Al netto dei contributi previdenziali, le imprese italiane pagano 98 miliardi di tasse all’anno. Tra i principali paesi Ue, denuncia l’Ufficio studi della Cgia, solo le aziende tedesche e quelle francesi versano in termini assoluti piu’ delle nostre, rispettivamente 131 e 103,6 miliardi di euro, ma va ricordato che la Germania conta una popolazione di 80 milioni di abitanti, la Francia 66 e l’Italia 60.
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Il peso della tassazione sulle imprese italiane e’ invece al top nell’Ue. Calcolando la percentuale delle tasse pagate dalle aziende sul gettito fiscale totale, l‘Italia si piazza al primo posto (14 per cento), sul secondo gradino del podio si posiziona l’Olanda (13,1 per cento) e sul terzo il Belgio (12,2 per cento). Tra i nostri principali competitor, la Germania registra l’11,8 per cento, la Spagna il 10,8 per cento, la Francia e il Regno Unito il 10,6 per cento. La media Ue, invece, e’ dell’11,4 per cento.
“Alle imprese italiane”, dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo, “viene richiesto lo sforzo fiscale piu’ pesante d’Europa. Sebbene la giustizia civile sia lenta e in molte aree del paese anche poco efficiente, l’eccesso di burocrazia abbia raggiunto livelli difficilmente riscontrabili altrove, la Pubblica amministrazione sia la peggiore pagatrice d’Europa e il deficit logistico-infrastrutturale sia pesantissimo, la fedelta’ fiscale delle nostre imprese e’ molto elevata. In altre parole, gli imprenditori italiani pagano molto di piu’ dei concorrenti europei, ma, per contro, continuano a ricevere servizi di basso livello qualitativo”.
L’Ufficio studi della Cgia osserva che “l’incidenza percentuale delle tasse pagate dalle imprese sul totale del gettito fiscale e’ un indicatore che aiuta a comprendere l’elevato livello di tassazione a cui sono sottoposte le aziende. Si tenga presente che le imposte italiane considerate in questa analisi su dati Eurostat sono: l’Irap, l’Ires, la quota dell’Irpef in capo ai lavoratori autonomi, le ritenute sui dividendi e sugli interessi e le imposte da capital gain. L’istituto di statistica europeo, pero’, non considera altre forme di prelievo per le quali non e’ possibile effettuare un confronto omogeneo con gli altri paesi presi in esame in questa comparazione. Ci riferiamo ai contributi previdenziali, all’Imu/Tasi, al tributo sulla pubblicita’, alle tasse sulle auto pagate dalle imprese, alle accise, ai diritti camerali, etc. Possiamo quindi affermare con buona approssimazione che in questa elaborazione l’ammontare complessivo del carico fiscale sulle imprese italiane e’ certamente sottostimato”.
“Con troppe tasse e pochi servizi”, segnala il segretario della Cgia, Renato Mason, “e’ difficile fare impresa, creare lavoro e redistribuire ricchezza. Soprattutto per le piccole e piccolissime imprese che per loro natura non possono contare su strutture amministrative interne in grado di gestire le incombenze burocratiche, normative e fiscali che quotidianamente sono costrette a fronteggiare”. La riprova che in Italia il peso dei tributi sulle imprese e’ elevato emerge anche dai dati messi a disposizione dalla Banca Mondiale (Doing Business). Pur ammettendo che “da un punto di vista metodologico questa comparazione presenta una serie di limiti”, l’Ufficio studi della Cgia sottolinea che in Italia il totale delle imposte pagate in percentuale sui profitti commerciali di un’impresa media e’ pari al 64,8 per cento. Nessun altro paese dell’Eurozona subisce un’incidenza cosi’ elevata. La Francia, che si posiziona al secondo posto, si attesta al 62,7 per cento e il Belgio, che presidia la terza posizione, e’ al 58,4 per cento. Rispetto alla media dell’area dell’euro (43,6 per cento) le imprese italiane scontano un differenziale di oltre 21 punti percentuali.
“Pur riconoscendo l’impegno profuso dal Governo Renzi”, conclude Paolo Zabeo, “le imprese italiane continuano ad avere un total tax rate che non ha eguali nel resto d’Europa. Pertanto, e’ necessario che l’esecutivo, in attesa delle riduzioni dell’Ires e dell’Irpef, attui da subito una moratoria fiscale che sterilizzi qualsiasi aumento di tassazione a livello nazionale e locale ed eviti, come purtroppo e’ successo negli ultimi 2 anni per i trasporti, la diminuzione delle deduzioni/detrazioni fiscali che si sono tradotte nell’ennesimo aumento di imposta per moltissimi imprenditori”. La situazione migliora, anche si di poco, se analizziamo la pressione fiscale generale in percentuale del Pil che grava su ogni paese. A eccezione della Francia e dei paesi del nord Europa, il confronto con i principali partener economici ci vede notevolmente penalizzati. Se il peso delle tasse e dei contributi previdenziali che ricadono sui contribuenti italiani si e’ attestato nel 2015 al 43,5 per cento del Pil, in Germania (39,6 per cento) e’ inferiore di quasi 4 punti, nei Paesi Bassi (37,8 per cento) di 5,7 punti, nel Regno Unito (34,8 per cento) di 8,7 punti e in Spagna (34,6 per cento) di quasi 9. (AGI)
Cesare58
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