La Corte dei conti denuncia: gestione poco chiara delle risorse pubbliche, nessuno strumento di rendicontazione e verifica risultati e mancata tracciabilità delle procedure amministrative nell’accordo di cooperazione per la protezione dell’ambiente asiatico.
La Corte dei conti denuncia “rilevanti criticità ed anomalie” nella “gestione del Sicp e in particolare dei finanziamenti erogati”. Una torta da 320 milioni di euro, ben più alta dei 165 inizialmente stabiliti per il programma di cooperazione promosso dal ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare (Mattm) e le istituzioni cinesi (Sicp), arrivato ormai al suo quindicesimo anno di attività.
Nella relazione ufficiale su “L’attuazione di iniziative e progetti ambientali in Cina, nell’ambito del programma Sicp (Sino-Italian cooperation program for Environmental protection)”, la magistratura contabile sottolinea che in questo lungo periodo sono stati effettivamente avviati “centinaia di progetti in trentuno province, regioni autonome e distretti municipali della Cina nel settore della protezione dell’ambiente, dello sviluppo sostenibile, dei cambiamenti climatici, dell’efficienza energetica e della lotta alla desertificazione”, contribuendo a “favorire le relazioni bilaterali con il paese asiatico” che hanno consentito “tra l’altro all’Italia di acquisire, attraverso la riduzione di gas ad effetto serra nel territorio cinese, crediti di carbonio per mantenere gli impegni assunti nell’ambito del Protocollo di Kyoto”, ma non può fare a meno di notare come “l’attuazione del programma ha richiesto finora un impegno finanziario da parte del Mattm superiore a 320 milioni (e decisamente più elevato di quello, 185 milioni, dichiarato nelle relazioni ufficiali), al quale si sono aggiunti cofinanziamenti da parte di istituzioni e soggetti terzi per circa 165 milioni”.
I soldi pubblici utili a mantenere in vita il programma in Cina avviene sostanzialmente attraverso 3 canali: “trasferimenti di fondi ad Ice-Agenzia nell’ambito degli accordi bilaterali di collaborazione; le procedure di accreditamento diretto di contributi (grant) su conti bancari e/o fondi fiduciari esteri; i meccanismi di finanziamento attivati presso istituzioni finanziarie internazionali”.
Però, scrive la Corte dei conti nella relazione annuale pubblicata il 30 dicembre scorso, “la gestione del Sicp e in particolare, dei finanziamenti erogati, ha evidenziato rilevanti criticità ed anomalie. Innanzitutto, l’assenza di coordinamento e di sinergie con analoghe iniziative operative gestite dalla Cooperazione italiana allo sviluppo non ha favorito economie di scala ed una più efficiente utilizzazione delle risorse. Criticità emergono, poi, dall’analisi delle operazioni di trasferimento diretto di contributi su conti numerati e/o fondi fiduciari bilaterali, amministrati esclusivamente dai partner cinesi, che hanno gestito appalti, affidamenti e contratti ed effettuato pagamenti relativi ai progetti di cooperazione secondo le regole locali e senza alcuna possibilità di controllo da parte del ministero italiano”.
Questo perché “non sono, infatti, previsti efficaci strumenti di rendicontazione e verifica dei risultati, stante anche l’assenza di tracciabilità delle procedure amministrative seguite in ambito internazionale, né, a monte, istruttorie formali e documentate che diano atto dei motivi della scelta dei progetti meritevoli del contributo italiano e dell’analisi di fattibilità sul piano economico-finanziario. L’unica ‘causa’ formale di queste operazioni – si legge ancora nel documento della magistratura contabile italiana – è rappresentata dalla richiesta di accredito del partner cinese che evoca l’accordo bilaterale presupposto; l’unica forma di controllo effettivo quello assicurato dall’Ufficio centrale di bilancio presso il ministero sui decreti che disponevano l’impegno e il contestuale pagamento di risorse pubbliche”.
Immancabili poi le critiche alla gestione dei trust fund, ovvero la gestione dei fondi fiduciari “costituiti nel tempo presso istituzioni finanziarie internazionali con contributi del Mattm ed orientati anche al finanziamento dei progetti Sicp, a causa dell’assenza di adeguate garanzie di trasparenza circa l’impiego delle risorse pubbliche nazionali e di una puntuale attività di monitoraggio e controllo sulla destinazione finale dei contributi e l’effettivo raggiungimento degli obiettivi”.
Inoltre “aspetti problematici emergono anche nell’ambito dei rapporti di collaborazione, regolati da convenzioni, tra il Mattm e Ice-Agenzia”. Perché “per l’attività ‘promozionale’ svolta a favore dell’amministrazione e considerata ultronea rispetto a quella istituzionale, l’agenzia ha fatturato, oltre ad una somma pari al rimborso della quota di costi generali e dei costi dedicati, un ulteriore importo a titolo di corrispettivo, per l’attività di coordinamento non documentabile, pari al 7 per cento di ogni commessa (7,3 milioni complessivi)”, scrive la Corte.
Nelle conclusioni, la magistratura contabile addirittura invita “l’Amministrazione dell’ambiente” a “rendere efficace ed incisiva l’attività di rendicontazione e di verifica dei risultati e ad abbandonare, sin dai programmi e progetti in corso, la pratica dei trasferimenti diretti di risorse attraverso trust fund lasciati all’esclusiva disponibilità dei partner stranieri, nonché ad impostare la pianificazione strategica dell’attività di collaborazione in Cina su base paritaria, con previsione di ritorni concreti per le aziende italiane e di un maggior impegno finanziario da parte delle istituzioni cinesi”.
La Corte, come da prassi, ha annunciato di aver inviato la relazione d’indagine anche alla magistratura ordinaria e contabile “per il perseguimento di eventuali responsabilità di carattere penale e amministrativo-contabile emergenti dai fatti gestionali esaminati”.
di Red.it
zorrax
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Abbiamo necessità di regole che disincentivino e blocchino la corruzione e la corruttela come modus operandi diffuso! Aneliamo giustizia, controllo e punibilità dei reati! Non si può tollerare una società costituita per la maggior parte da imbroglioni a cominciare dai vertici di comando!
Non potremo aspettarci che siano proprio i corrotti a fare le regole per uscire dalla corruzione!!!