C’è una vera e propria guerra che si sta combattendo in Libia. Non fanno fuoco i fucili, non si fanno esplodere i kamikaze, eppure dal suo esito dipende buona parte (se non tutto) il futuro del Paese e, dunque, degli equilibri geopolitici dell’Italia e dell’Europa.
È la “guerra del petrolio” della Cirenaica, scatenata dal governo parallelo del generale Khalifa Haftar, che continua a estrarre autonomamente greggio dai campi che rimangono sotto il suo controllo militare. L’obiettivo è quello di ottenere l’indipendenza finanziaria, vendendo l’oro nero agli Emirati Arabi Uniti. La linea politica è quella di aperto contrasto al governo di unità nazionale di Fayez al Sarraj, catapultato a Tripoli per volontà della Comunità internazionale. Il premier libico ha denunciato all’Onu, tramite l’ambasciatore Ali al Dabbash il traffico illegale, ma ora ci sono anche le prove concrete.
Una petroliera, la Distya Ameya, è infatti ricomparsa a 80 miglia nautiche da Malta dopo che si erano perse le sue tracce dalla partenza avvenuta pochi giorni fa dal porto di Marsa al Hariga, a Tobruk, nell’est della Libia, scatenando le proteste delle autorità di Tripoli. La nave potrebbe avere a bordo circa 650mila barili di petrolio libico prelevato illegalmente.
Secondo quanto riporta il sito Al Wasat, il greggio sarebbe stato estratto dai giacimenti di Messla e Sarir, nella parte orientale del Paese, per essere poi trasportato verso Malta dove ad attenderlo avrebbe dovuto trovare gli emissari della Dsa Consultancy Fzc, una compagnia con sede negli Emirati Arabi Uniti, ma le cose non sono andate lisce, perché de La Valletta hanno rifiutato l’attracco alla petroliera.
Stando alle affermazioni degli analisti dell’European Council on Foreign Relations, il fatto di aver bloccato la nave è un evento molto importante, perché se il carico fosse stato consegnato avrebbe “avviato la partizione de facto del paese”. Questo avrebbe “deciso il futuro dell’unità della Libia”. Un rischio enorme anche per i “vicini di casa”, ovvero l’Italia e l’Europa. Eppure, di questo pericolo si conosce davvero poco e nessuno parla o racconta.