La Corte costituzionale discuterà nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2017 della ammissibilità dei tre quesiti referendari proposti dalla Cgil per abrogare parte del Jobs act e altre norme in materia di mercato del lavoro.
Il Jobs act, insieme con le riforme costituzionali appena bocciate dalla consultazione referendaria del 4 dicembre, rappresenta il marchio di fabbrica del governo di Matteo Renzi, costretto a lasciare dopo la sconfitta.
Il nuovo governo guidato dall’ex ministro degli Esteri, sempre del Pd, Paolo Gentiloni, ha detto che agirà in continuità con l’esecutivo uscente. Dopo la fiducia ottenuta ieri dalla Camera, oggi si aspetta il voto del Senato che sancirà la partenza ufficiale della squadra di Gentiloni.
La Cgil ha raccolto 1,1 milioni di firme per ciascuno dei tre referendum proposti per eliminare la riforma dell’articolo 18, reintrodurre la responsabilità solidale negli appalti e abolire le norme che consentono il lavoro accessorio (voucher).
Le richieste sono state dichiarate conformi alla legge dalla Cassazione.
In particolare i quesiti chiedono la cancellazione delle norme del Jobs act che superano l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sostituendo il diritto al reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa con un indennizzo. L’obiettivo non è la reintroduzione tout court dell’articolo 18, ma l’ampliamento dei casi di reintegra.
Il sindacato guidato da Susanna Camusso vorrebbe poi che fosse cancellata la norma sugli appalti e quella sui voucher che, nati per prestazioni occasionali, hanno registrato incrementi esponenziali.
Il governo Renzi ha varato un decreto per rendere pienamente tracciabili i voucher, evitando gli abusi. Per la Cgil la misura è insufficiente e la norma sui voucher va cancellata. I voucher sono i buoni da 10 euro (7,5 euro netti) con cui si pagano le prestazioni di lavoro occasionale.
Secondo l’Inps, nel 2015 sono stati attivati 7 milioni di voucher, con un incremento massiccio, del 70%, sul 2014. (Reuters)
robyuankenobi
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