Un prete antiusura del Veneziano racconta gli incubi e le paure di imprenditori, correntisti e soci della banca che ha creato un buco di 1,4 miliardi nel bilancio 2015, mandando in fumo i risparmi di circa 119mila persone.
Quando le hanno provate tutte e non sanno più dove sbattere la testa si rivolgono a don Enrico Torta. Il parroco di Dese vicino a Venezia che dopo essersi occupato di usura, a 78 anni guida gli azionisti e i correntisti della Popolare di Vicenza che hanno visto svaporare i risparmi. «Le telefonate sono continue. Li sento piangere, persone disperate che non hanno più nemmeno la forza di reagire». I soci in difficoltà sono 119 mila. Il buco di bilancio del 2015 viaggia sul miliardo e 400 milioni di euro. Pure declinato nel rivolo di azionisti, una batosta spesso letale. Patrizio Miatello, impresa di trasporti a Vedelago vicino a Treviso e braccio destro di don Torta, ai numeri della banca aggiunge le cifre del costo sociale del dissesto. «Abbiamo salvato più di 100 persone che volevano suicidarsi a causa di questi “piccoli problemi”», denuncia alla tribuna dell’assemblea della Popolare.
L’ARTIGIANO
C’è un artigiano che di «piccoli problemi» ne ha due. Uno con la Popolare di Vicenza e uno con un’altra banca. La sua officina meccanica è una di quelle che lavorando nell’indotto partecipa a tenere in piedi l’intera economia del Nord-Est. I risparmi di una vita di sacrifici – 40 anni in officina, sabato e domenica compresi, niente Natale o Pasqua – li aveva investiti tutti nella Popolare. Quando ha scoperto che le sue azioni erano arrivate a valere lo 0 virgola niente, per non chiudere è andato a bussare a un’altra banca. Gli effetti lunghi della crisi, l’impossibilità di fornire solide garanzie se non il proprio lavoro, hanno fatto il resto. «Quando gli hanno detto che se non rientrava subito gli avrebbero tolto la casa è crollato. L’ho sentito piangere: “Se questa è la vita che devo fare tanto vale uccidersi”. Si sentono annientati e soli. Abbandonati da politica e da istituzioni. Aveva bisogno di 10 mila euro. Sembrano pochi ma sono tanti in certi casi. La Provvidenza lo ha fatto incontrare con una persona buona. Ma quanti finiscono nel giro degli usurai?», racconta don Torta del piccolo artigiano alle prese con le carte bollate per salvare vita e azienda.
IL MACELLAIO
Il suo negozio andava bene. Bastavano lui dietro al bancone e la moglie alla cassa, per tirare avanti più che dignitosamente. La figlia no. Per la figlia sognava un altro futuro, lontano da questo paesino del Nord-Est. Adesso che finalmente si era laureata e si doveva sposare, aveva pensato di regalarle la casa. Una consuetudine tra queste famiglie con un alto valore della famiglia. «Di fronti a dissesti come questi si guarda sempre ai conti economici. Poi ci sono i drammi umani. Le situazioni di disagio si contano a decine. Dove non ti nascondono ti aver pensato di farla finita», ammette l’avvocato Andrea Arman anche lui alla guida di un’associazione di azionisti della banca. «Il macellaio aveva depositato 600 mila euro. Quando chiese di prelevarne 400 mila euro per costruire la casa della figlia si sentì fare una proposta che sembrava allettante. La banca gli avrebbe concesso un prestito di 400 mila euro. In cambio avrebbe sottoscritto azioni della Popolare per 600 mila euro. Ora si trova senza più il capitale e con un debito enorme con il rischio che gli tolgano casa e negozio».
LA PENSIONATA
I casi disperati sono tra gli anziani. Dopo una vita di lavoro da impiegata in una piccola fabbrica della zona era riuscita a mettere da parte 65 mila euro. Nemmeno troppi, abbastanza per questa donna sola, senza marito o figli. La pensione da 900 euro è sufficiente se si sanno fare i giochi di equilibrio. «Quella donna non ha più nulla. Nelle carte della banca risulta aver accettato i suggerimenti di chi sta dietro le sportello. Facile che abbia firmato, visto che questa donna sa zero di finanza. “La serenità della mia vecchiaia era in quel conto. Ho perso soldi e la serenità per andare avanti”. Cosa puoi dire a una donna così?», chiede a tutti don Torta.
MADRE E FIGLIO
L’avvocato Arman non cura la parte legale degli azionisti. «Questione di principio. Però in studio ne vedo arrivare a decine. L’ultimo pochi giorni fa. Un ragazzo rimasto orfano di padre da poco tempo. Con una parte dei risparmi della madre – stiamo parlando di 25 mila euro – volevano pagare il rito funebre. Ma in banca sono rimasti 130 euro. Tutto il resto se l’è mangiato la Popolare di Vicenza. Le azioni bloccate dalla banca erano state acquistate dalla donna che a 78 anni era indicata nel profilo Mifid come “diplomata con la propensione ad investimenti ad alto rischio”. Ma lei ha solo la licenza media, nemmeno un risparmio da parte e tutta la disperazione di chi non ha più niente».
di Fabio Poletti
Fonte: La Stampa