Iulia Navalnaia è intervenuta ieri all’apertura della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, subito dopo la vicepresidente Usa, Kamala Harris. «Se è vero – non aveva ancora nessuna conferma ufficiale della morte in carcere del marito Alexej Navalny – vorrei dirvi che non c’è impunità», i responsabili del regime russo «saranno puniti per quello che hanno fatto al mio paese, alla mia famiglia, a mio marito. Mi rivolgo alla comunità internazionale perché faccia blocco contro questo flagello, contro questo regime», Putin «dovrà essere ritenuto responsabile per le atrocità commesse nel nostro paese negli ultimi anni».
IL BREVE intervento via video alla conferenza che si tiene all’hotel Bayerisches Hof per la sessantesima edizione del cosiddetto “Davos della sicurezza”, a cui Navalnaia era invitata a partecipare per una tavola rotonda sull’avvenire della Russia, ha scosso l’apertura del summit. Le condanne per la responsabilità del regime russo sulla morte del principale oppositore a Putin sono state unanimi: la Ue considera «il regime russo il solo responsabile»” ha affermato il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, per la presidente della Commissione Ursula von der Leyen questo assassinio mostra la «realtà del regime russo». Per il presidente francese Macron «la Russia condanna a morte gli spiriti liberi». Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres chiede un’inchiesta indipendente.
IL PRESIDENTE ucraino Volodymyr Zelensky, prima di intervenire oggi al summit di Monaco, è stato ieri a Berlino e poi a Parigi per firmare due accordi bilaterali di sicurezza. Ha affermato che Putin deve «rendere conto dei crimini» commessi. I due accordi, che seguono il primo firmato dalla Gran Bretagna il 12 gennaio e saranno seguiti da tutti i 25 paesi che al vertice Nato di Vilnius del luglio scorso, su spinta del G7, hanno sottoscritto l’impegno di sostegno a Kyiv, riguardano una promessa di aiuto, finanziario e militare, fino a quando sarà necessario». Accordi bilaterali in attesa della realizzazione, lontana, della promessa dell’entrata dell’Ucraina nella Nato. Aiuti urgenti dagli europei, perché dall’inizio del 2024 non sono più arrivate armi dagli Usa, dove si minaccia un disimpegno.
A Berlino, Olaf Scholz, dopo l’auspicio che «la guerra brutale finisca presto» e la constatazione che «la Russia non è pronta per una pace giusta e durevole», si è impegnato a versare un miliardo supplementare immediato all’Ucraina – è quello di cui ha più bisogno Kyiv, in difficoltà sul terreno di battaglia – per l’artiglieria (8 obici Panzerhaubitze in più, munizioni calibro 122, un nuovo sistema antiaereo Skynex), oltre agli 8 miliardi già impegnati da Berlino per quest’anno, e ha affermato che «oggi inviamo un messaggio chiaro al presidente russo, che non abbandoneremo il sostegno all’Ucraina». Un «accordo storico» per Scholz, «per la prima volta nella sua storia la Repubblica federale svolge un ruolo di stato garante» per la sicurezza di un altro stato, secondo il ministro della difesa tedesco Boris Pistorius.
A PARIGI l’accordo bilaterale sulla sicurezza è stata l’occasione per confermare un sostegno «intatto» a Kyiv, l’attenzione ai «bisogni» dell’Ucraina, e l’accompagnamento verso l’entrata nella Ue (la candidatura è stata accettata ma il percorso sarà lungo) : ci sono 3 miliardi di euro di aiuti supplementari militari immediati (dopo i 1,7 nel 2022 e i 2,1 nel 2023). Parigi, sotto pressione per le accuse tedesche di fare troppo poco, ha pubblicato ieri la lista delle consegne di armamenti, con un impegno per dieci anni, su «campi di cooperazione prioritari»: artiglieria, formazione soldati, carri armati, missili (difesa suolo-aria, blindati, armi di piccolo calibro, droni, aiuti all’industria della difesa ucraina). «Non conosco guerre che non finiscano con un negoziato», ha commentato l’Eliseo.
La Ue ha approvato all’inizio del mese, dopo qualche difficoltà a causa dell’opposizione ungherese, un finanziamento di 50 miliardi su 4 anni, per la ricostruzione. Inoltre nel 2024, ha previsto 21 miliardi per l’armamento all’Ucraina e sono stati messi in azione 15 siti di produzione armi per far fronte all’aumento della domanda. Zelensky ha chiesto 2 milioni di munizioni, la Ue fatica a rispettare l’impegno di un milione (lo farà entro marzo, in ritardo sulle promesse).
NELLA UE persiste un conflitto tra Francia e Germania sull’entità e sui contenuti degli aiuti all’Ucraina. Ieri, la Francia ha sottolineato la necessità di «una nuova architettura di sicurezza per l’Ucraina». Di fronte alla minaccia di disimpegno Usa, la Francia – che possiede l’arma nucleare – preme per un’autonomia strategica europea, ma all’interno ci sono forti resistenze all’eventualità evocata da Macron di mettere la force de frappe al servizio della Ue. La Germania (come l’est) resta fedele alla Nato. Von der Leyen ha affermato: «Dobbiamo spendere di più, spendere meglio, spendere europeo» – entro fine mese ci sarà un piano di accelerazione per gli acquisti comuni di armi – anche se rifiuta una distanza dalla Nato.
Intanto gli europei aumentano la spesa militare, riorganizzano la logistica nel Mar Baltico, alcuni stanno anche ripristinando il servizio militare obbligatorio.
Fonte: Il Manifesto