Il tycoon in tv dice di aver rivisto la sua posizione sulle interruzioni di gravidanza e se la prende con chi è incinta, poi rettifica e vira sui medici. E sull’Isis: “Non escludo di rispondere con una bomba nucleare”.
Marcia indietro del magnate Donald Trump dopo le dichiarazioni alla Msnbc sul punire le donne che abortiscono procedure illegali. “È il medico che pratica l’aborto illegale a dover essere punito, non le donne”, ha ritrattato poi il candidato alla nomination repubblicana. La sua dichiarazione durante un’intervista all’emittente statunitense ha creato grande indignazione, soprattutto dopo la presa di posizione di Trump contro l’aborto, “tranne alcune eccezioni”.
Alla domanda se una donna debba essere punita per aver effettuato un aborto illegale, Trump ha risposto: “Certo che ci dovrebbe essere una sorta di punizione”. Salvo poi ritrattare in un comunicato diffuso dal suo staff: “Se l’aborto diventasse fuorilegge, il medico e qualunque altra persona che praticassero questo atto illegale dovrebbero essere legalmente responsabili, non la donna”. E aggiunge: “La donna in questo caso è la vittima, e così anche la vita che porta in grembo”. Nella nota, Trump precisa che la sua posizione “non è cambiata” e che, come l’ex presidente Ronald Reagan, “è a favore della vita sempre, con alcune eccezioni”.
Le dichiarazioni di Trump avevano suscitato critiche nello stesso partito repubblicano. Primo tra tutti il governatore dell’Ohio e candidato alla nomination per la Casa Bianca, John Kasich, che si è detto totalmente contrario a punire una donna che ha abortito. “Credo che Trump troverà il modo di far saper che non lo ha detto, che è stato frainteso… Ma credo comunque che la sua sia una risposta inappropriata”, ha dichiarato. Critiche anche dalla candidata democratica, Hillary Clinton, che su Twitter ha definito le parole di Trump “orribili e rivelatrici”.
“Rispondiamo a Isis con la bomba nucleare”
“Veniamo colpiti da qualcuno dello Stato Islamico, voi non rispondereste con una bomba nucleare?”. Così ha risposto Donald Trump durante un’intervista a Msnbc in cui si è rifiutato di escludere l’eventuale uso delle armi nucleari nel caso di un attacco negli Stati Uniti da parte dell’Is, ma anche in altre situazioni. All’intervistatore che gli chiedeva se potesse escludere il ricorso alle armi nucleari, Trump infatti ha risposto: “Non direi mai una cosa del genere, non togliere mai dal tavolo nessuna delle mie opzioni”. “Non userò il nucleare, ma non toglierò questa opzione dal tavolo”, ha poi precisato definendo l’opzione nucleare come “una sorta di opzione finale”, quando gli è stato chiesto se sarebbe pronto ad usare armi nucleari anche in Europa. Il miliardario candidato alla Casa Bianca, che domenica scorsa ha illustrato al New York Times un manifesto di politica estera in cui la diplomazia si riduce a trattative da businessman, ha sottolineato che sarebbe “una mossa da cattivo negoziatore” escludere una delle carte che ha da mettere sul tavolo.
Primarie in Wisconsin, sondaggi: Cruz e Sander i favoriti
I senatori Ted Cruz e Bernie Sanders sono i grandi favoriti alla vittoria delle primarie repubblicane e democratiche che si terranno martedì prossimo in Wisconsin. Secondo il sondaggio pubblicato dall’Università Marquette di Milwaukee, maggior città dello Stato, Cruz è in vantaggio tra i repubblicani con il 40% del sostegno, seguito dal magnate Donald Trump (30%) e dal governatore dell’Ohio, John Kasich (21%). Nel voto democratico, il senatore Bernie Sanders supera l’ex segretario di Stato Hillary Clinton con il 49% delle preferenze contro il 45%.
L’indagine è stata condotta tra il 24 e 28 marzo su 471 probabili elettori repubblicani e 405 democratici. Il caso di vittoria, Cruz potrebbe ottenere tutti i 42 delegati in palio nello Stato, cosa che potrebbe ridurre la distanza con Trump, che al momento conduce la gara con un ampio vantaggio. Dal canto democratico, se Sanders vincesse e si imponesse su Clinton con la maggioranza degli 86 delegati in lizza dovrà comunque riuscire a superare l’ex first lady in modo significativo visto che l’assegnazione dei delegati è su base proporzionale.
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Il manager Lewandoski denunciato per “percosse” a una reporter
Difende il suo ariete Lewandowski. Sfotte la giornalista con il braccio malconcio, che gli ha fatto causa per percosse. Ritira l’impegno preso con il partito: sostenere il candidato che uscirà dalla Convention repubblicana (se non sarà lui). Insiste col dire che al Giappone serve la bomba atomica. E incassa il sostegno (virtuale) del popolo cinese. «Business as usual» in America: è sempre lui, Donald Trump, a dare «ciccia» ai media. E a chi lo accusa di seminare violenza, risponde come il classico scaricabarile di un bambino sorpreso a litigare: «Non ho cominciato io».
L’OMONIMO DEL CALCIATORE
Il magnate dei palazzinari dà pieno appoggio al manager della sua campagna elettorale, Corey Lewandwski, che si è beccato una denuncia per percosse ai danni della giornalista Michelle Fields: le immagini mostrano il manager, omonimo del bomber polacco del Bayern Monaco, strattonare duramente la reporter che cercava di avvicinare Trump alla fine di una conferenza stampa. Fields ha mostrato foto con i lividi sul braccio. «Silurare Corey sarebbe stata la cosa più semplice da fare», ha detto il candidato repubblicano sull’aereo personale che lo portava in Wisconsin. «Mi sono rifiutato di farlo. Ma come? In Medio Oriente tagliano teste, fanno annegare la gente – ha proseguito, forse riferendosi al dramma dei rifugiati che annegano nel Mediterraneo -. E noi roviniamo la reputazione di una persona perbene?». E poi la frecciata velenosa alla reporter del gruppo (filo-conservatore) Breitbart News: «E chi ci dice che quei lividi non se li fosse fatti prima?».
«IL MIO BRACCIO NON SARÀ PIÙ LO STESSO»
In un dibattito alla tv Cnn, Trump ha scherzato sull’episodio: «Oh, mi fa male il braccio. Devo fare denuncia? Mmm, forse dovrei. Gente, il mio braccio non sarà più lo stesso…». Buttarla sullo scherzo lo aiuterà a recuperare consensi presso il pubblico femminile? In base a un recente sondaggio Nbc/Wall Street, il 70% delle donne americane ha un’opinione negativa dell’uomo che guida la corsa alla nomination del Grand Old Party. Il 39% delle elettrici repubblicane non lo vede di buon occhio. Appartiene invece alla maggioranza delle supporter Carlene Summers, 72 anni, intervistata dall’agenzia Ap durante un comizio a Janesville, Wisconsin (dove si vota il 5 aprile). «Lavoravo nei campi giochi delle scuole e ho strattonato in vita mia un sacco di bambini. Nessuno mi ha mai denunciato per percosse».
FORZA E DEBOLEZZA
E che sarà mai, strattonare una reporter. È questa «insofferenza», questa «alzata di spalle» la forza (e la debolezza) di Trump, l’uomo col ciuffo che parla «alla pancia» dell’America, a quella classe medio-bassa (bianca e soprattutto maschia) marginalizzata, che non si sente rappresentata dall’establishment repubblicano e men che meno dai democratici quasi orfani di Obama. È la forza che gli fa guidare la corsa alla nomination, e al tempo stesso il segno di quella «impresentabilità» che lo vedrebbe perdente in campo aperto, nello scontro finale con i democratici.
I CINESI TIFANO DONALD
Eppure Trump sbaraglierebbe Hillary Clinton, la più probabile candidata alla nomination democratica, per lo meno se si votasse in Cina. Lo dice un sondaggio condotto per il Quotidiano del Popolo, organo del partito comunista di Pechino, che pure questo mese ha pubblicato un editoriale duro contro «il razzismo e l’estremismo» del miliardario newyorkese che accusa la Cina di essere alla radice della «decadenza economica» Usa. Il 54% degli intervistati presso il portale Huangiu.com tifa Trump, mentre fioriscono fan club nel nome di «Donald, il grande uomo».
IL MEA CULPA DEI MEDIA
Pochi giorni fa Nicholas Kristof, editorialista del New York Times, ha fatto mea culpa in nome dei media americani, rei di aver contribuito ad amplificare il fenomeno Trump che fa bene agli ascolti. L’impatto della sua copertura mediatica è stato calcolato in quasi 2 miliardi di dollari «in pubblicità gratuita», quasi 200 volte quella che Trump ha pagato effettivamente in spot. Kristof cita Larry Sabato, che insegna politologia alla University of Virginia, secondo il quale «i network tv hanno molto su cui interrogarsi. Sappiamo tutti che è una questione di audience, e Trump fa audience. Funziona. Non puoi staccargli gli occhi di dosso. Anch’io, quando c’è lui sullo schermo, smetto di fare quel che sto facendo. E aspetto il botto».
di Michele Farina
Fonte: Corriere della Sera