Oltre alle pistole anche agli agenti fuori servizio, nella strategia di prevenzione messa in campo dalle forze dell’ordine italiane c’è anche un netto incremento delle infiltrazioni negli ambienti considerati a rischio. L’obiettivo numero uno è monitorare e isolare i radicalizzati che si nascondono nei gruppi di culto e di preghiera, individuare potenziali “lupi solitari” e ridurre al minimo le occasioni di reclutamenti-lampo.
A confermare la strategia è stato il direttore dell’Aisi, Mario Parente, che al Copasir ha snocciolato qualche dato da tenere a mente, come quello sul flusso di migranti proveniente dall’Egitto, che continua a crescere: il numero è praticamente raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Ciò significa che da gennaio 2016 a oggi, complessivamente, il numero degli sbarcati è però sugli stessi livelli del 2015. E già all’epoca si parlava di cifre importanti.
Il livello di guardia innalzato riguarda anche i cosiddetti “soft target” potenzialmente a rischio. Sono luoghi della vita quotidiana, che richiedono ormai una tutela maggiore. Gli obiettivi ritenuti tradizionalmente sensibili continuano ad essere vigilati, ma contemporaneamente cresce anche l’attenzione per tutti quei luoghi dove, a prescindere dalla eventuale coincidenza con eventi particolari, si determina un affollamento particolare di persone. E il controllo è capillare su tutto il territorio, con zone di coperture aumentate significativamente. Oltre al web e le carceri, luoghi dove l’indottrinamento e l’arruolamento avviene in tempi rapidissimi, c’è anche un dispositivo sempre più diffuso sul territorio, di fatto una rete di informatori dell’intelligence, che monitora, moschee e centri culturali islamici, ma anche i luoghi di aggregazione, come locali pubblici, bar, negozi di kebab, dove in qualche caso e possibile che si verifichino incontri anche per discutere e progettare eventuali atti ostili.