Riaperto il dossier dopo l’annuncio del taglio della Tasi. Perde peso lo scambio tra le addizionali Irpef riscosse dai Comuni e l’Imu che va allo Stato.
Il progetto della Local Tax, che dal 2016 dovrà sostituire Imu e Tasi ed accorpare gli altri tributi comunali in un’unica imposta, e con il quale il governo voleva dare un assetto definitivo alla fiscalità locale e alla tassazione sugli immobili, rischia di perdere peso. Complici le difficoltà tecniche che si stanno incontrando nella messa a punto del progetto, ma anche le scelte politiche maturate dal governo, come quella di eliminare le tasse sulla prima casa o il rinvio della riforma del catasto.
Nei prossimi giorni, al rientro dalla pausa estiva, il presidente del Consiglio Matteo Renzi troverà sul tavolo le prime proposte dei tecnici, coordinati dal sottosegretario all’Economia, Pierpaolo Baretta, e dal Consigliere economico del premier, Luigi Marattin. La Local Tax dovrebbe finire per assorbire l’Imu e ciò che resterà della Tasi, dopo l’abolizione del tributo sulla prima casa, con una radicale semplificazione della disciplina a beneficio dei contribuenti. Ma non sarà un tributo «unico». Accanto ad essa, infatti, sopravviverà un altro balzello, un canone di natura patrimoniale o tributaria, nel quale saranno accorpate le altre imposte comunali, quelle minori, come Cosap, Tosap, Cimp, essenzialmente le tasse sull’occupazione delle aree pubbliche e quelle su pubblicità e affissioni. Probabilmente, alla Local Tax, sopravviverà anche la Tari, se non altro perché una è un’imposta, l’altra è una tariffa, e insieme non possono stare.
Perde molto peso anche l’ipotesi di uno scambio tra le addizionali Irpef riscosse dai Comuni e il gettito dell’Imu sugli immobili produttivi, che oggi va allo Stato. Il concetto di fondo era quello di attribuire ai municipi le imposte sul patrimonio, allo Stato quelle sui redditi. Ma dopo l’annuncio di Renzi di voler eliminare le tasse sulla prima casa, lo scambio traballa. Se si togliesse anche l’addizionale né i possessori di una prima casa, né i contribuenti residenti finanzierebbero le spese di un Comune, ma ne voterebbero il sindaco.
Un meccanismo che fa a pugni con la logica del federalismo e che non piace neanche ai sindaci, già piuttosto contrariati per l’annunciata abolizione delle tasse sulla prima casa. Il gettito che oggi garantisce la Tasi, 3,2 miliardi di euro, dovrà comunque essere compensato dal governo. Con dei trasferimenti o girando ai Comuni il gettito di altre imposte. Una delle ipotesi è quella di attribuire ai sindaci l’incasso dell’Imu sui capannoni, che però vale un po’ di meno, circa 2 miliardi di euro.
Il piano della Local Tax, poi, doveva procedere insieme alla riforma del catasto, che scaduta la delega, il governo sembrava intenzionato a riproporre a settembre con la Legge di Stabilità. Nessuna decisione è stata presa, ma Palazzo Chigi, che aveva depennato la riforma qualche mese fa temendo fosse percepita come un aumento delle tasse, è ancora molto freddo sulla questione. E senza la riforma del catasto, che ha per giunta bisogno di qualche anno per entrare a regime, è difficile immaginare un assetto definitivo della fiscalità immobiliare, ingarbugliata da centinaia di interventi normativi.
Anche se la Local Tax sarà comunque un passo avanti. Quanto meno promette di essere più trasparente, mettendo fine alla giungla di aliquote e detrazioni (se ne contano oltre 100 mila) , e semplice da pagare per i contribuenti. La Local Tax avrà i bollettini precompilati dal Comune, e la normativa che l’accompagnerà prevederà stringenti obblighi di informazione per i sindaci. Ogni cittadino potrà controllare online non solo come il Comune spende i soldi, ma anche su come li chiede ai propri cittadini.
di Mario Sensini
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da Corriere della Sera.