«Contento di essere tornato in Rai senza aver dovuto usare strumenti giudiziari». Parla Michele Santoro, un fiume in piena, fiero di essere figlio Rai , non fiero di una televisione che va a pezzi. Fiero dei suoi programmi avversati ma di successo, non fiero dell’uso che ne è stato fatto. Fiero di essere quello che cerca il nuovo, nei linguaggi e nel modo di raccontare la società, non fiero di essere stato interpretato strumentalmente dalla rete. La politica stavolta non la tocca in trasmissione ma se Viale Mazzini gli dovesse offrire un programma sul Referendum costituzionale, lui lo farebbe subito.
Convinto di essere il miglior conduttore sulla piazza, non lo dice ma si sente, secondo solo, forse, a due forti competitor: Renzi o Berlusconi. Grandi sì ma solo se scossi da un giusto avversario, solo se messi in trasmissioni scomode per loro. Altrimenti Renzi da solo varrebbe l’1% di share. Per toccare il mitico 34% (come nella trasmissione in cui Berlusconi appunto da Santoro pulì la poltrona con il fazzoletto da taschino) ci va un antagonista di vaglia a ingaggiare il duello. «Bene anche il figlio di Riina da Vespa, bene tutto quello che crea indignazione, inutile quello che non genera discussioni». Lui comunque non si cala in una guerra all’audience con i due politici. «Tutti mi chiederanno di invitare Renzi ma non lo farò perchè ci penseranno già tanti altri. E lui farà quello che deve, in ogni modo non vedo altre alternative».
La trasmissione di Raidue
Ecco come torna Michele Santoro, con un programma dal titolo eloquente, “Italia” dal nome del dirigibile progettato dal comandante Umberto Nobile per raggiungere il Polo Nord. Un titolo scaramantico al contrario perché quel povero dirigibile fece una brutta fine? «Sì ma al Polo Nord ci arrivò. Vorrei solo che non si associasse il mio ritorno con il loro». Per questa Rai «nata da una rottamazione» gli editti bulgari d’antica memoria non servono più.
«Un tempo quando un programma non andava, si toglieva e basta, altro che editti. Oggi ci sono nuove culture e noi abbiamo il compito di sfuggire a una sintassi che ci costringe ad essere periferia, ovunque si sia. Abbiamo davanti un compito difficile e non sarà certo Pippo Baudo ad essere chiamato a risollevare le sorti della Rai». Azienda che resta comunque il suo editore privilegiato. «Preferisco fare il mio lavoro qui e non a La7 di Cairo che dopo aver preso i soldi di Telecom per fare programmi mai realizzati, vuole anche il canone, per poi comprare Repubblica, dopo il Corriere».
Dunque Santoro è alla ricerca di un senso, come avrebbe detto Vasco Rossi, ma da servizio pubblico, pur se un senso disordinato, un caos creativo, immagine che piace al dg della Rai Campo Dall’Orto al pari di quella del viaggio evocativo. E forse sarebbe andato bene a tutti loro anche un programma in piazza, in mezzo alla gente, ma, «Troppo oneroso economicamente».
Sulle orme di Sciuscià
Allora la diretta di mercoledì sera e che andrà in onda su Raidue in prima serata, parte dagli studi De Paolis a Roma. «La prima tappa del viaggio di “Italia” ha un po’ il sapore dei ricordi, tra Ibiza e Dubai, una sorta di rilettura di “Tuttiricchi”, lo “Sciuscià” del 2001. All’epoca, in pieno fermento berlusconiano, davvero si pensò che tutti potevamo diventare ricchi, la gente ci credeva. Oggi la crisi economica ha portato a un’epoca di disillusione profonda». Però si può fingere alla ricchezza. «”Tutti ricchi (per una notte)”», si spinge nei luoghi dove vanno i ricchi e dove ancora loro girano.
«Dunque i personaggi dello spettacolo che un tempo erano testimonial di un modo di pensare e oggi sembrano simulacri in parallelo con la decadenza dei vecchi politici e con l’affermarsi dell’ideologia web. Dopo il reportage si torna in studio per parlare del tema con ospiti come Briatore, portatore di un modo passato di concepire la ricchezza, figura emblematica del passaggio e due sindaci, Giuseppe Sala di Milano e Luigi De Magistris di Napoli, più tanti altri sconosciuti, l’artista del web, il giovane rapper…». Pensa di rischiare il brutto? «Meglio che essere certi del banale». Pensa di rischiare l’effetto Cineforum? «Vorrà dire che abbiamo fallito l’esperimento». Quattro puntate di cui la seconda il 15 dicembre all’indomani del voto, più altre due chiamate”M”, nelle quali «cercherò di fondere tv, cinema e inchiesta giornalistica».
Tutto un passaggio per arrivare al nuovo format: «Il mio sogno sarebbe chiudere Renzi e Grillo in una stanza. Il titolo della trasmissione sarebbe “La Soluzione”. Tutto un film di montaggio fino alla svolta trovata, appunto La Soluzione».
Il caso Berlinguer
L’accordo Rai con Santoro prelude ad altri progetti tra i quali non ci sarà di certo quello con Bianca Berlinguer: «Il suo avvicendamento alla direzione del Tg3 era cosa naturale ma fu fatta in modo grossolano e io le sono stato accanto come amico. Lei era molto scossa e pensò di lasciare un segno costruendo qualcosa di nuovo e io l’ho aiutata in modo disinteressato, appunto da amico. L’Azienda le ha concesso opportunità difficili ma buone a questo punto bisognava capire se lei avrebbe voluto costruirsi il programma da sola o se avrebbe preferito chiamare un “architetto” a costruirglielo attorno. Fossi stato chiamato da architetto, avrei disegnato la casa per poi firmarla, ovviamente, altrimenti, niente. Credo sia giusto che lei si confronti autonomamente con una nuova avventura. Dunque nessun divorzio, siamo e restiamo amici».
Fonte: La Stampa