La Commissione X della Camera dei Deputati ha iniziato il ciclo di audizioni per conoscere meglio il fenomeno dell’automazione industriale 4.0. Prima di questa iniziativa il Governo aveva cercato di fare propria la questione, ma i risultati ad oggi risultano inesistenti.
Come affrontare dunque una tematica così complessa e, allo stesso tempo, innovativa in grado di far progredire la manifattura italiana a livelli mai visti precedentemente?
Nonostante la crisi e il calo di produzione industriale degli ultimi anni e nonostante il crollo della produttività del lavoro (ai minimi rispetto al 2001), l’Italia è ancora fra i Paesi in cui il manifatturiero ha un peso importante all’interno della propria economia. Nello specifico, il settore manifatturiero italiano genera un fatturato di 871 miliardi di euro e un valore aggiunto di circa 225 miliardi, interessando più di 400 mila imprese e impiegando circa 4 milioni di addetti. (1)
(1) Fonte: Eurostat
FONTE: The World Bank, 2014
Ed è proprio questo il punto da cui partire per aprire le porte all’Industria 4.0, seguendo l’esempio dei Paesi ad alta percentuale di manifatturiero su PIL. Cina, Corea, Germania, India hanno puntato sull’automazione e l’innovazione sei meccanismi industriali per poter primeggiare in un mercato sempre più competitivo.
Le problematiche che impediscono all’Italia di raggiungere i leader dell’industrializzazione sono note: carenze infrastrutturali, scarsa propensione alla digitalizzazione, normative obsolete, mancanza di cultura sia all’interno sia all’esterno delle aziende, assenza di una visione strategica nazionale.
Relativamente a questi ultimi due aspetti l’amministrazione di turno ha operato in modo distratto e approssimativo negli anni. Per quanto riguarda infatti la cultura manageriale all’interno dell’impresa si sono incentivate visioni di medio/breve periodo, soprattutto durante la crisi, per recuperare parzialmente i margini di produttività perduta,
Allo stesso modo non sono stati facilitati alcuni processi al di fuori della mera competenza aziendale. Il tessuto italiano di PMI infatti, sfavorito proprio per le sue dimensioni ridotte nella fase di investimento in R&D, ha sofferto dei lunghi tempi di acquisizione e applicazione delle tecnologie più avanzate e non è mai stato incentivato in modo strutturale ad applicare tali migliorie al proprio sistema produttivo e organizzativo. Rimanendo così tagliato fuori dal mercato industriale post-globalizzazione.
L’Italia infatti possiede aziende dalle dimensioni mediamente più piccole rispetto ai Paesi leader nel settore industriale e necessita quindi di un’implementazione tecnologica ad hoc. L’innovazione e le tecnologie 4.0 possono e devono così diventare il punto di contatto delle PMI per poter fare il salto di qualità, ma anche di quantità. E il processo deve avere un duplice formato: verticale e orizzontale.
Verticale nell’implementazione tecnologica e nell’automatizzazione del processo produttivo. Dove il traino viene dalle aziende di maggiori dimensioni e dalle reti di PMI in cui le aziende sono integrate per gestire tutte le fasi di applicazione dei requisiti (tecnologici, manageriali, occupazionali) per passare all’Industria 4.0. Orizzontale nell’approccio al mercato e al prodotto, nonché nell’interscambio di dati e informazioni che il nuovo paradigma industriale genererà in modo crescente.