L’era dei BRIC sta volgendo al termine a Goldman Sachs, la potente banca americana regina delle speculazioni in borsa. La divisione asset management di GS ha chiuso il suo fondo d’investimento specializzato in BRIC, che investiva in Brasile, Russia, India e Cina, dopo che il mese scorso lo ha fuso con un fondo dei mercati emergenti più ampio. Goldman Sachs ha tirato la spina su questo prodotto vecchio di nove anni, perché non si aspetta “una crescita significativa di asset nel prossimo futuro”, secondo una dichiarazione formale resa alla Sec, la US Securities and Exchange Commission. Un patetico eufemismo per dire che il fondo BRIC perdeva una barca di soldi. In cifre, un rosso di –88% del patrimonio dal picco del 2010, e -21% negli ultimi cinque anni.
Quattordici anni dopo che l’ex economista di Goldman Sachs Jim O’Neill aveva coniato l’acronimo BRIC, diventato famoso globalmente ed espressione della rivalsa dei paesi emergenti rispetto all’occidente industrializzato, acronimo che aveva soprattutto inaugurato un boom di investimenti senza precedenti da tutto il mondo in Brasile, Russia, India e Cina, adesso quelli che erano i più grandi tra i mercati emergenti, sono diventati un incubo per gli investitori. Russia e Brasile sono caduti in recessione, con cali di -4,5% del Pil per Mosca e -2,1% per San Paolo e perdite di circa -40% per le rispettive monete, rublo e real. La Cina, a lungo il motore di crescita del mondo, è adesso in fase di forte rallentamento, con l’espansione del Pil mai stata cosi’ debole dal 1990.
Lo smantellamento del fondo BRIC da parte di Goldman Sachs, che aveva inventato il nome, sottolinea anche come la strategia di vendite di prodotti finanziari spacciata abbinando paesi molto diversi tra loro in un unico pacchetto d’investimento stia perdendo il suo appeal tra i money manager. Fin quando il giocattolo funziona, tutto bene e si guadagna; ma quando si rompe, il bagno e’ certo. Arrivederci quindi al prossimo acronimo.
Fonte: Bloomberg