Italia 9a su 15 in Europa per gli stipendi
La retribuzione annua lorda registrata in Italia da JobPricing nel suo Salary Outlook è pari, per il 2015, a una media di 28.693 euro. Uno standard che vale il nono posto sui 15 paesi Ue presi a campione, con un distacco di 3.725 euro rispetto al valore intermedio di 32.419 euro. Si parla di 8.700 euro l’anno in meno rispetto alla Francia (37.427 euro) e di 17.260 euro sotto agli standard della Germania (45.953 euro).
…senza contare il fisco
Lo spread si fa anche più pesante sugli stipendi netti, “grazie” all’incidenza del cuneo fiscale: il 49% nel 2015, su del 13% rispetto al 35,9% della media Ocse. L’Irlanda, ad esempio, viaggia su retribuzioni più alte (34.466 euro l’anno) a fronte di una “erosione” fiscale delle retribuzioni pari a poco più della metà di quella italiana (27,5% contro 49%).
Per fare la Ral di un Ceo ne servono 11 di un operaio
Come si misura la differenza di Ral tra un Ceo e un operaio, sempre nel mercato del lavoro dipendente? In 11 anni. Tanti ne servirebbero a un operaio per raggiungere i livelli dei vertici, se si considera che la retribuzione annua del primo (19.748 euro) è inferiore di 10,5 volte quella di un top manager (207.386). È quello che emerge dal multiplo retributivo, lo strumento adottato dalla ricerca per quantificare la distanza tra gli stipendi interni a una società. Lo sbalzo si riflette nella curva di distribuzione dei redditi da lavoro dipendente, caratterizzata da una maggioranza (71%) di stipendi lordi inferiori ai 31mila euro, un 6% sopra i 40mila euro e una minoranza ristrettissima (0,8%) che si spinge sopra i 100mila euro l’anno.
Le categorie più e (meno) pagate
Certo: dipende dalla categoria. Se si dà uno sguardo ai vari comparti considerati dall’indagine emergono settori con media superiori o inferiori allo standard italiano di 28.693 euro. Sul podio delle professioni più retribuite spiccano quelle che gravitano su banche e servizi finanziari (41.072 euro, il 143,1% in più della media), farmaceutica e biotecnologie (40.650 euro, 141,7%) e e ingegneria (37.489 euro, +130,6%). All’estremo opposto, scivolano a fondo delle rilevazioni servizi alla persona (24.406 euro, l’85,1% della media), agricoltura, allevamento, silvicoltura e pesca (23.743 euro, 82,7%) e il fanalino di coda di determinati inquadramenti in hotellerie e ristorazione (22.443 euro, il 78,2%).
La laurea «vale» ancora il 45,6% in più (se è magistrale)
L’università «non conta più»? Nel dubbio, la Ral della macro-categoria dei laureati resta superiore del 45,6% a quella dei non laureati: 39.493 euro contro 27.129 euro, con aumenti progressivi a seconda del titolo di studio conseguito. Ad esempio, sempre secondo JobPricing, un laureato triennale viaggia sull’equivalente di 28.770 euro contro i 41.409 euro di un laureato magistrale. I dati possono sembrare sovrastimati, ma bisogna considerare che il calcolo include retribuzioni (molto) più generose della media effettiva come quelle dei top manager.
di Alberto Magnani
Fonte: Il Sole 24 Ore