La Commissione Ue ha esteso a fine gennaio il termine per la consultazione pubblica per verificare l’impatto cumulato delle nuove norme di regolazione dei mercati finanziari.
Norme in vigore, sugli oneri non necessari a carico delle istituzioni finanziarie, banche comprese, che incidono negativamente sugli investimenti e la crescita di lungo termine. Originariamente la presentazione di contributi, da parte di banche, soggetti di mercato, associazioni dei consumatori e singoli interessati, era prevista concludersi all’inizio di gennaio. La decisione di concedere più tempo, assunta alcuni giorni fa, precede il caso italiano delle quattro banche ora sotto risoluzione, ma a Bruxelles si ritiene altamente probabile che dalla consultazione emerga il tema della tutela dei risparmiatori relativamente ai rischi delle obbligazioni subordinate per i clienti non professionali.
L’esecutivo europeo non si pronuncia sull’esito della consultazione anche se la maggior parte dei contributi di banche, soggetti di mercato e associazioni di categoria e dei consumatori dei 28 Stati membri è già stata inviata a Bruxelles. La portavoce dei mercati finanziari, di cui è responsabile il commissario britannico Jonathan Hill, ha indicato che non c’è ancora un’idea precisa sulle prossime mosse in termini di proposte legislative e regolamentari da modificare, migliorare e correggere. La cosa certa è che tale processo viene seguito con la massima attenzione dal settore bancario e finanziario, ma anche dai governi, dato che tali regole condizionano direttamente la capacità dell’economia di finanziarsi e crescere. Non è un caso che da mesi la Commissione Ue insista sulla necessità di verificare le caratteristiche e la dimensione degli “effetti inattesi” della stratificazione delle nuove regole prudenziali per il rafforzamento del capitale delle banche.
Bruxelles non si sbilancia in relazione al caso delle obbligazioni bancarie subordinate che nella sequenza degli interventi di ‘bail-in’ sono chiamate a concorrere agli oneri delle risoluzioni, come si è visto nel caso di Banca Marche, Etruria, Carichieti e Carife. “Il caso – indica una fonte europea – ha fatto emergere la necessità di stringere le maglie della tutela dei risparmiatori individuali”. Sono tre i campi di indagine. Il primo riguarda appunto gli oneri di regolazione “non necessari”: si va dalla sproporzione tra il ‘peso’ amministrativo e finanziario della norma e i risultati in termini di sicurezza e di stabilità finanziaria. Il secondo campo di indagine riguarda le duplicazioni e le incoerenze della regolazione degli ultimi sei anni che possono dipendere anche dall’applicazione “non appropriata” delle norme a livello nazionale. Infine le “conseguenze inattese”: Bruxelles insiste da tempo sul fatto che occorre verificare se le regole per scoraggiare l’assunzione di rischi finanziari eccessivi o di ridurre il rischio del sistema finanziario “possono aumentare gli effetti imprevisti in termini di arbitraggio nella regolazione o di aumento della pro-ciclicità”. In sostanza, dice la Commissione, è necessario verificare se esistono “ostacoli indebiti” alla capacità del sistema finanziario di finanziare l’economia “con una particolare attenzione al finanziamento delle piccole e medie imprese, ai progetti innovativi di lungo termine, infrastrutturali e ambientali”; verificare l’impatto della regolazione sulla liquidità dei mercati; l’effetto sulla protezione degli investitori e dei risparmiatori.
Per quanto concerne la tutela dei consumatori, viene ormai dato per scontato che le norme Mifid 2 entreranno in vigore non il 3 gennaio 2017 bensì un anno più tardi. Il motivo del rinvio della direttiva sui mercati degli strumenti finanziari è che i tempi per permettere al settore e ai supervisori per adattarvisi sono troppo stretti. Una richiesta in tal senso, appoggiata dalla Commissione, è stata avanzata ufficialmente dall’Autorità europea dei mercati finanziari. La decisione dovrà essere presa in concorso con il Parlamento europeo. La Mifid 2 comporterà un appesantimento degli oneri per gli intermediari, basti pensare all’attività di consulenza che gli operatori dovranno documentare per iscritto. Questo è un punto centrale della tutela del pubblico, come emerso nei casi spagnolo e italiano delle obbligazioni bancarie subordinate. La Mifid 2 prevede una valutazione complessa dell’adeguatezza del portafoglio in funzione delle esigenze, degli obiettivi e della situazione economica e finanziaria dei clienti, la valutazione separata delle caratteristiche dei prodotti offerti e dei rischi relativi, un’informativa sulle ragioni delle raccomandazioni fornite al cliente, il monitoraggio periodico dell’adeguatezza del portafoglio. Tre anni fa la Commissione europea aveva indicato che meno del 10% dei consulenti finanziari rispettava le linee guida della Mifid e che solo il 40% delle raccomandazioni erano ritenute adeguate. Dall’indagine comunitarie emerse che spesso i consulenti proponevano prodotti non adeguati nonostante applicassero in modo formalmente ineccepibile le norme Mifid interpretando però in modo erroneo il profilo del cliente, senza raccogliere informazioni complete sui clienti. (Radiocor)
zorrax
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