Negli ultimi anni, nonostante le richieste globali di diversificare rispetto al dollaro, gli Stati Uniti hanno catturato quasi un terzo di tutti gli investimenti internazionali dal momento in cui è scoppiata la pandemia di Covid-19. Un’analisi del Fondo Monetario Internazionale (FMI), inviata su richiesta a Bloomberg News, mostra che la quota dei flussi globali verso gli Stati Uniti è aumentata — non diminuita — dopo la carenza di dollari del 2020 che ha spaventato gli investitori globali e il congelamento dei beni russi nel 2022, che ha sollevato dubbi sul rispetto della libera circolazione dei capitali. La quota media degli Stati Uniti pre-pandemia era solo del 18%, secondo il FMI.
Nonostante le preoccupazioni per il predominio del dollaro, un aumento dei tassi di interesse statunitensi ai livelli più alti degli ultimi decenni ha attirato fortemente gli investitori esteri. Gli Stati Uniti hanno anche attratto una nuova ondata di investimenti diretti esteri (IDE) grazie a miliardi di dollari di incentivi offerti dalle iniziative del Presidente Joe Biden per promuovere l’energia rinnovabile e la produzione di semiconduttori.
Questo trend segna un cambiamento significativo rispetto ai giorni pre-pandemia, quando i capitali si riversavano nei mercati emergenti, inclusa la Cina in rapida crescita. Tuttavia, con Donald Trump che promette di ribaltare gli elementi chiave della politica economica di Biden se vincerà le elezioni di novembre e con la Federal Reserve che segnala un possibile abbassamento dei tassi di interesse entro la fine dell’anno, i vantaggi degli Stati Uniti potrebbero non durare.
L’analisi del FMI evidenzia come la quota della Cina nei flussi di capitale transfrontalieri sia scesa al 3% nel periodo 2021-23, rispetto al 7% circa nel decennio fino al 2019. Ciò spiega perché il presidente cinese Xi Jinping stia cercando di rivitalizzare l’interesse degli investitori esteri nel paese.
Nonostante ciò, i dati di aprile hanno mostrato che gli investimenti esteri in Cina sono rallentati per il quarto mese consecutivo. Al contrario, gli Stati Uniti continuano ad attrarre una quota crescente di capitali globali, con il Fondo Monetario Internazionale che segnala che, su base netta, gli Stati Uniti hanno ricevuto flussi pari a circa l’1,5% del PIL nel periodo 2021-23.
Per i mercati emergenti, che necessitano di più capitali internazionali per colmare il divario con le economie avanzate, questa situazione non è ideale. Il FMI stima che le nazioni emergenti abbiano visto un deflusso netto di capitali negli ultimi anni, solo per la seconda volta dal 2000.
Il trend degli investimenti include progetti supportati dalle iniziative economiche dell’amministrazione Biden. Un esempio è la sudcoreana Samsung Electronics Co., che dovrebbe ricevere 6,4 miliardi di dollari in sovvenzioni per aumentare la produzione di chip in Texas, come parte di un’iniziativa più ampia per investire oltre 44 miliardi di dollari.
Tuttavia, potrebbero esserci dei cambiamenti all’orizzonte. I responsabili delle politiche della Federal Reserve hanno previsto un ciclo di riduzione dei tassi entro la fine dell’anno, il che potrebbe ridurre l’attrattiva degli asset statunitensi per gli investitori globali.
Nel frattempo, si avvicinano le elezioni presidenziali di novembre, che portano con sé incertezze politiche riguardo a tasse, dazi e tensioni geopolitiche. Il crescente debito ha anche suscitato preoccupazioni su un potenziale precipizio fiscale per gli Stati Uniti, minacciando alcune delle ragioni chiave per cui gli Stati Uniti sono attraenti per gli investitori.
Infine, il profondo dissenso politico negli Stati Uniti sta seminando preoccupazioni riguardo al rispetto dei risultati elettorali, allo stato di diritto e al ruolo delle istituzioni governative. Questo è fondamentale per mantenere la fiducia degli investitori negli asset statunitensi in un momento in cui la spinta alla de-dollarizzazione sta lentamente guadagnando terreno.
Fonte: Bloomberg