarebbe possibile tornare al voto. Si voterebbe con un sistema maggioritario per la Camera e uno proporzionale per il Senato; con due turni alla Camera e uno al Senato; con un sistema, quello della Camera, che garantisce la governabilità e uno, al Senato, che garantisce l’ingovernabilità. Anche il corpo elettorale sarebbe diverso”. In questo scenario, alla Camera i parlamentari di vari schieramenti iniziano a prepararsi per allungare la legislatura almeno fino alla fine del 2017, con un governo tecnico – si vocifera – di natura economica, a guida di Pier Carlo Padoan (che avrebbe anche già fatto capire di essere disponibile), apprezzato da molti gruppi politici, dall’establishement europeo ma soprattutto dall’attuale inquilino del Quirinale… e da quello precedente, Giorgio Napolitano, tuttora attivissimo e nel mondo politico romano.
Ufficialmente la posizione diffusa è quella che espone, per il M5s, Alessandro Di Battista: “Il dopo Renzi? E’ prematuro parlarne. Ora pensiamo a spiegare ai cittadini perchè questa riforma è sbagliata”. Ma nei capannelli e negli incontri riservati, il tema è al centro dell’attenzione. “Ormai da qualche giorno – rivela un parlamentare renziano – i colleghi hanno iniziato a parlare del ‘dopo’ Renzi. L’idea è quella di un governo istituzionale, presieduto magari dal presidente del Senato Grasso, per approvare la legge di Stabilità e, avviare, a gennaio-febbraio, la discussione della nuova legge elettorale. In questo modo non si andrebbe a votare prima dell’ottobre 2017. Questo salvo che – conclude amaro – non si trovi qualcuno del Pd con abbastanza pelo sullo stomaco da rifare un governo con Forza Italia. Purtroppo quelli non mancano”. In questo secondo caso, si potrebbe dar vita a un governo di scopo politico, di grande coalizione. E c’è già un nome che circola per guidarlo: quello di Dario Franceschini, attuale ministro per i Beni culturali. Quella di un governo istituzionale è, anche per D’Alimonte, l’ipotesi più probabile. “La legge elettorale su cui potrebbero accordarsi, però – sottolinea – sarebbe quasi sicuramente proporzionale, con una conseguenza: l’ingovernabilità. Con tre grandi blocchi che difficilmente potranno unirsi per dar vita a un governo la prospettiva è l’instabilità”.
Consuelo
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Consuelo
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ronin
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Governo, Padoan premier al posto di Renzi. Il piano Bce-Ue-Germania
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Nel 2011 è stato Mario Monti. Nel 2016 potrebbe toccare a Pier Carlo Padoan. Secondo quanto Affaritaliani ha appreso da fonti qualificate, si starebbe studiando un piano B sull’asse Roma (Quirinale)-Francoforte (Bce)-Berlino (Cancelleria)-Bruxelles (Commissione Ue) da mettere in pratica nel caso in cui Matteo Renzi dovesse “saltare“, o per le tensioni politiche nel Pd o per la fibrillazione nell’Ncd-Area Popolare o dopo un’eventuale sconfitta al referendum istituzionale del prossimo autunno. I mercati finanziari e le istituzioni europee vogliono stabilità politica e soprattutto puntano su chi li rassicura sulla tenuta dei conti pubblici. Fonti vicine alla Commissione europea sottolineano con particolare interesse le parole pronunciate dal ministro Padoan due giorni fa in televisione. “Le risorse non sono molte. Noi abbiamo un debito ancora molto alto, sta cominciando a scendere, ma ogni anno richiede centinaia e centinaia di miliardi di rifinanziamento sui mercati. I mercati devono essere convinti, e lo sono, che prestare all’Italia è un buon affare. Devono continuare“, ha affermato il titolare di Via XX Settembre a diMartedì parlando dei ‘desiderata’ del presidente del Consiglio per la Legge di Stabilità, dall’Irpef al bonus famiglia. Si tratta di un elenco di priorità “che andranno rese compatibili con il quadro complessivo”. Le parole di Padoan sono musica per le orecchie dei tecnocrati della Bce e della Commissione. E’ evidente che Renzi, soprattutto dopo la sconfitta ai ballottaggi del 19 giugno, spinge per una manovra popolare di riduzione delle tasse, anche in chiave referendum (visti i sondaggi poco promettenti per il sì). Padoan però frena e nel ricordare il debito pubblico elevato fa proprie le raccomandazioni di Bruxelles e in particolare della Germania del duo Merkel-Schaeuble. “Se il premier insiste troppo sul taglio delle tasse e non rispetta gli impegni con l’Europa parte lo spread nonostante il QE di Draghi“, spiega un’analista di una primaria sim milanese. E l’incubo del differenziale Btp-Bund, che costò la poltrona a Berlusconi cinque anni fa, potrebbe proprio essere lo strumento utilizzato dai mercati (e dai tecnocratici europei) come mezzo di pressione sul governo italiano. Insomma, o Renzi mette da parte i piani “troppo ambiziosi” oppure è pronto un esecutivo a guida Padoan con la benedizione di Bce, Commissione e Cancelleria tedesca.