Obama invia truppe di terra in Siria

Gli Stati Uniti cominceranno presto «azioni dirette sul terreno» contro l’Isis, in Iraq e in Siria. Lo ha detto il capo del Pentagono, Ashton Carter, durante un’audizione avvenuta …

Gli Stati Uniti cominceranno presto «azioni dirette sul terreno» contro l’Isis, in Iraq e in Siria. Lo ha detto il capo del Pentagono, Ashton Carter, durante un’audizione avvenuta ieri sera davanti al Senate Armed Services Committee. Carter ha annunciato che «non rinunceremo a sostenere i nostri partner negli attacchi contro l’Isis, o conducendo queste missioni direttamente, con bombardamenti dall’aria o azioni dirette sul terreno».

Con queste parole il capo del Pentagono ha confermato le anticipazioni del Washington Post, secondo cui i generali stavano facendo pressione su Obama, affinché mandi truppe speciali sul terreno in Siria e le avvicini alla prima linea in Iraq, per combattere l’Isis. Il presidente ha riflettuto su queste richieste, e a giudicare dalla testimonianza di Carter ha accettato la nuova strategia.

Obama aveva visitato il Pentagono a luglio, sull’onda della delusione per la caduta di Ramadi nelle mani dello Stato Islamico. Quindi aveva chiesto al nuovo segretario alla Difesa, Ashton Carter, di presentargli nuovi piani per cambiare la dinamica. Carter ha ordinato ai generali di produrre una nuova strategia, che la settimana scorsa è arrivata sulla scrivania dello Studio Ovale. Le ipotesi più ambiziose, tipo quella di creare una no fly zone o una buffer zone sul terreno, sono state escluse, perché richiedevano troppi uomini e troppi rischi, in particolare ora che anche gli aerei russi bombardano nella regione. Il Pentagono però ha proposto di mandare truppe speciali in Siria, non per lanciare singoli raid, ma per aiutare in maniera permanente gli alleati di Washingoton. In particolare l’obiettivo sarebbe quello di sostenere il gruppo curdo YPG, che dopo i successi ottenuti nel nord del paese sta preparando un’offensiva contro Raqqa.

Se la capitale dello Stato Islamico cadesse, sarebbe un successo capace di cambiare l’intera dinamica del conflitto, e quindi i generali chiedono ad Obama di appoggiare direttamente questa operazione. In Iraq, invece, lo sforzo non si concentrerebbe solo sul nord controllato dai curdi, ma anche sulle città della provincia sunnita di al Anbar conquistate dall’Isis. Da tempo si parlava di un’offensiva per riprenderle, e le truppe americane stanno addestrando quelle irachene che dovrebbero condurre l’offensiva, ma finora i progressi sono stati molto limitati. Il Pentagono quindi vorrebbe avvicinare i suoi uomini alla prima linea, per aiutare il contrattacco. Una possibilità è quella di inviare elicotteri Apache, per appoggiare le operazioni sul terreno.

Così, dopo la decisione di estendere a tutto il 2016 l’intervento in Afghanistan, arriva anche quella di tornare ad operare in Iraq, e scendere sul terreno in Siria. L’ambizione di Obama di mettere fine alle guerre iniziate dal predecessore Bush è stata cancellata dalla realtà sul terreno. Da qui si capiscono anche le pressioni che Washington ha fatto sugli alleati, inclusa l’Italia, affinché bombardino o assumano compiti più operativi oltre l’addestramento.

di Paolo Mastrolilli

Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da Il Secolo XIX

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