Al Ducetto di Rignano è rimasta una settimana di tempo. Entro sette giorni deve decidere se passare dalla Dichiarazione di guerra all’Europa ai fatti.
Martedì prossimo è l’ultimo giorno per presentare l’Aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def). E lì ci dovrà essere scritto se intende o meno rispettare i Trattati europei sui conti pubblici. Venerdì, l’Istat gli potrebbe dare una mano, rivedendo al rialzo la stima del pil del 2015: così da far guadagnare qualche decimale di punto anche quest’anno. Ma è poca cosa.
Soprattutto dopo il messaggio di Mario Draghi recapitato da Piercarlo Padoan a Matteuccio. Il presidente della Bce ha riferito al ministro dell’Economia di dire al presidente del Consiglio che se il governo non pensa di migliorare il deficit strutturale nel 2017, il premier (***) avrà tutta l’Europa contro. Con il rischio che la Commissione Ue non faccia più finta di nulla di fronte al debito pubblico che, anzichè diminuire, continua ad aumentare.
Il messaggio è stato recapitato a Palazzo Chigi venerdì sera, poi Renzi è partito per New York. Quando l’ha ricevuto, il Ducetto è sembrato preoccupato. A Manhattan ha sparato a zero contro Juncker e la Germania: non proprio l’atteggiamento più consigliato per chi è già nel mirino della Commissione Ue.
Nella mente di Matteuccio continua a girare il sospetto che Padoan gli stia offrendo una situazione drammatica della finanza pubblica per imbrigliarlo, ed impedirgli di portare avanti la sua politica espansiva. Insomma, nel Giglio Magico più d’uno lo sospetta di collaborazionismo. Ma per capire chi vince la partita bisognerà attendere, appunto, martedì prossimo. A quel punto si saprà se il braccio di ferro lo ha vinto il cauto Padoan o Renzi Rodomonte.
Per allontanare i sospetti di infedeltà, Piercarlo avrebbe già la soluzione pronta. In un colpo solo gli avrebbe ridotto (sulla carta) la manovra di 15 miliardi. La “pensata” del ministro sarebbe quella di far slittare al 2018 il rispetto delle clausole di salvaguardia. Cioè, di quelle misure necessarie per scongiurare l’aumento dell’Iva.
Queste clausole se l’erano inventate la coppia Monti-Grilli, poi passate a Letta-Saccomanni e da due anni se le palleggiano Renzi-Padoan.
La mossa di Piercarlo, però, avrebbe finito per aumentare i sospetti di Renzi nei suoi confronti. Se le clausole slittano al 2018, vuol dire che per quell’anno vanno recuperati 15 miliardi. E così salta il taglio dell’Irpef, tanto caro a Matteuccio.
Fonte: Dagospia
Cesare Mais
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grazie, corretto. Era un refuso nel testo originale (avevamo visto 15mila miliardi, che e’ 15 miliardi…).
Consuelo
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“Quando la ricevuto, il Ducetto è sembrato preoccupato.”