Come succede di frequente quando si parla di referendum, anche la consultazione di domenica prossima, che riguarda una ventina di concessioni dei giacimenti di idrocarburi offshore, si è trasformata in una questione di politica nazionale, anche per le spaccature del Pd. E la recente inchiesta per presunta corruzione nell’assegnazione di appalti per un sito petrolifero in Basilicata – che ha provocato le dimissioni del ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi (non indagata, a differenza del suo compagno) – ha rilanciato il tema del referendum, finora ignorato da gran parte dei cittadini.
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Domenica prossima, 17 aprile, dalle 7 alle 23, si votera’ per il referendum popolare abrogativo relativo alle trivellazioni in mare. Lo ricorda il ministero dell’Interno. Il corpo elettorale, si legge in una nota, ripartito negli 8mila Comuni e nelle oltre 61.500 sezioni elettorali del territorio nazionale, e’ costituito da a 46.732.590 elettori, di cui 22.465.001 maschi e 24.267.589 femmine (cui vanno sommati i quasi 3,9 milioni di residenti all’estero). Lo scrutinio dei voti, conclude il Viminale, iniziera’ nella stessa giornata di domenica, subito dopo la chiusura delle votazioni.
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LA QUESTIONE AL CENTRO DEL REFERENDUM
Il referendum riguarda un passaggio dell’ultima legge di Stabilità e chiede l’abrogazione delle concessioni per le piattaforme in mare che si trovano entro 12 miglia nautiche dalla costa e dalle aree protette. Secondo i dati del ministero dello Sviluppo, in totale le concessioni interessate sono 21: sette in Sicilia, cinque in Calabria, tre in Puglia, due in Basilicata e in Emilia-Romagna, una in Veneto e nelle Marche. Si tratta in grandissima parte di impianti Eni ed Edison. Si tratta di impianti precedenti alla normativa attuale che, per evitare rischi ambientali, consente attività di estrazione solo oltre il limite delle 12 miglia.
Chi è favorevole a porre fine alle concessioni vota sì, mentre chi vuole che si continui a estrarre gas e petrolio anche da quegli impianti vota no. Perché il referendum sia valido occorre raggiungere il quorum, cioè che il 50% più uno degli elettori vada alle urne.
Qualora il referendum superasse il quorum e il sì vincesse, le piattaforme non sarebbero chiuse immediatamente, ma alla fine dei periodi di concessione o proroga già autorizzati (o già richiesti). Secondo i sostenitori del referendum, il gas prodotto da questi impianti corrispondeva nel 2014 a poco più dell’1% dei consumi italiani, mentre per il petrolio la percentuale scendeva allo 0,8%. Rinunciarvi dunque non avrebbe un costo eccessivo, soprattutto mentre aumenta il peso delle energie rinnovabili. Per i sostenitori del no (tra cui ci sono anche esponenti sindacali), oltre a far rischiare il licenziamento a migliaia di dipendenti di aziende energetiche, il referendum aggraverebbe le necessità di approvvigionamento di energia italiane e il trasporto di greggio per mare, non eliminando dunque i rischi di inquinamento.
ASTENSIONISMO
Come in altre consultazioni, anche stavolta c’è il rischio dell’astensionismo. Negli ultimi 19 anni, solo i quesiti dell’acqua del 2011 sono riusciti a superare il quorum. Il premier e segretario del Pd Matteo Renzi, che è contrario al referendum, ha rivendicato la legittimità dell’astensionismo, nonostante le critiche della minoranza del suo partito. Peraltro i quesiti, sostenuti dalle associazioni ambientaliste e da partiti di opposizione come Sel e M5s, sono stati promossi da nove Regioni governate in grandissima parte dal Pd: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise.
I sostenitori parlano apertamente di un’iniziativa sulla politica energetica del’Italia, a favore delle energie rinnovabili e l’efficienza energetica, riducendo le emissioni di gas a effetto serra. Per Renzi l’Italia è già all’avanguardia nel settore delle rinnovabili, e anche raddoppiando la quantità di energia prodotta da rinnovabili “noi non abbiamo la possibilità nei prossimi dieci anni di fare a meno di carbone, gas e petrolio”.
di Massimiliano Di Giorgio – Reuters
Consuelo
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Riflettendo sulle esperienze di proprietari di immobili, mi sono convinto che dietro questa norma, apparentemente liberale, si cela una insidia: la violazione del diritto di proprietà; perciò occorre votare Sì nel referendum.
Se fossimo proprietari del sottosuolo, anche per le eventuali miniere, come negli Usa, non accetteremmo mai di fare un contratto di concessione come quello della norma ora vigente, per cui il concessionario può, senza alcun limite di tempo, occupare la miniera, sino al suo completo sfruttamento e non lo si può sfrattare se viola le regole di sicurezza e igiene. I pozzi di petrolio e di gas contenuti nel sottosuolo in Europa e in Italia, però, sono del pubblico demanio, che ci appartiene come cittadini-contribuenti…….
http://www.ilgiornale.it/news/politica/cosa-si-nasconde-dietro-scheda-1247693.html
Emtrader
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peter pan
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–
Téggna, téggna
taraghéggna,
chi t’à fàt
al tó pipóll..
Ma no, robyuan, non sono le piattaforme che Vi fanno spussare, ecco la spiegassion!!!!!
Ciao amico mio, vedi che parlo anche il riminese, ormai ho la cittadinanza onoraria!!!
robyuankenobi
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peter pan
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vincere al referendum. Percentuale massima di adesioni 25/30%
riuscire così ad evitare un’eventuale marea di petrolio che fuoriuscirà da qualche piattaforma, PERCHE’ COMUNQUE IL LAVORO DI TRIVELLAZIONE CONTINUERA’!!!
Ieri sera mi è capitato per caso di sentir parlare Emiliano sull’argomento: PENOSO semplicemente PENOSO, non sapeva quasi quasi nemmeno quello che diceva….
Confondeva il gas col petrolio e l’interlocutore faceva notare che il gas frutta. Ma sì tanto lo importiamo dall’estero quello che ci serve diceva il buon Emiliano, e poi per 350milioni di royalties all’anno…. senza parlare naturalmente del problema futuro dei posti di lavoro persi sui quali ha glissato indignitosamente.
Io mi associo a Renzi e dico: NON VOTATE LA BUFALATA DEL REFERUNDUM!!! NON VOTATE!!!!
Basta, ho già scritto troppo sull’argomento, andate tutti a Rimini e aprite una piattaforma di fronte al bagno 41, qualcuno se lo merita! Ah! Ma la legge attuale già non prevede la possibilità di ulteriori piattaforme…. chi lo sa se Emiliano lo sa…