Riforme, governo Renzi appeso al filo del referendum costituzionale

A pochi giorni dal via libera definitivo del Parlamento alla riforma costituzionale, Matteo Renzi ribadisce che in caso di fallimento del referendum confermativo di ottobre “trarrà le conseguenze”. In …

A pochi giorni dal via libera definitivo del Parlamento alla riforma costituzionale, Matteo Renzi ribadisce che in caso di fallimento del referendum confermativo di ottobre “trarrà le conseguenze”. In altre occasioni il premier aveva detto esplicitamente che se il governo perderà la consultazione considererà “fallita” la sua esperienza in politica.

“Se non vi fosse consenso popolare tanto da fare cadere il castello delle riforme su quella principale, è principio di serietà politica trarre le conseguenze”, ha detto lunedì 11 aprile Renzi intervenendo in aula alla Camera dove si sta svolgendo il dibattito prima del voto finale atteso per i prossimi giorni. Poco prima che il capo di governo prendesse la parola, le opposizioni hanno lasciato l’emiciclo in segno di protesta. L’obiettivo della riforma è principalmente quello di aumentare i poteri del governo centrale e di accelerare l’iter delle sue decisioni.

La revisione del titolo V della seconda parte della Costituzione toglie alcuni poteri alle Regioni – in particolare sull’energia, le grandi infrastrutture e il turismo – e li ridà allo Stato, invertendo almeno in parte la spinta federalista degli anni passati. Si tiene aperta la possibilità di concedere alcuni poteri alle Regioni ‘virtuose’ in tema di bilancio.

Il nuovo Senato, composto da 100 senatori contro i 315 attuali, non voterà più la fiducia al governo e avrà competenza solo su una parte delle leggi, con una prevedibile riduzione dei tempi necessari a varare provvedimenti.

Il ddl elimina definitivamente le Province e il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), modifica l’istituto del referendum (introduce una nuova soglia di 800.000 firme per quelli abrogativi e prevede quelli propositivi).

Il presidente della Repubblica sarà eletto dalle Camere riunite senza i delegati regionali e dalla settima votazione basteranno per eleggerlo i tre quinti dei votanti.

Si tratta della terza riforma costituzionale all’esame del Parlamento in 15 anni. Quella approvata nel 2001 dal centrosinistra introdusse nella Carta il federalismo regionale. Quella del centrodestra, che ampliava i poteri delle Regioni e introduceva il premierato, oltre a istituire il Senato federale, fu invece bocciata nel 2006 dal referendum confermativo. A ottobre la consultazione sulla riforma targata Matteo Renzi.

Fonte: Reuters

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1 commento

  1.   

    sembra evidente che Renzi cerchi un motivo plausibile per andarsene. tutto il suo mondo sta crollando. la parentopoli, amicopoli  di banchieri petrolieri   babbi mamme e cognati si sta disgregando. cerchiamo di accontentarlo  andando a votare e votandi SI.