Ma chi ha detto che per andare bene un Paese ha bisogno di un (buon) governo? Cinque anni dopo il precedente belga anche la Spagna oggi fa riflettere.
Il Paese è senza governo da 300 giorni, immerso in una infinita crisi politica, fra i veti incrociati dei partiti del ‘nuovo’ quadripartitismo. È andata alle urne due volte, per ora invano, in dicembre e giugno. Forse tornerà di nuovo a votare. Eppure da tempo l’economia spagnola non stava cosi bene. Il Prodotto interno lordo (Pil) viaggia sul +3%, più del doppio della media della zona euro. Dall’inizio dell’anno ha creato 400 mila nuovi posti di lavoro, gli investimenti stranieri sono in forte crescita (+22 miliardi), i consumi salgono, il turismo ha toccato record storici, l’edilizia è ripartita e si parla già del rischio di una nuova ‘bolla’.
Tutto questo senza un governo. O meglio con l’esecutivo ‘uscente’ del Pp Mariano Rajoy (nella foto in alto) da 10 mesi incaricato di gestire solo gli affari correnti. Non una sola legge è stata approvata da dicembre. “La paralisi politica fa bene al Pil” riassume El Pais, che fra i ‘vantaggi’ della situazione cita anche quello della mansuetudine dimostrata dall’Ue: “l’assenza di governo ha consentito che Bruxelles ammorbidisca la disciplina fiscale, dando ossigeno all’economia”. La Commissione ha condonato a Madrid miliardi di multa alla Spagna per il non rispetto degli impegni di deficit nel 2016 e ha ‘fatto credito’ per il 2017.
Certo finora il Paese ha navigato con il pilota automatico, seguendo la rotta di uscita dalla crisi delineata fino al 2015 dal ‘vero’ governo Rajoy. E aiuta a mantenere l’economia in carreggiata che il Paese sia integrato fra paletti e garanzie della eurozona rileva l’analista José Carlos Diez. Come il Belgio senza governo per 541 giorni (record mondiale) fra 2011 e 2012. Anche per Bruxelles fu un “periodo felice”, fra turbolenze politiche interne e di crisi economica internazionale. “Non avere un governo è stato positivo in un Paese in cui le strutture dello Stato hanno continuato a funzionare” dice l’economista fiammingo Paul de Grauwe, e anche con il Belgio senza esecutivo l’Ue non poté imporre “una dura dieta di tagli e riforme”: così, crescita al +2% sopra le media dell’eurozona e disoccupazione in calo mentre cresceva nel resto dell’Ue.
In Spagna ora però tutti sono d’accordo. C’è bisogno di un governo, perché lo Stato inizia ad essere in affanno. Ci sono 65 ambasciatori da nominare, i grandi investimenti pubblici sono fermi in particolare nella Tav, 33 mila coppie aspettano lo sblocco delle adozioni internazionali, la ratifica di 40 trattati internazionali è paralizzata, Bruxelles inizia a perdere pazienza. Sembra escluso che la Spagna batta il record del Belgio. Una astensione dei socialisti sull’investitura di Rajoy potrebbe dare al Paese un governo già a fine mese. Altrimenti la Spagna dovrà tornare alle urne il 18 dicembre e i sondaggi prevedono una netta vittoria dei popolari. Entro gennaio quindi, al più tardi, la Spagna dovrebbe tornare alla ‘normalità’, con un governo nel pieno dei poteri.
Fonte: Corriere del Ticino