Islam in fiamme: rivolta sciita e assalto all’ambasciata saudita a Teheran

L’Arabia Saudita ha giustiziato 47 persone, condannate per aver progettato e compiuto attacchi terroristici contro civili. Tra loro Nimr al-Nimr, leader religioso sciita. Immediata replica iraniana: i manifestanti …

L’Arabia Saudita ha giustiziato 47 persone, condannate per aver progettato e compiuto attacchi terroristici contro civili. Tra loro Nimr al-Nimr, leader religioso sciita. Immediata replica iraniana: i manifestanti hanno dato fuoco al consolato saudita a Mashhad, e poi assaltato l’ambasciata saudita a Teheran.

Sotto attacco l’ambasciata dell’Arabia saudita a Teheran: diversi giornalisti iraniani hanno pubblicato su twitter foto e filmati in cui si vedono bombe incendiare lanciate contro l’edificio, parzialmente in fiamme. Alcuni manifestanti sarebbero penetrati nella sede diplomatica e la starebbero saccheggiando, secondo le immagini.

Manifestanti hanno protestato violentemente anche a Mashhad, città religiosa nella zona nord-orientale del Paese, i manifestanti hanno dato fuoco al consolato saudita. Le persone si sono riunite davanti alla sede diplomatica e hanno scandito slogan contro le autorità dello Stato arabo. Poi la protesta è diventata violenta: i manifestanti hanno preso la bandiera dell’Arabia Saudita dal palazzo del consolato e l’hanno bruciata, provocando l’incendio.

L’Arabia Saudita ha giustiziato un eminente religioso musulmano sciita e decine di membri di al-Qaeda ricordando al mondo che non tollererà attacchi sia da parte dei jihadisti sunniti sia dalla minoranza sciiti, suscitando così la rabbia settaria in tutta la regione. Quattro sciiti, tra cui l’imam Nimr al-Nimr (foto sotto), erano stati condannati con l’accusa di coinvolgimento in attacchi contro poliziotti, e per questo sono stati uccisi. Ma gli altri 43 giustiziati, in quella che è diventata la più grande esecuzione di massa del regno saudita da decenni, sono sunniti legati ad al-Qaeda, condannati per attentati terroristici compiuti in Arabia Saudita tra il 2003 e il 2006.

Manifestanti hanno protestato violentemente in Iran contro l’esecuzione da parte dell’Arabia Saudita dell’imam sciita Nimr al-Nimr. A Mashhad, città religiosa nella zona nord-orientale del Paese, i manifestanti hanno dato fuoco al consolato saudita. I manifestanti si sono riuniti davanti alla sede diplomatica e hanno scandito slogan contro le autorità dello Stato arabo. Poi la protesta è diventata violenta: i manifestanti hanno preso la bandiera dell’Arabia Saudita dal palazzo del consolato e l’hanno bruciata, provocando l’incendio.

L’imam al Nimr era molto noto nella regione orientale saudita di al-Qatif, a maggioranza sciita. Il religioso è stato arrestato nel luglio 2012 per aver sostenuto l’agitazione di gruppi terroristici contro le autorità saudite della città. La sua condanna a morte è stata confermata lo scorso ottobre dalla Corte di Cassazione, che lo ha accusato di aver disobbedito alle autorità e di incitamento alla violenza settaria. Sentenza che già allora aveva sollevato critiche della comunità sciita che ha fermamente ribadito il ruolo del religioso come dissidente pacifico, che sosteneva “solo con le parole” i diritti della minoranza sciita del regno.

Le reazioni di oggi da parte di gruppi sciiti e dei leader di paesi come Iran, Bahrain, Libano e Iraq, hanno aggravato le già crescenti tensioni settarie nella regione.
Dal canto suo l’Arabia Saudita ha difeso le esecuzioni, assicurando che tutti i condannati sono stati sottoposti a un processo equo.
Il portavoce del ministero degli Interni, Mansur al-Turki, ha fatto sapere in una conferenza stampa che “le autorità si sono assicurati dell’identità di tutti i detenuti prima di eseguire le sentenze di condanna”. Le esecuzioni sono avvenute in dodici aree distinte del Paese: in otto i condannati sono stati decapitati e in altre quattro fucilati, secondo le disposizioni dei diversi giudici.
Per quanto riguarda la morte dell’imam al-Nimr, il portavoce al-Turki ha precisato che “le sentenze del regno saudita vengono applicate a prescindere dalla persona” e ha sottolineato che le autorità continueranno a perseguire coloro che commettono atti terroristici.

LE PROTESTE  – Decine di sciiti hanno manifestato nel distretto di Qatif, provincia orientale dell’Arabia Saudita, contro l’esecuzione dell’imam. I manifestanti hanno intonato “giù con Al Saud”, il nome della famiglia reale saudita, mentre marciavano dalla casa di al-Nimr nel villaggio di al-Awamiya alla città principale della regione, Qatif.

Il principale rivale regionale di Riad, l’Iran, ha immediatamente reagito condannando fortemente l’esecuzione dell’imam e minacciando l’Arabia Saudita di ripercussioni gravi. “Riad pagherà a caro prezzo l’esecuzione dell’iman sciita”, ha infatti fatto sapere il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Hossein Ansari Jaber, ricordando che “il governo saudita sostiene i terroristi e i takfiri (sunniti radicali) eseguendo condanne a morte e sopprimendo l’opposizione all’interno del Paese”. Il governo iraniano ha poi convocato l’incaricato d’affari dell’Arabia Saudita a Teheran per protestare contro la decisione saudita.
Nella città santa iraniana di Qom alcuni studenti delle scuole coraniche sono scesi in piazza, tenendo in mano la foro del leader religioso, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Mehr. Alcuni manifestanti indossavano vesti e turbanti del clero musulmano sciita iraniano.
Anche l’ayatollah Ali Khamenei si è unito al coro di condanne ricordando, in un messaggio su Twitter che “il Risveglio (islamico, ndr) è insopprimibile”. Sul sito del leader iraniano si mettono inoltre a confronto l’Arabia Saudita con lo Stato Islamico, suggerendo che entrambi giustiziano i loro oppositori.

In Bahrein, La polizia ha dovuto sparare gas lacrimogeni per disperdere le decine di persone che stavano protestando nel villaggio sciita di Abu-Saiba, a ovest della capitale Manama.

In Libano, il gruppo sciita Hezbollah ha condannato l’esecuzione dell’imam definendola un “omicidio”.
La “vera ragione” dell’esecuzione è stata “che lo sceicco Nimr  ha chiesto i diritti per un popolo oppresso”, ha fatto sapere Hezbollah in una nota, riferendosi alla minoranza sciita in Arabia Saudita.

In India, centinaia di sciiti hanno manifestato nella provincia settentrionale a maggioranza musulmana del Kashmir, dove l’organizzatore della protesta ha ribadito che le accuse contro al-Nimr erano “infondate”.

In Iraq, il primo ministro Haider al-Abadi ha avvertito in un messaggio su Facebook di possibili ripercussioni sull’intera regione dopo l’esecuzione di oggi. “La violazione dei diritti umani porta sempre a ripercussioni sulla sicurezza, la stabilità e il tessuto sociale dei popoli della regione”, ha scritto Abadi.

Anche i leader sciiti in Iraq, Kuwait, Libano e Yemen hanno avvertito di possibili rappresaglie, confermando il segnale che i conflitti settari in tutto il Medioriente potrebbero subire un’ulteriore impennata.

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1 commento

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    I nodi vengono al pettine. La 51esima stella degli USA, l’Arabia Saudita (cioè del regime depravato degli Al Saud), forse non riesce più a nascondere al mondo le sue atrocità. C’entrerà probabilmente la guerra petrolifera del ribasso dei prezzi. Il regno (regime) degli Al Saud, per la propria difesa, spende la cifra maggiore al mondo rispetto al PIL. Segno questo di scarsa affezione (eufemismo) dei propri sudditi.