Un’indagine del New York Times: molti licenziati o mobbizzati perché non lavoravano almeno 80 ore alla settimana.
Ancora una volta la società americana dell’ecommerce Amazon finisce nell’occhio del ciclone per le dure condizioni di lavoro in cui versano i dipendenti. A sollevare il polverone è un’inchiesta del New York Times, in cui emergono dettagli inquietanti sul trattamento dei dipendenti sottoposti a enormi stress nella sua scalata alla “perfezione”.
Secondo l’indagine condotta dal New York Times, sarebbero molti i casi di persone costrette a lasciare o lasciate andare dall’azienda perché non le dedicavano almeno 80 ore di lavoro alla settimana. O perché per problemi di salute sono state costrette a rallentare temporaneamente il ritmo di lavoro. “Ho visto tutte le persone che hanno lavorato con me piangere almeno una volta”, ricostruisce una ex dipendete, riferendosi a riunioni lunghe e difficili. Un giorno o due prima delle riunioni, i dipendenti ricevono una documentazione di 50-60 pagine, e vengono interrogati a caso sui migliaia di numeri che vi sono contenuti.
Spiegazioni come “non sono sicuro” o “controllo e ti dico” non sono ritenute accettabili , e molti manager le liquidano come stupide. “Quando non sei in grado di dare tutto, 80 ore alla settimana, sei visto come una debolezza” afferma un ex dipendente. Una dipendente che aveva abortito spontaneamente è stata fatta partire per un viaggio di lavoro il giorno successivo: “Il lavoro deve essere fatto”, le aveva detto il suo capo affermando inoltre: “Visto dove sei ora nella tua vita, che stai cercando di avere una famiglia, non so se questo è il posto giusto per te”.
Non si è fatta attendere a lungo la risposta di Bezos, che ha rimandato al mittente le critiche, insistendo sul fatto che quello non è il luogo di lavoro da lui conosciuto e quei racconti non appartengono ai suoi “premurosi dipendenti”: “Credo fermamente che chi lavora in una società che è davvero come quella descritta dal New York Times sarebbe pazzo a rimanere. Io la lascerei”.
Di sicuro questa non è la prima volta che il colosso americano sale alla ribalta delle cronache per il trattamento infelice dei dipendenti. Tempo addietro aveva fatto scalpore il racconto di una donna americana, impiegata in uno dei magazzini del gruppo in Pennsylvania, che aveva preferito ridursi in povertà, piuttosto che accettare le regole di Bezos.” Non ho una casa dove abitare. Ma le mie giornate peggiori sono meglio delle migliori giornate passate a lavorare lì dentro”. L’ex dipendente aveva raccontato di essere stata costretta a lavorare in isolamento e sotto sorveglianza costante.