Regno Unito a un passo dal sì di Bruxelles al freno per l’immigrazione, ma potrebbe non bastare a evitare l’uscita dall’Unione. Intanto il premier italiano dall’Africa cerca un nuovo scontro con Juncker.
“La mia Africa” di Renzi parte dall’attacco a Bruxelles. Il premier italiano, in visita diplomatica in Ghana, elogia il Continente nero ma in realtà il suo obiettivo è un altro, molto più a nord. L’Unione europea si sta disgregando sotto i colpi dell’euroburocrazia e la fine del Trattato di Schengen sulla libera circolazione, e il clima è da “si salvi chi può”, così l’inquilino di Palazzo Chigi prova a tirare acqua al suo mulino: “Se vogliamo risolvere il problema dell’immigrazione serve una strategia di lungo periodo non polemicucce da quattro soldi”.
Come sempre accade, mentre il medico studia il paziente intanto muore. E in questa storie le vittime sono drammaticamente centinaia. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni solo nel mese di gennaio sono già 368 le persone sono morte mentre cercavano di attraversare il Mediterraneo in cerca di un futuro sulle coste dell’Europa. L’Oim specifica che la maggior parte, circa 272, hanno trovato l’epilogo delle loro vite nelle acque dell’Egeo. Il numero che colpisce più di tutti al cuore è comunque 330, ovvero il numero di bambini annegati negli ultimi 5 mesi. Queste cifre ricadono inesorabilmente sulle spalle del Vecchio continente e delle sue istituzioni, soprattutto perché non è riuscita a tirar fuori uno straccio di piano strategico per bloccare questo flusso inarrestabile di vite umane, perché non ha saputo capire le svolte geopolitiche dei territori oppressi da guerre e carestie (l’elenco è lungo: dalla Libia alla Siria, dalla Tunisia all’Afghanistan, all’Iraq), seguendo talvolta la pancia (vedi il caso Gheddafi) e sempre più spesso la logica del rigore (della serie: mettiamoci alla finestra e aspettiamo gli eventi).
Certo, manca una politica unitaria in Ue, mancano le forze militari uniche, manca l’unione finanziaria per sostenerli gli interventi. Ma queste sono altre colpe che si vanno ad aggiungere alla miopia di certi governanti a Bruxelles.
E a far deflagrare definitivamente l’Europa potrebbe essere il Regno Unito. Lo ha capito anche il presidente del Parlamento Ue, Martin Schulz, con una insolita sincerità. “Probabilmente riuscirà a raggiungere un accordo con l’Unione europea sulle riforme volte a mantenere il regno britannico nel blocco dei Ventotto, ma questo potrebbe non essere sufficiente a convincere gli elettori britannici a votare ‘sì’ al referendum sulla permanenza nell’Europa”, ha detto il leader del Pse.
L’accordo sul meccanismo per frenare l’immigrazione potrebbe avvenire già martedì 2 febbraio, tra il premier inglese David Cameron e i funzionari Ue, ma ha ragione Schulz: “Non so se questo sia sufficiente. Dovremo vedere”.
La sostanza dell’intesa sta nelle parole del presidente del Consiglio Ue, Donadl Tusk, scritte nero su bianco nella proposta avanzata al leader britannico: salvaguardare i diritti degli Stati membri fuori dalla zona euro ma “no” al veto sulle decisioni dell’Eurozona. Una modifica che lo stesso Cameron definisce “sostanziale”, ma che soddisfa le richieste sebbene, scrive su Twitter, ci siano ancora “cose importanti su cui lavorare e dettagli da fissare bene”. In concreto, la Gb porta a casa il successo e l’Europa accetta. In poche parole: la fine dell’Unione non è poi così lontana.
Red.it