Con uno studio mirato, realizzato dalla Commissione europea, L’Ue propone all’Italia un immediato innalzamento delle aliquote Iva, quella ordinaria dal 22% al 24% e quella agevolata dal 10% al 13%.
La proposta, arrivata al governo italiano il 22 febbraio scorso, sarebbe volta allo spostamento del carico fiscale dal lavoro ai consumi.
Secondo i tecnici di Bruxelles una iniziativa di questo genere permetterebbe al nostro Paese di abbattere ulteriormente l’onere fiscale sul lavoro, favorendo di riflesso la lotta contro la povertà e la disuguaglianza. Le continue sollecitazioni provenienti dal Bruxelles sembrerebbero in realtà più orientate a ottenere dall’Italia un miglioramento dei conti pubblici.
Il debito pubblico del Paese, infatti, cresce nonostante i pesanti sacrifici chiesti dalla classe politica di volta in volta al governo. Dall’Ue c’è molta preoccupazione per la macchina Italia costantemente ferma sulla corsia d’emergenza: burocrazia stressante per imprese e cittadini, riforme istituzionali che si inceppano periodicamente e settore lavoro ancora alle prese con i vecchi problemi.
Per gli italiani una stangata da 8-10 miliardi di euro
La nuova stangata dell’Ue, stando a quanto riportato anche sulle pagine di Libero, possono essere quantificate in una “botta da 8-10 miliardi di euro”, mascherata da operazione di redistribuzione di reddito, che i contribuenti potrebbero vedersi “servita” con la manovra di primavera. Sia chiaro, in assenza di una sforbiciata ai conti pubblici l’Iva verrà in ogni caso innalzata nel 2018.
“Il piano che Bruxelles vuole fare ingoiare all’Italia ha varie opzioni”, si legge ancora sul quotidiano. Gli sconti tributari (possibili grazie all’incremento dell’Iva ) potrebbero toccare in alcuni casi solo i lavoratori dipendenti “e non gli autonomi”. Il rapporto Ue, inoltre, fa riferimento ai potenziali effetti positivi sull’occupazione. Riferimenti che, come sempre, non vengono correlati di previsioni concrete ma si basano su ipotesi che gli italiani hanno imparato a conoscere nel corso dei decenni…
A chi conviene
I “vantaggi di un incremento delle aliquote Iva”, a detta degli esperti dell’Unione europea, riguarderebbero principalmente i redditi più bassi, quelli compresi tra i 600 e i 1282 euro:
Chi oggi ha un reddito da 660 euro godrebbe di un aumento annuo pari a 143 euro, appena 11 euro al mese
Calerebbe invece a 6 euro al mese il beneficio mensile per chi ha un salario di 823 euro
Per gli italiani che hanno uno stipendio di 975 euro l’aumento Iva dovrebbe portare un extra salario di 5 euro al mese
Chi ha un salario di 1130 euro vedrebbe il proprio reddito “schizzare” (ironicamente) di ben 3 euro al mese
Nella previsione veniva indicato anche il reddito di 1282 euro che, a dire il vero, è stato inserito esclusivamente per indicare i lavoratori che da questa nuova stangata non percepiranno un solo centesimo.
Il progetto dell’Ue risulta essere poco credibile
La “proposta dell’Ue”, è quasi inutile dirlo, non piace agli imprenditori né, tanto meno, ai lavoratori italiani. “L’Italia – denuncia il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci – deve respingere la pretesa dell’Europa di aumentare l’Iva. A nostro giudizio l’Italia non deve dar seguito a questa pretesa e respingerla fortemente: si tratterebbe di un’altra stangata di tasse che rischierebbe di massacrare la ripresa economica.
Il progetto prevede di utilizzare il maggior gettito derivante dall’incremento delle aliquote Iva come risorse per crediti di imposta sui redditi più bassi. Le stesse simulazioni della Commissione, però, mostrano come gli stipendi avrebbero benefici assai contenuti a fronte di sicuri aumenti dei prezzi che finirebbero col fiaccare i consumi e dunque di mettere una zavorra alla crescita del Paese. Riteniamo pertanto fondamentale che l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni non di seguito a questa ennesima, assurda imposizione dell’Unione europea”. (Tiscali)
ronin
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Elmoamf
il sistema non accetta in automatico un post con più di un indirizzo web e deve essere inserito manualmente dalla redazione
colpa dei programmatori del sito
Elmoamf
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Tutti i burocrati europei di maggior spicco volevano l’attuale catastrofe!Dal Sole 24 Ore del 10mag2012:
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-05-10/spiegel-times-accusano-italia-144326.shtml?uuid=AbvJDcaF&refresh_ce=1
“L’Italia truccò i conti per entrare nell’euro, Helmut Kohl lo sapeva ma “ignorò gli avvertimenti sul rischio Italia” perché era convinto che la moneta unica fosse “il destino dell’Europa”. Der Spiegel ha scagliato il sasso e il Times volentieri lo rilancia. Der Spiegel ha avuto accesso a centinaia di pagine di documenti del governo tedesco del 1997 e 1998 da cui trae la conclusione che l’allora cancelliere Helmut Kohl “era perfettamente informato della situazione di bilancio” italiana e consapevole che “l’Italia non aveva i conti in regola per entrare nell’euro”, ma per motivi politici non volle trarne le conseguenze.
“Operazione autoinganno”, scrive il settimanale tedesco, che rivela i retroscena dell’ingresso italiano nell’euro nel numero in edicola questa settimana, in un servizio di cinque pagine basato sui rapporti dell’ambasciata tedesca a Roma, su note interne dell’esecutivo e su verbali di colloqui avuti dal cancelliere. A decidere sull’ingresso dell’Italia “non furono criteri economici, ma considerazioni politiche”, osserva Der Spiegel. “In questo modo – denuncia – si creò il precedente per una decisione sbagliata ancora maggiore presa due anni dopo, l’ingresso nell’euro della Grecia”.
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La polemica rimbalza sul Times di Londra. Il corrispondente da Berlino David Charter scrive che gli esponenti governativi tedeschi lanciarono numerosi “warning” avvertendo che l’Italia non era pronta a entrare nell’euro. Avvertimenti “ignorati” da Kohl, secondo quanto risulta dalle carte segrete rivelate grazie alla legge sulla libertà dell’informazione.
L’Italia – si legge sul Times – rappresentava un “rischio speciale” per l’euro, fin dal suo inizio nel 1999, poiché “continuava a rifiutarsi di ridurre il suo enorme debito”, avvertì un memorandum “profetico” inviato a Kohl nove mesi prima del lancio della moneta unica. Kohl fu avvisato che l’Italia usava trucchi contabili per mostrare sulla carta che faceva progressi, mentre in realtà il suo debito cresceva. Kohl trascurò le allerte e insistette che l’Italia doveva entrare nella prima ondata, dicendo che sentiva “il peso della storia” sulle sue spalle. Il Times riferisce la conclusione dello Spiegel: “I documenti dimostrano quello che finora si supponeva soltanto”. “L’Italia non avrebbe mai dovuto essere accettata” nell’eurozona.
All’inizio del 1997, esponenti del ministero delle Finanze tedesco dissero a Kohl che a Roma “importanti misure strutturali di risparmio dei costi venivano quasi completamente omesse per considerazioni di consenso sociale”. Il negoziatore capo sull’euro, Horst Koehler, che poi divenne presidente della Germania, mandò a Kohl nel marzo del 1998 uno studio che concludeva che l’Italia non aveva rispettato le condizioni “per una riduzione permanente e sostenibile del deficit e del debito”. Kohl replicò che era fiducioso che tutti i governi avrebbero fatto le necessarie riforme strutturali “nei prossimi anni”. Joachim Bitterlich, ex consulente di politica estera di Kohl, ha affermato ieri: “Non senza gli italiani, per favore. Era questa la parola d’ordine politica”.
In una nota del gennaio 1998, Bitterlich disse che la riduzione del deficit dell’Italia era basata principalmente sull’incerta tassa per l’Europa e su tassi d’interesse insolitamente bassi. Poche settimane dopo, prosegue il Times, esponenti governativi olandesi dissero a Kohl: “Senza misure aggiuntive da parte dell’Italia che diano prova credibile della longevità del consolidamento, l’accettazione dell’Italia nell’eurozona è attualmente inaccettabile”. Kohl rispose loro che il governo francese lo aveva avvertito che si sarebbe ritirato se l’Italia fosse stata esclusa.
Poche settimane prima del lancio della moneta unica, si legge ancora sul Times, Stephan Freiherr von Stenglin, attaché finanziario dell’ambasciata tedesca a Roma, mandò un messaggio “drammatico”: “Sorge la domanda se un paese con un rapporto di indebitamento estremamente alto non rischi di mettere a rischio il successo dei suoi sforzi di consolidamento, danneggiando di conseguenza non solo se stesso, ma anche l’unione monetaria”. Conclude il Times: “Era un altro avvertimento inascoltato da parte del cancelliere tedesco”.
ronin
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qualcuno sa dirmi se a bruxelles c’è un concorso fotografico, perchè volevo paryecipare con questa foto che ho scattato in piazza affari a milano
nerio
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