Dopo la bocciatura del referendum costituzionale, Milano ha aperto come peggiore piazza del Vecchio Continente, in ribasso del 2% depressa da tutto il comparto bancario, poi però ha reagito e recuperato. Mps prima crolla, poi risale in territorio positivo; scendono le Borse orientali e Milano apre in negativo per poi recuperare e toccare il +1%. Lo spread tocca i 178 punti poi si riassesta sotto i 170. Altalena dei mercati e Borse sull’ottovolante, nella giornata dell’esito del referendum con il No alla riforma costituzionale, e dopo le dimissioni del premier Matteo Renzi annunciate nella notte fra domenica 4 e lunedì 5 dicembre.
Il Monte dei Paschi dei Paschi apre con una perdita secca del 7% per poi subito risalire al -6% e riassestarsi al +2,26% intorno alle dieci e mezza. Intesa (-3,4%) e Banco (-6,3%) vanno all’inizio in asta di volatilità, poi parte il recupero dei titoli bancari: Intesa Sanpaolo sale dell’1,88%, Mediobanca +0,67%, Generali +1,79%, Bper +3,49%, Ubi +2,01%. Unicredit apre a -3,3%, scende al -4% poi modera la flessione segnando un -0,48%. Fca allunga a +8% e finisce in asta di volatilità.
L’indice Ftse Mib
L’indice FtseMib ha aperto ha aperto a -2% per poi recuperare fino a +1,5%: a meta’ seduta segna -0,6% con il settore bancario ago della bilancia e i relativi titoli soggetti a fortissime oscillazioni. Le Borse europee si portano a metà mattina sotto il segno positivo dopo avere aperto in terreno negativo. Intorno alle dieci l’indice Euro Stoxx 50 è a +1,42%, Londra a +0,83%, Parigi a +1,34%, Francoforte +1,88%. Bene anche la Spagna, con Madrid che sta a +1,1%. Positiva in apertura la Borsa di Vienna che avanza, in linea con l’Europa, festeggiando così la vittoria nelle presidenziali bis del verde europeista Alexandre Van der Bellen. Il listino austriaco recupera lo 0,9%.
Le oscillazioni
Mps e Unicredit, entrambe alle prese con maxi aumenti di capitale, a inizio seduta non riescono a far prezzo con cali teorici del 10% e del 7%, mentre Intesa Sanpaolo lascia sul terreno il 2% e Bpm e Banco Popolare oltre il 4%; anche Telecom Italia perde il 3%. Per contro, resistono i titoli difensivi come St (+0,9%), Campari (+0,3%) e Buzzi (+0,1%) oltre ai petroliferi con Tenaris ed Eni attorno alla parità che festeggiano ancora l’accordo in sede Opec sul taglio alla produzione di greggio. Sul mercato valutario, l’euro nella notte tocca i minimi dal 2003 sul dollaro a quota 1,05, poi risale e pochi minuti fa ha agganciato 1,06; flessione della moneta unica anche sullo yen a 120,7 yen dai 121,44 di venerdì. Dollaro/yen a 113,9 (da 113,85). Flette leggermente il petrolio dopo la fiammata di settimana scorsa: il Wti consegna gennaio scende a 51,2 dollari (-0,85%). Spread Btp-Bund in aumento contenuto a quota 172 punti base.
Le Borse asiatiche
Oltreoceano i mercati sono negativi: la sconfitta del premier Matteo Renzi è vista, secondo gli analisti finanziari, come un’opportunità per vendere in un mercato che la settimana scorsa ha toccato i massimi. La Borsa di Tokyo chiude in calo, dopo la vittoria del No al referendum costituzionale e le dimissioni del premier italiano. L’indice Nikkei arretra dello 0,82% a 18.274,99. Venerdì Tokyo aveva chiuso a -0,47%. Sydney ha chiuso in perdita dello 0,75%, Seul dello 0,29% e Taiwan dello 0,31%. Le cinesi in particolare viaggiano in terreno negativo: l’indice Composite di Shanghai cede l’1,4%, mentre quello di Shenzhen perde l’0,88%. In negativo viaggia anche Hong Kong, con l’Hang Seng a -0,26%. A un’ora dall’avvio ufficiale delle negoziazioni delle Borse continentali, i contratti futures sull’Eurostoxx50 mostravano un calo dell’1%, mentre i futures sull’indice tedesco Dax30 segnano una flessione dello 0,8%. I mercati ora guardano alla capacità dell’Italia di reagire alla crisi politica e si aspettano una tabella di marcia veloce post-voto.
Le valute e lo spread
L’euro, dopo le dimissioni di Renzi è sceso ai minimi da 20 mesi, per poi risalire ma restando sotto quota 1,06 dollari. La moneta europea arretra ai livelli del marzo 2015, sotto i livelli della Brexit, a 1,0506 dopo l’annuncio delle dimissioni di Renzi, e ora viaggia a 1,0572 dollari. In rialzo lo yen, considerata una moneta rifugio, a 119,83 sull’euro e a 113,43 sul dollaro. In calo anche il cambio euro-sterlina a -0,17% a quota 0,83231. Lo spread tra Btp e Bund apre con un balzo a 178 punti dai 162 di venerdì pomeriggio, poi si riassesta sotto i 170. Il rendimento del titolo decennale italiano torna al 2%. L’oro cala a 1.164 dollari l’oncia, verso i minimi da febbraio.
Gli ostacoli agli aumenti di capitale
Il 4 dicembre non segna la fine del mondo, gli analisti sembrano concordi su questo, ma è un ostacolo in più per la ricapitalizzazione delle banche italiane. «La vita in Italia va avanti anche dopo il Referendum, politicamente ed economicamente» commentano in un report gli analisti di Banca Imi. Il risultato e la conseguente instabilità politica «ostacolerà la ricapitalizzazione delle banche italiane, perché – osserva Vontobel – mette in dubbio la capacità dell’Italia di riformare se stessa e aumentare la crescita tendenziale, prerequisito essenziale per la sostenibilità del debito sovrano». I titoli bancari restano sotto i riflettori ma lo scenario intorno non dovrebbe cambiare se non per un’aumentata volatilità. «Ci aspettiamo che la Bce giovedì annunci un’estensione del suo programma mensile di acquisto per altri sei mesi oltre il marzo 2017 per 80 miliardi di euro. «I mercati adesso osservano da vicino Mps e l’esito della ricapitalizzazione da 5 miliardi, messa a rischio dagli sviluppi politici» commenta Paul Hatfield, Global Chief Investment Officer di Alcentra (BNY Mellon)
Il voto è stato interpretato dai mercati e da altri leader europei come una possibile minaccia per la stabilità in Italia e in Europa, dopo la Brexit e la vittoria di Donald Trump alla Casa Bianca. Gli investitori e i partner Ue temono che l’esito del referendum possa fermare il cammino delle riforme, rendere più difficile la ricapitalizzazione di alcune banche, a partire da Mps, e insidiare anche la stabilità della zona euro.
Il caso Montepaschi
Mps terrà oggi una riunione con le banche del consorzio per valutare se ci sono le condizioni di mercato perché il piano di ricapitalizzazione da 5 miliardi vada avanti. Subito dopo la diffusione dei primi exit poll l’euro è sceso da 1,0612 a 1,0580 dollari. Dunque il risultato del referendum sembra destinato a provocare un riflesso negativo sull’apertura delle borse, anche se la vittoria alle presidenziali austriache dell’ecologista Alexander Van Der Bellen sul nazionalista Norbert Hofer, fortemente critico sulla Ue, potrebbe stemperarne gli effetti.
L’ottimismo di Moscovici
«Siamo stati tutti toccati dall’esito del referendum, Renzi ha scelto di dimettersi, voglio dire che è stato un buon premier che ha fatto importanti riforme sociali ed economiche. Abbiamo fiducia nelle autorità italiane, è un Paese solido su cui possiamo contare»: lo ha detto il commissario agli affari economici Pierre Moscovici entrando all’Eurogruppo.
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L’euro scivola ai minimi da 20 mesi dopo l’annuncio delle dimissioni di Matteo Renzi. Lo riporta l’agenzia Bloomberg.La moneta unica torna così ai livelli del marzo 2015, cedendo più terreno rispetto a quanto accadde dopo la Brexit.
E ora, dall’Asia all’Europa passando per gli Stati Uniti, tutti gli occhi sono puntati sui mercati e su come apriranno le principali borse dopo l’annuncio delle dimissioni di Matteo Renzi. Borse sulle quali non potrà non pesare l’incertezza sul futuro dell’Italia e dell’Europa.
La reazione più evidente al momento è il crollo dell’euro, che scivola ai minimi degli ultimi 20 mesi, poco sopra quota 1,05 sul dollaro. Peggio di quanto accadde subito dopo lo shock della Brexit, sottolineano gli analisti. La Borsa di Tokyo ha aperto in calo dello 0,41%.
La moneta unica subito dopo il passo indietro del presidente del Consiglio italiano è scivolata a 1,0506 dollari, il livello più basso dal marzo 2015, per poi risalire leggermente a quota 1,0524 dollari (-1,3%). La prospettiva della parità fra moneta unica e biglietto verde – sostengono alcuni commentatori – non è più così improbabile.
Gli investitori potrebbero essere tentati di vendere (anche short) il settore bancario italiano, per le note situazioni di crisi. MPS nell’occhio del ciclone, con il piano di ricapitalizzazione in forse.