Il capo del dipartimento monetario Bri Claudio Borio delinea «la visione di un futuro con tassi di interesse ancora più bassi, che potrebbero ridurre ulteriormente i margini di profitto delle banche e la loro capacità di resistenza».
Dopo una calma apparente, densa di ansia, che ha caratterizzato le ultime settimane del 2015, il turbolento avvio del 2016, foriero di «una delle peggiori crisi dei mercati finanziari dal 2008». Ed è solo l’inizio: a lanciare l’allarme la Banca dei regolamenti internazionali (Bri – nella foto la sede di Basilea), nel rapporto trimestrale appena pubblicato. «Quelli che vediamo potrebbero non essere fulmini isolati, ma i segnali di una tempesta vicina, che si sta preparando da molto tempo », spiega il capo del dipartimento monetario Bri Claudio Borio.
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Gli analisti della Bri analizzano in maniera impietosa le cause delle turbolenze attuali: inizialmente il rallentamento in Cina e la vulnerabilità delle economie emergenti, poi le preoccupazioni sul rallentamento della crescita e l’ulteriore crollo dei prezzi del petrolio. Alla radice di tutto, rileva Borio, il debito, che continua a crescere in relazione al prodotto interno lordo, anche a causa del rallentamento della produttività: «A fronte di un calo prolungato della crescita della produttività, aggravato dalla crisi, i livelli globali di indebitamento hanno continuato a salire».
Nelle economie avanzate al centro della crisi si è avuta una certa riduzione della leva finanziaria nel settore privato, ma il debito del settore pubblico è cresciuto costantemente. Il brusco aumento del debito del settore privato, poi, soprattutto in una serie di economie emergenti rappresenta una svolta allarmante.
A questo punto lo spazio di manovra si restringe, le misure strutturali latitano, soprattutto, osserva l’economista, «malgrado condizioni monetarie eccezionalmente espansive, la crescita nelle principali aree è stata deludente e l’inflazione è rimasta ostinatamente bassa. Gli operatori di mercato ne hanno preso atto e la loro fiducia nei poteri curativi delle banche centrali, forse per la prima volta, ha cominciato a vacillare. Anche i policymakers farebbero bene a prenderne atto».
Un panorama fosco in cui si collocano le attese per la decisione che la Banca Centrale Europea dovrà prendere giovedì 10 sul Quantitative easing, il pacchetto di stimoli monetari: ci sarà un rilancio? Le attese sono in un taglio anche minimo dei tassi di deposito e in aumento negli acquisti dei titoli di Stato. Qualche giorno dopo toccherà alla Federal Reserve e alla Banca centrale del Giappone: anche qui, si attendono decisioni a sostegno dei mercati e dell’economia.
Decisioni vitali: crea ansia per la Bri «la visione di un futuro con tassi di interesse ancora più bassi, che potrebbero ridurre ulteriormente i margini di profitto delle banche e la loro capacità di resistenza». Un futuro che si prospetta più difficile anche per i singoli, naturalmente, non solo per le economie viste nel loro insieme: nell’analisi della Bri trova spazio anche una rapida indagine su come la disuguaglianza sia cresciuta in molti Paesi dall’inizio della crisi, a causa della veloce ripresa dei prezzi dei titoli azionari, ma anche della lenta ripresa del mercato immobiliare e dell’alto livello dei debiti delle famiglie.
di Rosaria Amato
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da La Repubblica
Francesco Mercadante
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