Quale è la vera posta in palio nello scontro tra Matteo Renzi e la Commissione europea? La risposta prevalente è che il Presidente del Consiglio italiano sta cercando di distrarre l’opinione pubblica dall’attenzione sui retroscena inquietanti della liquidazione di Banca Etruria, uno dei quattro piccoli istituti di credito che sono stati liquidati chiamando alla cassa anche ignari risparmiatori che avevano sottoscritto le obbligazioni junior di queste banche.
Molto probabilmente il motivo principale è invece un altro: lo stato precario del sistema bancario italiano, su cui gravano 200 miliardi di sofferenze cui devono aggiungersi 113 miliardi incagli, ossia di crediti che potrebbero a breve diventare sofferenze. Con le nuove regole del cosiddetto “bail in” a risolvere queste crisi bancarie saranno chiamati i risparmiatori e gli investitori che detengono obbligazioni emesse dalle banche ed anche i detentori di depositi bancari superiori ai 100mila euro. Già la borsa italiana segnala questo pericolo con i forti ribassi dei titoli bancari e con il calo dei corsi delle loro obbligazioni. E Matteo Renzi sa che la reazione popolare ad una tosatura dei risparmi italiani sarebbe molto forte e probabilmente esiziale per il suo Governo.
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Quindi, il confronto vero tra Roma e Bruxelles riguarda il salvataggio delle banche e non è una questione facilmente risolvibile. Infatti è già stata bocciata una proposta italiana di creare una “bad bank”, ossia una banca “cattiva” che avrebbe acquistato i crediti in sofferenza ad un prezzo relativamente alto (garantito dallo Stato italiano) in modo da far sì che le banche venditrici potessero risanare i loro bilanci e avere mezzi freschi. Bruxelles ha bocciato questa proposta, poiché si sarebbe trattato di un aiuto di Stato. Ora, circola l’ipotesi che ogni banca crei la propria cattiva banca, ma se non c’è un aiuto da parte dello Stato che Bruxelles sembra voglia continuare a negare questa soluzione farebbe emergere che molti istituti italiani sono in realtà in bancarotta o in stato comatoso.
Tra quelli messi peggio vi sono il Monte dei Paschi di Siena e la Cassa di risparmio di Genova (Carige). MPS, il più vecchio istituto bancario europeo, ha ora una capitalizzazione inferiore ai 2 miliardi di euro e circa 40 miliardi di sofferenze. Gli stessi dirigenti dell’istituto toscano riconoscono che la banca non può sopravvivere da sola e che ha bisogno di un acquirente o almeno di un partner. Considerate le cifre, si tratta di una speranza vana. Un’altra banca potrebbe acquistare il Monte dei Paschi di Siena solo se dopo un risanamento dei conti da parte dello Stato oppure dopo che Roma (e quindi anche Bruxelles e la Banca centrale europea, cui spetta ora il compito della vigilanza dei maggiori gruppi bancari europei) abbiano dato sussidi e garanzie.
Un discorso analogo vale pure per Carige e per altri istituti italiani che non stanno messi molto meglio, come Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. Ma questo non è possibile con le nuove regole europee. E se lo fosse, si aprirebbe una nuova grande voragine nei conti statali italiani, che già sono sotto osservazione da parte di Bruxelles, poiché non rispettano gli impegni presi con l’Europa di riduzione del disavanzo pubblico. Che fare? Matteo Renzi, il politico italiano finora più allineato con Bruxelles, ha deciso di passare all’attacco e di creare un grande polverone per confondere le acque.
Ma gli sforzi del presidente del Consiglio italiano non basteranno a risolvere la crisi bancaria italiana e ad ottenere il via libera alle proposte di bilancio per l’anno prossimo. D’altra parte, Matteo Renzi non può permettersi anche politicamente di ripetere la soluzione attuata con i quattro piccoli istituti bancari messi in liquidazione alla fine dell’anno scorso. L’unica via di uscita percorribile è un intervento europeo seguendo il modello seguito per la crisi bancaria di Cipro. Ciò non vuol dire solo l’attuazione delle regole del “bail in” con spogliazione non solo degli azionisti delle banche, ma anche degli obbligazionisti e dei correntisti sopra i 100mila euro, ma anche importante linee di credito allo Stato italiano per evitare che il panico provochi vendite massicce di azioni e obbligazioni anche delle banche ancora relativamente sane. Si tratterebbe di un intervento molto pericoloso che potrebbe mandare in crisi l’intero sistema bancario europeo e che in ogni caso comporterebbe il fatto che il Governo di Roma sarebbe messo sotto la tutela di una troika europea, come la Grecia e gli altri Paesi che hanno dovuto ricorrere ai salvataggi europei. E’ questa la vera posta in gioco. Si tratta di una partita decisiva per il futuro della stessa Europa e anche per i mercati internazionali già traumatizzati dal crollo del prezzo del petrolio e dal forte rallentamento della crescita cinese.
di Alfonso Tuor
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da TicinoNews