I Servizi Segreti militari americani hanno intercettato parte dei piani dell’Isis: jihadisti invitati a non raggiungere la Siria e restare in Nord Africa per “creare un nuovo Califfato anche a Tripoli”.
I leader dello Stato Islamico in Siria stanno dando indicazioni ai combattenti che arrivano da paesi dell’Africa occidentale, come il Ciad e il Senegal finora essenzialmente immune dalla propaganda jihadista, o dal Sudan, di non dirigersi più verso il Medio Oriente. Ma invece di rimanere in Libia, dove nei mesi recenti sono arrivati diversi luogotenenti dell’Is con l’obiettivo di mettere le basi di un nuovo Califfato nel paese nord africano. È quanto scrive il New York Times citando fonti di intelligence americana e di paesi alleati che esprimono preoccupazione per l’accresciuta capacità organizzativa e militare dell’Is, che in Libia starebbe cercando di stabilire delle istituzioni di tipo statale. “La Libia è diventata un magnate per individui non solo all’interno alla Libia, ma dal continente africano e dall’esterno”, ha detto, parlando al Senato nei giorni scorsi, John Brennan, direttore della Cia.
E il continente africano sarebbe diventato anche il teatro dell’ennesimo scontro tra i due ‘brand’ mondiali del terrore, Stato Islamico ed al Qaeda, con l’Is che sta usando i suoi nuovi alleati in Nigeria – Boko Haram che lo scorso marzo ha annunciato la sua nuova affiliazione – per attirare combattenti e comandanti di gruppi africani affiliati ad al Qaeda, compresi gli Shabab in Somalia.
“Stanno cercando di stabilire una struttura di tipo statale”, ha spiegato, in un’audizione al Congresso, Brett McGurk, inviato di Barack Obama per la lotta all’Is, sottolineando che, sul modello di quanto fatto in Iraq e Siria, i miliziani stanno tassando le popolazioni dei territori controllati intorno a Sirte che sono esposte così a vere e proprie estorsioni. E stanno anche cercando di entrare nelle lucrose attività dei trafficanti di esseri umani e scafisti che gestiscono il flusso di migranti. L’obiettivo è sviluppare una nuova fonte di introito, considerato il fatto che – a differenza della Siria – in Libia non l’Is non ha il controllo dei pozzi di petrolio e che le banche occupate a Sirte non hanno certo i tesori di quelle depredate a Mosul. All’impegno per sostenere finanziariamente il Califfato si affianca la nota esperta politica dell’Is sui social media ora tesa ad attirare giovani africani, spesso disillusi per le scarse possibilità di studio e lavoro offerte dai loro governi, soprattutto nei paesi più poveri del Sahel, come Niger e Mauritania. Le autorità senegalesi considerano che almeno 30 giovani sono partiti per la Libia, e lo stesso trend viene registrato da Niger, Nigeria e Mali. Per questo, nell’ambito dello sforzo che gli Stati Uniti e i suoi alleati europei stanno facendo per preparare un’azione contro l’Is in Libia, le forze speciali di 30 paesi africani e occidentali – il giornale cita istruttori americani, canadesi, olandesi e belgi – stanno partecipando ad un esercitazione anti-terrorismo in un’accademia militare in Senegal.
In particolare le forze senegalesi, con l’aiuto dei marine olandesi e le forze speciali Usa, vengono addestrate a controllare il confine nord, anche marittimo, con la Mauritania. “Lo Stato Islamico si sta sviluppando dappertutto, se non abbiamo uno sforzo multinazionale, si svilupperà anche oltre”, ha detto il colonnello Guirane Ndiaye. Il Pentagono, scrive ancora il Times, ha stanziato 200 milioni di dollari per addestramento e rifornimento delle forze militari dei paesi dell’Africa settentrionale ed occidentale. Ed inoltre sta per varare una nuova base per droni, da 50 milioni di dollari, ad Agadez in Niger da dove potranno partire Reaper da ricognizioni per avvicinarsi al confine sud della Libia.
E il colonnello Mahame Laminou Sani, capo dell’intelligence del Niger, ha detto che è stato rafforzato il controllo sul confine con la Libia. “È una minaccia globale che non è limitata ai confini”, ha aggiunto Moussa Mbouop, ufficiale delle operazioni speciali che ha preso parte ad un altro addestramento congiunto di forze africane, americane e di altri paesi occidentali che ha avuto luogo il mese scorso a Washington.
Liberati gli ultimi 43 cristiani ostaggi nella Siria del nord-est
Gli ultimi 43 cristiani assiri ancora nelle mani dell’Isis dei 230 presi in ostaggio un anno fa nel nord-est della Siria sono stati rilasciati lunedì 22 febbraio. Ne danno notizia fonti della chiesa assira citate dal sito christiantoday.com, con sede in Gran Bretagna. La notizia del rilascio è stata confermata dalla diocesi orientale della Siria della Chiesa assira. “Non rimane più alcun ostaggio – ha affermato in un comunicato l’Organizzazione per il soccorso per la Chiesa assira dell’Est – ed esprimiamo i nostri ringraziamenti senza riserve a tutti i sostenitori, istituzionali o individuali, che sono stati al fianco degli assiri della Siria in questi difficili 12 mesi”. I 230 cristiani, tra i quali molti bambini e donne, erano stati catturati dai miliziani dello Stato islamico in una fulminea offensiva il 23 febbraio del 2015 nella Valle del Khabur, nella provincia nord-orientale siriana di Hassake. Per la loro liberazione erano stati chiesti ingenti riscatti, ma non è stato reso noto se e quanto denaro sia stato consegnato ai jihadisti. Tre degli ostaggi erano stati uccisi dall’Isis lo scorso ottobre e le immagini delle loro “esecuzioni” erano state diffuse dallo Stato islamico per ribadire la richiesta di pagamento dei riscatti. Secondo fonti informate, all’inizio la richiesta era di 23 milioni di dollari (centomila per ogni ostaggio), abbassata poi a 12-14 milioni di dollari.