Per più di sei mesi di fila, 29 settimane fino al 24 agosto scorso, capitali letteralmente in fuga dai fondi azionari europei. Una bomba da 86 miliardi di riscatti rispetto ai 123 miliardi entrati nel 2015. La colpa è delle incertezze che l’Ue offre agli investitori: banche in crisi, politiche nazionali e continentali che non creano crescita e un futuro istituzionale tutto da scrivere.
Nell’analisi del Wsj si fanno nomi e cognomi: in primis quello del premier italiano, Matteo Renzi, che si gioca l’osso del collo con il referendum costituzionale del prossimo autunno, in un Paese, come l’Italia, che ha comunque una crescita zero, un debito pubblico da 2,3 trilioni di euro che e’ il piu’ alto in Europa e tra i primi 3 al mondo e una disoccupazione monstre. Ma anche Francia e Germania, con l’instabilità dei loro governi che nel 2017 andranno al voto, non se la passano meglio.
Ovviamente, oltre tutto questo, c’è ancora l’enorme punto interrogativo degli effetti della Brexit, che seppur non ancora ‘operativa’ dal punto di vista formale e burocratico, lo è già nei fatti. Perché il business corre più veloce della politica. E Londra resta uno dei mercati fondamentali per l’economia europea e dunque mondiale.
Non sfuggono poi, all’impietosità dell’analisi, anche le politiche monetarie della Banca centrale europea, che con i tassi bassi e il Quantitative easing non ha assolutamente fatto voltare pagina al Vecchio continente.
Inoltre, i titoli bancari europei sono stati trascinati verso il basso, anche per le forti preoccupazioni per la grande quantità di crediti in sofferenza nelle pance degli istituti di alcuni paesi dell’Eurozona, con particolare attenzione proprio all’Italia.