La Federal Reserve ha lasciato i tassi invariati allo 0,75-1%, livello a cui furono portati a marzo quando ci fu il primo rialzo (di 25 punti base) del 2017. L’istituto guidato da Janet Yellen non sembra preoccupato dalla prima lettura del Pil, secondo cui l’economia Usa è cresciuta tra gennaio e marzo al passo più lento dal 2014 (+0,7%).
E infatti, le probabilità di un aumento del costo del denaro nella riunione del 13 e 14 giugno prossimi sono balzate al 94% dal 67% precedente all’annuncio odierno. Se la Fed intende davvero stringere ulteriormente la cinghia, è molto probabile che nelle settimane a venire i suoi governatori rilascino pubblicamente commenti tali da telegrafare intenzioni simili.
Perché Yellen non vuole sorprendere nessuno, come non fece due mesi fa annunciando il terzo rialzo dei tassi dal giugno 2006. Gli altri, a loro volta di un quarto di punto percentuale, furono annunciati nel dicembre del 2015 e del 2016.
L’economia americana ha perso slancio nei primi tre mesi del 2017 ma quel rallentamento è “probabilmente transitorio”, sostiene la Federal Reserve, che sembra intenzionata a tirare dritto con la normalizzazione della sua politica monetaria e dunque a realizzare “gradualmente” altre due strette entro fine anno, visto che se ne ha previste in totale tre nell’anno in corso. La prossima, a giudicare dalla reazione dei mercati, sarà come detto a giugno.
Secondo Lee Ferridge, responsabile multi-asset strategy per il Nord America di State Street Global Markets, “la chiave di volta per le prossime settimane saranno i dati economici degli Stati Uniti, ma il Fomc dovrà anche osservare attentamente Washington e i negoziati che riguardano i piani relativi alla riduzione delle tasse da parte della nuova amministrazione”.
Stando a Ferridge, “qualora i dati rimanessero inviariati (o meglio ancora migliorassero), e le possibilità di un accordo sulla riduzione fiscale a fine estate restassero intatte, allora il mercato dovrebbe probabilmente incorporare nelle valutazioni una mossa a giugno. Un rialzo a giugno sarebbe il secondo dei tre che la Fed ha annunciato di voler probabilmente effettuare nel 2017”.
Per il momento, la Fed ha spiegato che la sua politica monetaria “resta accomodante” per favorire il raggiungimento dei suoi due mandati: stabilità dei prezzi e piena occupazione. Sul primo fronte, c’è stato un leggero cambiamento nel linguaggio usato dalla Fed nel suo comunicato: invece che “muoversi” verso il target di crescita annuale del 2%, l’inflazione “sta correndo” verso quell’obiettivo.
Il mercato del lavoro “ha continuato a rafforzarsi anche se l’attività economica ha rallentato”, ha aggiunto la Fed nel suo comunicato. La creazione di posti di lavoro “è stata solida, in media, negli ultimi mesi e il tasso di disoccupazione è calato”. Stando all’ultimo dato disponibile, quello di marzo, il tasso di disoccupazione è al 4,5% ma dovrebbe salire al 4,6% ad aprile (il rapporto redatto dal governo Usa verrà pubblicato venerdì 5 maggio).
Oltre a continuare a “monitorare attentamente gli indicatori dell’inflazione”, la Fed guarda anche agli “sviluppi economici e finanziari globali”. Come nella sua riunione precedente, la Fed non vede però minacce: “I rischi di breve termine all’outlook economico [Usa] appaiono sostanzialmente equilibrati”.
Nel comunicato odierno, non si è fatto cenno all’inizio della riduzione delle dimensioni del suo bilancio di cui si era parlato nella riunione di marzo, come emerso dai verbali poi diffusi il mese successivo. Quel bilancio è arrivato a valere 4.500 miliardi di dollari e si è gonfiato negli anni della crisi attraverso un programma di acquisto di Treasury e bond ipotecari in tre round: il primo risale al 2008, il secondo al 2010 e il terzo al settembre 2012 (quest’ultimo portato a termine nell’ottobre 2014). Non resta che aspettare i nuovi verbali della riunione odierna per capirne di più.
***
Commento di State Street alla decisione del FOMC sui tassi di interesse
LONDRA, 3 maggio 2017 – A seguito del meeting odierno del Federal Open Market Committee (FOMC), Lee Ferridge, responsabile multi-asset strategy per il Nord America di State Street Global Markets, e Antoine Lesné, responsabile EMEA ETF strategy di SPDR ETFs (State Street Global Advisors), hanno così commentato:
Lee Ferridge: “Come ampiamente previsto, il FOMC ha mantenuto invariati i tassi d’interesse degli Stati Uniti nel corso della riunione di maggio, ma ha lasciato la porta aperta per una mossa nel mese di giugno. Prima della riunione, il mercato aveva previsto un 60% di probabilità di un rialzo a giugno, cosa che quasi sicuramente rimarrà invariata a seguito di questo annuncio. La chiave di volta per le prossime settimane saranno i dati economici degli Stati Uniti, ma il FOMC dovrà anche osservare attentamente Washington e i negoziati che riguardano i piani relativi alla riduzione delle tasse da parte della nuova amministrazione. Qualora i dati rimanessero inviariati (o meglio ancora migliorassero), e le possibilità di un accordo sulla riduzione fiscale a fine estate restassero intatte, allora il mercato dovrebbe probabilmente incorporare nelle valutazioni una mossa a giugno. Un rialzo a giugno sarebbe il secondo dei tre che la Fed ha annunciato di voler probabilmente effettuare nel 2017”.
Antoine Lesné: “In linea con le aspettative del mercato sulla riunione del FOMC, la Federal Reserve questa volta non ha effettuato un rialzo dei Fed Funds. I commenti dei membri del comitato e i dati economici saranno fondamentali per fissare il secondo rialzo del 2017, atteso nel corso della prossima riunione a metà giugno. Tuttavia la prossima mossa della FED potrebbe avvenire nel bel mezzo della pesante situazione politica europea e dopo i negoziati sul piano di riduzione delle tasse previsto dagli Stati Uniti. Potrebbe quindi essere ancora troppo presto per prevedere un rialzo. Infine, con le valutazioni elevate dei titoli statunitensi sotto osservazione da parte degli investitori, qualunque potenziale ribasso potrebbe influenzare anche l’azione della FED. Nel frattempo vediamo che gli investitori assecondano la politica monetaria restrittiva e favoriscono le esposizioni che potenzialmente beneficiano di un rialzo, come le obbligazioni a tasso variabile (floating rate note). Anche le obbligazioni convertibili hanno mostrato un buon livello di performance in questi periodi di politica restrittiva”.