Discorso al Congresso a sedute riunite: il neo-presidente legge per un’ora e 5 minuti un testo scritto da altri, a mala pena riesce ad andare in fondo alle frasi. Democratici fermi e seduti, repubblicani scatenati negli applausi.
Un discorso caratterizzato dai soliti temi da campagna elettorale (il muro con il Messico – ma non ha detto che lo pagheranno i messicani), il contrasto all’immigrazione clandestina, la rimessa in moto dell’economia, investimenti in infrastrutture. Nessuno dei programmi, che costeranno miliardi, ha copertura economica. E Trump vuole abbassare le tasse. Come farà? Impossibile.
Infine, ritracciamento totale in politica estera. Nemmeno un accenno a: Siria, Iran, Corea del Nord, Russia, ovvero tutti i centri di tensione del globo. Insomma l’America di Trump guarda al suo ombelico e rinuncia al ruolo di superpotenza. Una presidenza monca.
“Stiamo prendendo misure forti per proteggere il nostro Paese dal terrorismo radicale islamico. Non è compassione ma incoscienza permettere un ingresso incontrollato da luoghi dove non esistono controlli adeguati”. Vedi quanto accaduto e accade in Europa. Cosi’ Donald Trump, nel suo primo intervento davanti al Congresso, annuncia il nuovo bando atteso per le prossime ore.
Tendendo però la mano al Congresso e lanciando un appello all’unità, anche per realizzare una riforma dell’immigrazione condivisa. “Non permetteremo che gli Stati Uniti diventino un santuario per gli estremisti”, ribadisce Trump. Anche se la seconda versione del divieto sugli ingressi – secondo le indiscrezioni – sarà molto più limitata rispetto a quella bocciata dai giudici: non dovrebbe riguardare i visti esistenti, i residenti permanenti e le green card. E non dovrebbe più coinvolgere l’Iraq, riducendo a sei i Paesi a maggioranza musulmana interessati. Appare subito chiaro come i toni del presidente americano siano meno animosi del solito. Anche se l’imminente inizio della costruzione del muro col Messico viene ribadita con forza.
Il suo discorso è però forse il primo davvero rivolto alla nazione intera, e non solo ai suoi fedelissimi sostenitori. Persino l’ostile Washington Post parla di un intervento ‘sorprendentemente presidenziale’, dove sparisce quella visione cupa che ha caratterizzato la campagna elettorale del tycoon e il suo primo mese alla Casa Bianca. Lo scenario dell’ ‘American carnage’ evocato nel giorno dell’insediamento viene sostituito da una visione più ottimistica del futuro.
Visione in cui addirittura trova spazio uno degli slogan iconici di Barack Obama: ‘hope’. “Dobbiamo avere il coraggio di esprimere le nostre speranze. E sperare – afferma Trump – che queste speranze e i nostri sogni si trasformino in azioni”. “Da ora in poi l’America sarà guidata dalle nostre aspirazioni, non oppressa dalle nostre paure”, insiste il presidente americano, che strappa numerose standing ovation da parte repubblicana, cancellando la freddezza di deputati e senatori democratici che per la gran parte del discorso restano seduti e mettono in pratica una sorta di sciopero degli applausi.
Per giustificare la stretta sugli immigrati Trump ricorre anche all’impatto che questa – a suo dire – avrà sul mercato del lavoro e sulle finanze: “Alzeremo i salari, aiuteremo i disoccupati, risparmieremo miliardi di dollari, oltre a rendere le nostre comunità più sicure per tutti”. Lancia poi l’appello per una riforma delle tasse “epocale” che contempli “enormi tagli” per la classe media e le aziende, e per una nuova riforma sanitaria: “Dobbiamo salvare gli americani da questo disastro dell’Obamacare che sta implodendo”.
Trump ribadisce quindi la volontà di incrementare cospicuamente le risorse per la difesa: “Per mantenere l’America sicura dobbiamo fornire agli uomini e alle donne del nostro esercito tutti i mezzi necessari per prevenire le guerre. E, se necessario, per combattere e vincere”. “Un nuovo capitolo della grandezza dell’America sta iniziando”, ha concluso il presidente americano. Promosso da gran parte degli osservatori alla sua prima vera prova davanti al Congresso.