Tasse, al Nord-Est i contribuenti più fedeli. A Sud rischiosità fiscale altissima

Sono i cittadini del Trentino Alto Adige i più corretti, seguiti da quelli di Veneto e Piemonte. Lazio a metà “classifica”, in coda Campania, Sicilia e Calabria. Ecco …

Sono i cittadini del Trentino Alto Adige i più corretti, seguiti da quelli di Veneto e Piemonte. Lazio a metà “classifica”, in coda Campania, Sicilia e Calabria. Ecco i dati dello studio condotto dalla Cgia di Mestre.

Sono i cittadini del Nord i contribuenti più fedeli al fisco mentre le regioni del Sud presentano una rischiosità fiscale più elevata, anche se si stanno registrando segnali di una importante inversione di tendenza. È, in sintesi, il risultato di uno studio della Cgia di Mestre che presenta una vera e propria mappa dell’evasione.

Il grado di fedeltà fiscale premia, dunque, le regioni del Nord e in particolar modo quelle del Nordest, dove, come emerge dalla ricerca, la correttezza dei contribuenti nei confronti del fisco si attesta, secondo su livelli molto più elevati che nel resto del Paese. La palma dei cittadini più ligi con il fisco spetta ai residenti del Trentino Alto Adige, dove il grado di valutazione della fedeltà fiscale è il più elevato (indice pari a 166,4). Seguono gli abitanti del Veneto e del Piemonte (entrambi con indice 133,5), quelli del Friuli Venezia Giulia (127,9), dell’Emilia Romagna (125,7), della Valle d’Aosta (123) e della Lombardia (121,5). Nella terza fascia, quella medio alta, troviamo gran parte delle regioni del Centro, capeggiate dall’Umbria (117,2), mentre l’Abruzzo (101,3) è pressoché in linea con il dato medio Italia (100). La rischiosità fiscale più elevata, invece, la riscontriamo in particolar modo al Sud. Nella classe di fedeltà medio-bassa si inseriscono la Puglia (95,6), la Basilicata (94,5) e il Lazio (92,1). Infine, nella zona ad alta pericolosità fiscale troviamo il Molise (80,4), la Campania (79,7), la Sicilia (78) e, all’ultimo posto, la Calabria (73,8).

Per arrivare a questo risultato, la Cgia ha messo a confronto i risultati emersi dall’analisi di 5 indicatori relativi a ciascuna delle 20 regioni d’Italia: ovvero, l’incidenza dei redditi dichiarati sui consumi; la quota dei redditi dichiarati su quelli disponibili; il tasso di irregolarità degli occupati; la litigiosità fiscale e la stima della compliance degli studi di settore. Per ciascun indicatore è stato posto a 100 il dato nazionale e sono stati ricalcolati i valori delle 20 regioni italiane attraverso una proporzione. Il risultato finale è stato ottenuto come media dei valori ricalcolati per i 5 indicatori che compongono l’indice.

A valori più elevati dell’indice corrisponde un grado di fedeltà fiscale presunta più elevato. ”Secondo le stime del Governo – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – l’evasione di imposta presente in Italia si aggira attorno ai 90 miliardi di euro all’anno. Essendo pressoché impossibile ripartire in maniera puntuale a livello territoriale questo mancato gettito, sappiamo, dai dati del ministero dell’Economia, che al Sud il rapporto tra le imposte evase e il gettito potenziale è più elevato che nel resto del paese. E in alcuni casi sfiora il 60 per cento, ovvero 60 centesimi di gettito evaso per ogni euro regolarmente versato”.

“In linea teorica, comunque, possiamo affermare che 20,9 milioni di cittadini residenti nel Mezzogiorno (Sardegna esclusa) presentano una rischiosità fiscale molto elevata, mentre il livello di pericolosità dei 39,9 milioni di abitanti del centronord è relativamente molto basso (Lazio escluso)”, dice Zabeo. La Cgia segnala che in questo studio non sono state tenute in considerazione le situazioni di criminalità, di disagio economico, di degrado ambientale, di disoccupazione etc., presenti nel Paese che solitamente alimentano l’evasione fiscale. Nonostante ciò, i dati del Sud presentano livelli di pericolosità fiscale molto preoccupanti che tuttavia negli ultimi anni hanno assunto delle dimensioni più contenute.

”Anche al Sud – dichiara il segretario della Cgia Renato Mason – ci sono dei segnali che ci consentono di affermare che è in atto una importante inversione di tendenza. Cosa che non succedeva da moltissimi anni. Sul fronte della diffusione del lavoro nero, ad esempio, tra il 2000 e il 2013 questa ripartizione territoriale ha segnato la contrazione del tasso di irregolarità degli occupati più elevata di tutte le altre. A dimostrazione che anche nel Mezzogiorno ci sono dei segnali di legalità che vanno rafforzati, attraverso la crescita e l’occupazione per mezzo degli investimenti”.

Tag

Partecipa alla discussione