Alta tensione tra Ankara e Baghdad, ultimatum del ministro degli Esteri iracheno al Jaafari per richiamare i contingenti a nord del Paese. Intanto la Russia bombarda 20 autobotti in viaggio dalla Siria verso la Turchia
La Turchia “non ha ritirato le sue truppe dal nord dell’Iraq” e le soluzioni per risolvere la questione in modo pacifico “si stanno esaurendo”. Lo ha detto il ministro degli Esteri iracheno, Ibrahim al Jaafari (nella foto), nel corso di una conferenza stampa tenuta oggi presso la sede del dicastero a Baghdad. Il capo della diplomazia irachena ha spiegato che il suo paese intende “risolvere la questione in modo pacifico”, ma che se ciò non sarà possibile non resta che “l’opzione della guerra”. Jaafari ha spiegato che il suo paese ha posto la questione anche alla Lega Araba, invitando nuovamente la Turchia a ritirare le sue truppe dalla provincia settentrionale irachena di Ninive per evitare la nascita di un conflitto armato tra i due paesi.
Lunedì 28 dicembre il primo ministro turco, Ahmet Davutoglu, ha spiegato che la Turchia manterrà la sua presenza militare in territorio iracheno finché non verrà liberata la città di Mosul, nel nord dell’Iraq. Secondo il premier turco, il governo federale iracheno non ha adottato misure efficaci per contrastare lo Stato islamico, che ha conquistato Mosul nel giugno del 2014. “In linea con gli appelli delle autorità irachene, stiamo fornendo formazione e sostegno sia ai Peshmerga curdi che alle milizie” sunnite locali, ha detto Davutoglu, notando che la caduta di una città come Mosul nelle mani del terrorismo dimostra ancora una volta la necessità di un sostegno internazionale e della cooperazione con le forze locali contro le minacce incarnate dall’Is.
“Dobbiamo prendere tutte le misure necessarie, dall’organizzazione delle truppe fino ai rifornimenti di armi e munizioni”, ha dichiarato il premier turco. “L’obiettivo fondamentale dei militari che abbiamo inviato nella regione è proteggere i nostri istruttori e la popolazione di Mosul”, ha aggiunto Davutoglu, secondo cui Ankara resterà in costante allerta finché vi sarà la minaccia dello Stato islamico nell’area. Il 21 dicembre scorso, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha detto che la reazione dell’Iraq rispetto al dispiegamento di militari turchi nel nord del paese è “un esempio di ipocrisia”. Secondo il capo dello stato turco, Ankara è stata particolarmente sorpresa dall’atteggiamento di Baghdad che ha permesso a diversi gruppi curdi fuorilegge di entrare ed agire sul suo territorio, riservando misure forti solo per l’esercito turco.
Due giorni prima, il 19 dicembre, il governo turco aveva annunciato “movimenti” delle sue forze militari “dalla provincia di Ninive”, ammettendo “problemi di comunicazione” con il governo di Baghdad. Non è chiaro se questi “movimenti” comportassero il ritiro completo dei militari di Ankara dalle enclave turcomanne nel nord-ovest dell’Iraq. Il ministro della Difesa iracheno, Khalid al Obeidi, ha quantificato nei giorni scorsi la presenza delle forze turche in 1.550 uomini, 12 carri armati, 12 camion e 16 veicoli corazzati per il trasporto del personale. “Queste forze sono entrate dalla regione del Kurdistan iracheno”, ha sottolineato Obeidi.
In seguito alle pressioni della autorità irachene, la Turchia ha prima fermato il dispiegamento delle sue forze in Iraq, poi spostato parte delle truppe nella regione autonoma del Kurdistan iracheno. Gli addestratori turchi presenti nei campi del nord dell’Iraq dallo scorso marzo hanno formato in questi mesi più di 2.500 combattenti iracheni, tra cui diversi ufficiali, per combattere i terroristi dello Stato islamico.
Attacco di Mosca ad autobotti verso la Turchia
I jet russi hanno distrutto nella provincia siriana di Idlib 20 autobotti piene di petrolio in viaggio verso la Turchia. Lo ha reso noto il ministero della Difesa russo. Lo riporta Sputiniknews. Che aggiunge: “Le forze aeree russe hanno anche distrutto sei raffinerie controllate dai terroristi nelle province di Deir ez-Zor e Aleppo negli ultimi due giorni.