La Germania per rimettere in riga Matteo Renzi e il riottoso Governo portoghese sta ventilando una nuova mossa che metterebbe con le spalle al muro Portogallo, Italia, Grecia e Spagna.
Si sta aprendo una nuova crisi dell’euro. I problemi del debito statale si stanno di nuovo intrecciando con quelli dello stato “comatoso” di molte banche del Vecchio Continente e sommando ad una crescita insoddisfacente (per Eurolandia lo 0,3% nel quarto trimestre dell’anno scorso) e al preoccupante rallentamento dell’Italia (la cui crescita è stata solo dello 0,1% negli ultimi tre mesi del 2015). Nel frattempo vengono ventilate nuove regole per le banche europee che tendono a mettere con le spalle al muro i Paesi in difficoltà che si ribellano contro l’idea di nuove misure di austerità. Il risultato è di legare sempre più indissolubilmente la crisi del debito pubblico a quella bancaria e di far precipitare una nuova crisi dell’euro. Ma procediamo con ordine.
L’Italia rischia infatti di essere l’epicentro di questa nuova crisi. I dati mostrano che l’anno scorso il debito pubblico italiano è ammontato a 2.169 miliardi di euro (quelli ufficiali, ma in realtà sono molti di più: basti pensare ai 70 miliardi di euro che lo Stato italiano deve ancora alle imprese) con un aumento di 33 miliardi rispetto al 2014. Ciò vuol dire che il debito pubblico italiano supera il 132% del PIL, inferiore solo a quello greco, e di dimensioni circa uguali a quello del Portogallo che sta facendo da apripista a queste nuove difficoltà con i rendimenti delle obbligazioni statali in forte aumento e con una differenza rispetto a quelli tedeschi che ha superato i 400 punti base, segno che Lisbona rischia presto di perdere l’accesso al mercato dei capitali per finanziare il proprio debito pubblico.
Se il Portogallo veleggia in acque in tempesta, la situazione non è molto migliore per la Spagna, il cui deficit pubblico è stato l’anno scorso pari al 4,8% del PIL e quindi nettamente superiore agli impegni presi con Bruxelles per non parlare della Grecia con un Governo di Atene che ha difficoltà a far passare un nuovo taglio alle pensioni. Questi Paesi sono di nuovo con l’acqua alla gola e Bruxelles chiederà sicuramente il rispetto degli impegni assunti con l’Unione Europea e quindi nuove misure di austerità.
Un compito improbo soprattutto per il Governo Renzi che, considerati i dati economici deludenti, sarà molto probabilmente costretto a trovare 15 miliardi di euro di euro per rispettare le clausole di salvaguardia che Roma ha sottoscritto in caso di non rispetto degli obiettivi di deficit pubblico. Questa spada di Damocle è la causa principale della polemica avviata dal Presidente del Consiglio italiano nei confronti di un’Unione Europea, accusata di aver perso qualsiasi ideale e di essere diventata schiava di tecnocrati tetragoni.
Il dramma di Matteo Renzi non si ferma al mancato rispetto degli obiettivi di bilancio, ma riguarda lo stato precario del sistema bancario gravato da almeno 85 miliardi di sofferenze nette. La prospettiva di altri “bail in”, ossia di risoluzioni di altre crisi bancarie con la spoliazione dei detentori di obbligazioni subordinate delle banche, come avvenuto con la Banca Etruria e altri tre piccoli istituti di credito, sta rendendo difficile in Italia, ma anche in altri Paesi la raccolta del risparmio.
La regola del “bail in” sta infatti diventando un meccanismo infernale. E’ stata voluta per ridurre che i contribuenti vengano nuovamente chiamati a pagare i salvataggi bancari, come accadde nel 2008, ma ora i corsi delle obbligazioni (soprattutto quelle subordinate) emesse dalle banche e i Credit Default Swap (uno strumento che protegge oil detentore di un’obbligazione contro il rischio di insolvenza del creditore) stanno diventando un termometro della febbre delle banche e quindi un fedele indicatore dello stato comatoso di molte banche europee.
Ora la Germania per rimettere in riga Matteo Renzi e il riottoso Governo portoghese sta ventilando una nuova mossa che metterebbe con le spalle al muro Italia, Portogallo, Grecia e Spagna. Il meccanismo è tecnico, ma molto semplice. Oggi le banche non devono avere riserve sui titoli statali che detengono, poiché si riteneva che non presentassero alcun rischio. Berlino sostiene che le ultime vicissitudini di Eurolandia, vedi Grecia, hanno mostrato che anche questi titoli possono presentare un rischio di credito.
Quindi propone che si stabilisca un limite del 25% di patrimonio di titoli di Stato per ogni singola banca. Al di sopra di questo limite devono essere costituite delle riserve per coprire i rischi di insolvenza. Come tutti sanno, le banche dei Paesi europei in difficoltà sono piene di questi titoli. Le banche italiane ne detengono 400 miliardi euro. Quindi, l’introduzione di questa regola costituirebbe un’ulteriore “tegola” che andrebbe ad aggiungersi a quelle dei crediti inesigibili e le obbligherebbe a varare degli aumenti di capitale che nelle condizioni attuali sarebbero un esercizio estremamente oneroso se non addirittura impossibile.
Trovare un’intesa a livello comunitario appare impossibile, ma il solo ventilare questa ipotesi contribuisce ad aggravare la crisi delle banche del Vecchio Continente. Insomma, una proposta che acuisce la crisi dei debiti inesigibili che affliggono la maggior parte delle banche europee.
di Alfonso Tuor
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da TicinoNews