Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha compiuto l’attacco verbale più pesante nei confronti di Israele dall’inizio del conflitto con Hamas. Parole che rivelano anche un sostegno alla causa dell’organizzazione palestinese e uno scollamento dalla posizione di Usa e Ue. Fino ad ora i discorsi fatti da Erdogan, presidente di un Paese fortemente filo-palestinese, avevano rivelato una certa cautela nella critica allo stato ebraico.
Troppo importante il processo di riavvicinamento tra Ankara e Israele, tornate a tessere rapporti diplomatici poco più di un anno fa dopo una crisi iniziata nel 2010. Una normalizzazione dettata da interessi comuni, soprattutto in ambito energetico, che dopo le parole di oggi appare quanto mai a rischio. “Io nella mia vita una sola volta ho stretto la mano a un certo Netanyahu. Dove? A casa nostra e per educazione (Centro culturale turco di New York lo scorso settembre ndr). Avevamo buone intenzioni, ma sono andate alla malora. Avevamo in programma di andare in Israele, ma non ci andremo. La metà delle vittime palestinesi sono bambini, cui vanno aggiunte donne e anziani. Un massacro che sta raggiungendo le dimensioni di un genocidio”, ha detto Erdogan.
Erdogan e il premier Benjamin Netanyahu si erano incontrati un mese fa sa New York e si erano ripromessi di vedersi prima in Turchia e poi in Israele. L’annullamento sottintende che Netanyahu ad Ankara non è più il benvenuto. “Non abbiamo nessun problema con lo Stato di Israele, abbiamo un problema con le atrocità che commette. Non si comporta come uno Stato, ma come un’organizzazione” ha detto Erdogan.
Israele la scorsa settimana aveva annunciato il rientro ‘in via temporanea’ del proprio personale diplomatico. Una misura scattata per ‘motivi di sicurezza’ in seguito alle manifestazioni di protesta dinanzi consolato e ambasciata in Turchia, ma che rischia a questo punto di divenire definitiva. Un rischio che Erdogan ha deciso evidentemente di correre. Le parole di Erdogan hanno toccato anche le corde del rapporto tra la Turchia ed Hamas.
“Hamas non è un’organizzazione terroristica, ma un gruppo combattente che agisce per la difesa e la liberazione del proprio popolo e della propria terra”. Dall’inizio del conflitto sia Erdogan che il ministro degli Esteri Hakan Fidan avevano parlato più volte con il capo politico del movimento, Ismail Haniye che, insieme al numero due Saleh Al Rouri e altri esponenti di Hamas, trova da anni in Turchia un porto sicuro cui approdare e da cui muoversi.
Ma nell eultime settimane il rapporto sembrava incrinato. Secondo diversi media né Erdogan né Fidan avrebbero gradito i video di celebrazione dell’attacco del 7 ottobre, girati a Istanbul e diffusi su internet. Fidan ha sottolineato che Ankara considera terrorismo qualsiasi forma di attacco nei confronti dei civili. Una linea rossa che Hamas ha varcato e che nei giorni scorsi avrebbe spinto il governo, secondo diversi media, a mettere alla porta i leader palestinesi.
In queste settimane di conflitto sono caduti nel vuoto diversi appelli di Erdogan a mediare, a rispettare diritti umani, a evitare crimini di guerra e una punizione collettiva a Gaza. Sono così partite le accuse a Usa “che buttano benzina sul fuoco”, all’Occidente intero “ipocrita dinanzi a un genocidio”, all’Europa che “ha firmato un assegno in bianco a Israele” e ai media “che fanno a gara a giustificare la furia omicida”. Parole che denotano un allontanamento dalla Casa Bianca, ma anche da Bruxelles.
Parlando della mediazione in atto di Erdogan per una soluzione alla crisi in medio oriente, l’approccio del leader, sin dall’inizio del conflitto, è stato sia umanitario che diplomatico. Si è offerto ripetutamente come mediatore nella ricerca di una soluzione al conflitto e ha dichiarato di essere al lavoro per il rilascio degli ostaggi. Una posizione da cui ora sembra ormai essersi allontanato.
Nel discorso di oggi sono stati menzionati gli 8 aerei carichi di aiuti umanitari e i 25 medici inviati in Egitto per i civili di Gaza, ma nessun riferimento è stato fatto alla disponibilità a mediare della Turchia. Erdogan insiste nel voler portare aiuti ai civili, ma si è allontanato da Israele e dalla visione del conflitto che trova d’accordo Stati Uniti e la gran parte dell’Ue. Allo stesso tempo sembra essersi riavvicinato ad Hamas.
Per mediare c’è bisogno di mantenere aperti canali di dialogo con entrambi i fronti e in questo momento tra Ankara e il governo dello stato ebraico non sembrano, al momento, esserci margini di comunicazione. È di martedì la notizia che il leader turco sabato prossimo parteciperà a un mega raduno pro-Palestina, organizzato dal proprio partito a Istanbul. Un comizio che potrebbe segnare una nuova rottura dei rapporti con Israele.