Netanyahu è per Israele un pericolo esistenziale

La nuova ossessione di Netanyahu per il Corridoio di Filadelfia mette a rischio la vita degli ostaggi e, in ultima analisi, il futuro del nostro paese.

In un articolo scritto per The Times of Israel, l’editorialista David Horowitz approfondisce le critiche rivolte al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu riguardo alla gestione delle negoziazioni per il rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas a Gaza. Secondo alti funzionari israeliani, tra cui il ministro della Difesa Yoav Gallant e altri leader della sicurezza, Netanyahu avrebbe introdotto nuove condizioni ingiustificate per ostacolare un accordo con Hamas. In particolare, Netanyahu ha insistito affinché le forze israeliane rimanessero nel Corridoio di Philadelphi, una stretta fascia di confine tra Gaza ed Egitto, durante una prima fase di 42 giorni di un accordo per il rilascio degli ostaggi. Questa richiesta ha portato al rifiuto dell’accordo da parte di Hamas, aumentando il rischio per la vita di circa 30 ostaggi che erano destinati al rilascio in questa prima fase.

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I negoziatori israeliani, insieme ai capi della sicurezza, hanno avvertito Netanyahu che queste richieste potrebbero compromettere gravemente l’accordo, ma Netanyahu ha insistito sulla necessità strategica di mantenere il controllo del Corridoio. Gallant e l’IDF hanno sostenuto che la sicurezza israeliana non sarebbe compromessa da un ritiro temporaneo e che, se necessario, l’IDF potrebbe facilmente riconquistare la zona. Tuttavia, Netanyahu ha presentato il controllo del Corridoio di Philadelphi come una questione esistenziale per Israele, provocando una spaccatura nel governo e nella leadership della sicurezza.

Prime Minister Benjamin Netanyahu speaks during a news conference in Jerusalem, Monday, Sept. 2, 2024. (AP Photo/Ohad Zwigenberg, Pool)

L’articolo sottolinea le tensioni interne al governo, con Gallant che è stato l’unico a votare contro la posizione di Netanyahu in una recente riunione del gabinetto di sicurezza. Il resto del governo, incluso il ministro della Giustizia Yariv Levin e i ministri dell’estrema destra come Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, ha sostenuto Netanyahu, mentre Ben Gvir si è astenuto. Le tensioni non riguardano solo il destino degli ostaggi, ma anche la più ampia strategia militare israeliana nella guerra contro Hamas, con Netanyahu che insiste su una “vittoria totale” senza un chiaro piano di fine conflitto.

L’articolo esplora inoltre le conseguenze di questa mancanza di strategia a lungo termine: l’IDF è sovraccaricata, con riservisti che hanno prestato servizio per oltre 200 giorni consecutivi dall’inizio della guerra nell’ottobre 2023. La guerra ha anche causato gravi problemi economici, con la perdita di forza lavoro e un crescente disagio tra la popolazione civile. Nonostante tutto, la sicurezza interna di Israele continua a essere minacciata sia dal nord, con Hezbollah ancora in forze, sia in Cisgiordania, dove Hamas sta tentando di fomentare attacchi terroristici. Nel frattempo, l’economia israeliana, già provata dalla guerra, subisce ulteriori danni dovuti alla perdita di risorse umane e alla crescente incertezza internazionale sul futuro del Paese.

In conclusione, l’articolo solleva domande critiche sul ruolo di Netanyahu, accusandolo di mettere a rischio il futuro di Israele per mantenere il potere politico. Le sue decisioni, secondo l’articolo, potrebbero compromettere la sicurezza del Paese e intensificare ulteriormente il conflitto con Hamas e altre forze nella regione. Il destino degli ostaggi, la stabilità politica interna e la strategia di guerra di Israele restano tutte in bilico, con il rischio che la situazione si deteriori ulteriormente se non si troveranno soluzioni concrete nel breve termine.

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